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2013 04 24 SIRIA: Due Vescovi rapiti. Dramma senza fine per i cristiani Siriani. Repubblica Centrafricana. Colombia

Fonte:
CulturaCattolica.it

SIRIA – Due vescovi rapiti. Padre Kazen: andavano a liberare due sacerdoti

I vescovi ortodossi rapiti in Siria stavano compiendo una missione: quella di liberare due loro sacerdoti, anch'essi rapiti oltre due mesi fa. E' quanto rivela da Aleppo il nuovo amministratore apostolico della città siriana, padre George Abou Kazen.
“Purtroppo, non abbiamo ancora delle informazioni esatte e neanche notizie da parte di coloro che hanno rapito questi vescovi. Ma quello che è certo è che l’autista del vescovo siro-ortodosso che era con loro è stato colpito a morte. Era un cristiano latino di rito romano, cattolico. Era un nostro parrocchiano.
Questi due vescovi erano andati a liberare due preti – rapiti due mesi e mezzo fa, il 15 febbraio – perché i loro rapitori avevano promesso che glieli avrebbero riconsegnati. Gli ostaggi erano un prete di rito armeno cattolico e un prete di rito bizantino greco-ortodosso. Sembra che ai due vescovi sia stato detto di andare a prenderli. Erano arrivati ad un accordo e quindi erano andati per prendere quei due sacerdoti. (da Radio Vaticana 23/04/2013)

SIRIA - In Mesopotamia distrutta la chiesa dei francescani a Deir Ezzor

Una violenta esplosione ha raso al suolo la chiesa e il convento dei Frati francescani Cappuccini a Deir Ezzor, in Mesopotamia. L’informazione è giunta a Fides da p. fra Tony Haddad, vice-Provinciale dei Frati per il Vicino-Oriente, che sovrintende alla presenza cappuccina in Libano e Siria. L’esplosione è avvenuta il 15 aprile. “Era l’unica chiesa a Deir Ezzor ancora rimasta quasi intatta finora”. P. Haddad commenta con grande amarezza “tutto questo odio e dissacrazione”. In quell’area – informa – “non ci sono più cristiani”. Nei mesi scorsi, data la situazione critica “i nostri due frati che risiedevano nel convento hanno lasciato Deir Ezzor c on le suore di Madre Teresa e la decina di anziani che abitavano da noi. Erano gli ultimi cristiani rimasti. Ringrazio il Signore che i due frati sono sani e salvi. La chiesa di pietre si potrà ricostruire un giorno, quando una primavera di pace apparirà nel nostro Medio Oriente”, nota p. Haddad.
Deir Ezzor è una città nell’Est della Siria, oltre l’Eufrate, tra Palmira e la frontiera irachena. “La nostra presenza lì risale agli anni trenta del secolo scorso, ma siamo in Medio Oriente da un tempo molto più lontano”, racconta p. Tony. “In quasi quattro secoli di storia, la nostra vice-provincia ha sofferto diverse distruzioni e persecuzioni, ma è sempre risorta, con Cristo Risorto”. Un’altra comunità di frati francescani cappuccini resta tuttora nel Sud della Siria, a Soueida – ancora tranquilla per il momento – dove abitano due frati.
La chiesa ortodossa siriana afferma che le sue chiese sono state colpite in tutte le province, ad Harasta, Arbin, Zabadani, Deraa, Aleppo, a Damasco, Raqqa. (PA) (Agenzia Fides 19/4/2013)


Repubblica Centrafricana: «Abbiamo perso tutto, anche la speranza»

La testimonianza di monsignor Juan José Aguirre Muňoz, missionario comboniano e vescovo di Bangasso

«Alle 7.55 della domenica delle Palme siamo stati sorpresi dal rumore assordante delle mitragliatrici. Non hanno più smesso di sparare per tre giorni».
Domenica 24 marzo, mentre la coalizione ribelle Seleka marciava su Bangui e costringeva alla fuga il presidente François Boizizé, monsignor Juan José Aguirre Muňoz si trovava proprio nella capitale della centrafricana. Il missionario comboniano e vescovo di Bangassou – nel sud-est del Paese africano – racconta ad Aiuto alla Chiesa che Soffre che l’abitazione in cui alloggiava era proprio accanto al palazzo presidenziale e quindi «al centro dell’azione». «Ho visto anche dei membri della coalizione entrare nella cattedrale poco dopo il termine della messa. I ribelli hanno sparato contro il soffitto e costretto i fedeli a consegnare loro le chiavi delle auto e delle motociclette». Terrorizzati, tutti i presenti hanno cercato di ripararsi con i rami delle palme che avevano portato in Chiesa per la benedizione. «I bambini piangevano, ma i ribelli non hanno mai smesso di sparare se non quando tutte le chiavi sono state loro consegnate».
A Bangassou, la diocesi guidata da monsignor Aguirre, la Seleka è arrivata lo scorso 11 marzo. Non è stato difficile per i ribelli sconfiggere i pochi soldati rimasti in città. Il numero di proprietà e veicoli rubati – anche appartenenti alla Chiesa e ai vari ordini religiosi - è altissimo e il presule riferisce di aver letto il suo nome in cima a una lista composta di persone che la coalizione intende colpire. «I missionari spiritani (Congregazione dello Spirito Santo, ndr.) – racconta – si sono rifugiati nelle case di amici e fedeli, dopo che per due notti consecutive erano stati svegliati dal rumore di asce e machete». I furti sono all’ordine del giorno e i ribelli hanno provato anche a rapire alcune religiose. «I saccheggi continuano senza sosta. La popolazione è terrorizzata, ma non vuole fuggire. Ha scelto di rimanere e di provare a difendere quel poco che è rimasto».
Le violenze non hanno risparmiato le festività pasquali. Venti ribelli hanno occupato il villaggio di Rafai e la missione locale. A Tokoyo, invece, non è rimasta né un’auto né una moto per servire le quaranta cappelle dell’area. «Uno dei nostri sacerdoti, padre Bakouma, ha camminato per 60 kilometri fino a raggiungere il villaggio in cui celebrare la messa di Pasqua».
Con l’arrivo della Seleka, per la Chiesa e i missionari si apre un nuovo capitolo di una lunga storia dolorosa. «Da oltre vent’anni il Paese è dilaniato da una guerra civile che lo ha reso la seconda nazione più povera al mondo. Abbiamo assistito a tante atrocità e ora abbiamo perso tutto, anche la speranza».
Dal 2002 ad oggi Aiuto alla Chiesa che Soffre ha sostenuto 240 progetti nella Repubblica Centrafricana, per un totale di circa 2milioni e mezzo di euro. Tra le principali aree d’intervento: intenzioni di messe per i sacerdoti, aiuti alla pastorale, borse di studio e finanziamenti per la costruzione di chiese ed edifici religiosi. (ACS Italia)

COLOMBIA - Diocesi minacciata da gruppo armato

Tumaco (Agenzia Fides) – In un comunicato pubblicato dalla diocesi di Tumaco (Colombia), si denuncia che la Commissione per la Pastorale Sociale della diocesi è stata dichiarata "obiettivo e nemico militare permanente " da un movimento che si fa chiamare il "Grupo Armado Los Rastrojos".
Nel comunicato s’informa che sono stati minacciati anche altre 94 organizzazioni sociali che lavorano per i diritti delle persone.
"Il nostro impegno come Chiesa cattolica, si ispira alla Parola di Dio e nel messaggio di Gesù Cristo, quindi, il nostro dovere è stato, è e sarà difendere la vita, contribuire a costruire la pace e denunciare tutte le forme di violazione dei diritti umani", dice la nota.
Il comunicato chiede al gruppo armato di rispettare il lavoro delle organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani e al governo di vigilare e garantire la sicurezza della popolazione e delle organizzazione minacciate.
La nota è stata inviata a Fides dalla Conferenza Episcopale della Colombia proprio quando nel Paese continua la campagna a favore del dialogo per la Pace.
Le minacce di morte hanno un significato concreto in un paese dove solo nelle prime 5 settimane del 2013 ben tre sacerdoti sono stati assassinati. Le cifre sono davvero impressionanti. Sono sempre di più gli operatori pastorali uccisi in Colombia dal 1984 ad oggi. Per la precisione, 83 sacerdoti, cinque religiose, tre religiosi, tre seminaristi, un arcivescovo e un vescovo. E a questi dati si possono affiancare anche i 17 vescovi e 52 sacerdoti che hanno subito minacce di morte.
(Agenzia Fides, 13/04/2013)

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