Socci, Antonio - Avventurieri dell'eterno
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È l’ultimo libro di Antonio Socci, che si potrebbe sottotitolare “Alla ricerca della felicità perduta” o “dell’immagine di Dio”, quell’immagine che pur essendo stampata a caratteri di luce nel nostro spirito, possiamo percepire ma non vedere. Il nostro essere “capaci di Dio”, fa sì che quella Luce di eterno Amore che ci ha creati si sia impressa indelebilmente nella nostra memoria più profonda, pur avendola goduta solo per il tempo di un inizio di respiro. E allora, ecco che l’uomo cerca nella sua vita di ritrovare quella Bellezza da cui viene e a cui vorrebbe tornare, a volte smarrendosi in surrogati umani e materiali che comunque lo lasciano vuoto e insoddisfatto. Socci ci guida in un percorso storico, culturale, filosofico, spirituale, mistico, raccontandoci chi in questa ricerca ci ha preceduto e magari è già tornato alle beatitudine del Padre.
Ci sorprende, raccontandoci un Giacomo Leopardi che forse non era propriamente ateo e materialista come è stato indicato dalla cultura laica di fine ottocento. Cita gli studi del Passionista Padre Mario Verducci, da cui emerge un uomo dalla profonda cultura teologica (Scriptura, Concilio, Patres, Dogmatica, Liturgia, Ascetica, per citare alcuni degli argomenti dei suoi studi), impegnato in una ricerca continua della felicità vera, alla quale attribuisce la figura di una Donna inaccessibile, simbolo di una Presenza che muti senso di un’esistenza altrimenti ricca di beni materiali e assolutamente priva di gioia.
Ci immerge nel dramma della dittatura comunista in Cecoslovacchia, presentita e prefigurata da Franz Kafka grazie alla sua ipersensibilità umana, accostando il suo “Castello” con il “Castello interiore” di Santa Teresa d’Avila, la sua attesa di qualcosa che deve arrivare, o meglio ancora di Qualcuno, Cristo, che all’amico Gustav Junoch definisce “... un abisso pieno di luce …”.
Ci commuove con il racconto del martirio di don Josef Toufar e dell’offerta della propria vita a Dio per la liberazione della sua patria di Padre Tomàs Tyn, domenicano, per i quali sono in corso le cause di beatificazione.
Ci apre uno sguardo diverso sulla famosa Beat generation, inaugurata da Jack Kerouac con il suo celebre viaggio coast to coast del 1947, da cui nel 1957 nacque il suo libro “On the road”. Anche qui la spinta iniziale fu la ricerca di qualcosa Altro, “… fuori da questo mondo, “in alto”, in estasi, salvi …”. Le parole di Kerouac sono profondamente cattoliche, l’unica risposta che ritiene pienamente risolutiva alla sua ricerca è proprio Gesù, a cui chiede “Mantieni la mia carne nella tua eternità” e che gli faranno dire in un’intervista poco prima di morire “I’m not a beatnik, I’m a Catholic”. Purtroppo, chi volle seguirlo su quella strada dimenticò di guardare in alto e la purezza dei suoi desideri portanti, e degenerò nella droga e negli eccessi di ogni tipo.
Il libro si apre sulla testimonianza di Katja Giammona, tedesca di origine italiana, attrice con una certa notorietà, che con la semplicità che distingue sempre la verità, racconta la storia della sua conversione, nata dalla percezione sensibile dell’inferno cui era destinata, e poi si sviluppa su piani successivi, storie e citazioni, tutto accomunato dalla stessa sete di infinito, di eternità, a cui l’uomo non riesce a dare soddisfazione, pur ricercandola in surrogati più o meno leciti o condivisibili, finché non comprende che quella sete può essere placata solo da Colui che disse “… chi berrà dell'acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno.” GV 4, 14. Certo, l’arte in tutte le sue espressioni di pittura, scultura, musica, poesia, ecc., chiaramente quella vera e pura, ispirata alla bellezza che eleva lo spirito, è qualcosa che può aiutarci ad incontrare Dio, che può riportarci a quella dimensione beata e agognata, può diventare dialogo vivo tra il nostro io e il Tu nascosto eppur presente. Ma proseguendo nella lettura, attraversando, tra gli altri, Sant’Agostino, San Pio da Pietrelcina, Madre Teresa di Calcutta, don Giussani, il Beato Martin Martinez, alla fine Socci il sigillo lo pone con la “lettera di sangue”, la Sindone, che testimonia con un silenzio rispettoso ma più eloquente di una trattazione enciclopedica, che l’Immagine che cerchiamo in tutta la nostra vita di quella Luce, di quell’Amore, di quell’Eternità, ha un Volto, un Corpo e si chiama Gesù Cristo.
E allora … dove trovare questa anticipazione di beatitudine eterna, questo profumo di paradiso, questa felicità anelata, questa gioia che non toglie le sofferenze ma cambia lo sguardo sulle cose e sulla vita, ancora qui, adesso, in questa vita terrena? Nell’Eucaristia, nel fermarsi in adorazione davanti a Gesù nel Santissimo Sacramento ed adorarlo, amarlo con tutto il nostro essere, e allora si che potremo gustare la sua Presenza reale in noi e nella nostra vita.
“L’ultimo fine della vita umana è la visione di Dio” San Tommaso d’Aquino