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Maria Maddalena la santa peccatrice

Autore:
Roda, Anna
Fonte:
CulturaCattolica.it
Immagine 8

Forse è Maria Maddalena la santa più importante di luglio, tanto importante che la sua memoria da poco è diventata festa.
L’iconografia cristiana da sempre ha riservato uno spazio particolare a questa figura, troppo spesso confusa con Maria di Betania e con la donna che, dopo aver bagnato i piedi di Gesù con le sue lacrime, li asciugò con i suoi capelli.
La sua importanza, comunque, viene ancor più ribadita dopo il Concilio di Trento, divenendo segno e simbolo di pentimento e penitenza, i due atteggiamenti fondamentali nel sacramento della Penitenza, non accettato dai Protestanti. Non solo: la santa diventò anche patrona e modello per coloro che si dedicavano alla vita religiosa, a motivo del suo ritiro dal mondo in solitudine dopo l’ascensione di Gesù al cielo. (Immagine 1)

Anche a Milano possiamo trovare alcuni significativi esempi di iconografia riguardante questa santa.

Forse l’esempio più antico si trova nella chiesa di San Nazaro. Si tratta di un affresco di anonimo del XIV secolo raffigurante la scena del “Noli me tangere”. Il paesaggio è ridotto alla presenza di un alberello sotto il quale è china la santa; una netta linea d’orizzonte separa terra, color ocra, dal cielo, di un color grigio polvere. Il Cristo è situato maestoso su una roccia, quasi a sottolineare come Lui sia la roccia su cui tutto si costruisce. Le sue dimensioni sono maestose, quasi il doppio della piccola figura di Maddalena. Veste una tunica color ocra, su cui porta un manto bianco, dalle numerose e profonde pieghe, segno della sua nuova dimensione di risorto. Con la destra benedice e allo stesso tempo allontana la donna, nell’altra tiene il rotolo della Parola, lui Parola vivente. Il nimo attorno al capo è dorato e all’interno è segnata la croce; il volto è sereno e pacato, mentre sulle mani sono evidenziate le ferite dei chiodi. Accanto a lui, prostrata a terra, Maddalena; veste con un semplice, ma elegante abito rosso, i lunghi capelli biondi sciolti sulle spalle, le mani tese verso il Signore. Sopra la sua testa, coronata dall’aureola, si legge la scritta “Noli me tangere”. (Immagine 2)

Spostiamoci ora alla Pinacoteca del Castello Sforzesco, per il “Noli me tangere” di Bartolomeo Suardi detto Bramantino (1456 - 1530) uno dei pittori più interessanti e particolari del Rinascimento milanese. L'opera proviene dalla chiesa di Santa Maria del Giardino, antica chiesa situata agli inizi di Via Manzoni; una volta distrutto l’edificio l’opera entrò nella raccolta civica nel 1867, attraverso un dono di Prospero Moisè Loria. La tavola venne probabilmente dipinta tra 1498-1500. La slanciata figura del Cristo sovrasta la Maddalena inginocchiata ai suoi piedi in atteggiamento di silenziosa adorazione, e con una leggera rotazione del busto all'indietro, la benedice e al contempo allontana con la destra, mentre la sinistra regge la sottile asta della bandiera, segno di vittoria sulla morte. Gesù è avvolto in un ampio telo bianco dal panneggio gonfio e spiegazzato che mette in evidenza la semplificazione dei volumi delle anatomie, illuminati da una luce fredda e metallica. La Maddalena è avvolta in un manto rosso che copre la tunica di un tenue verde, colori che fanno risaltare l’incarnato roseo e i capelli biondi. Interessante è lo sfondo architettonico: la quinta piatta delle mura merlate, forse quelle della stessa Milano tardo quattrocento e più ravvicinato il volume cupoliforme della montagnola del sepolcro. (Immagine 3)

La chiesa di San Maurizio, conosciuta anche coma la “Cappella Sistina di Milano” ci propone, nella zona claustrale un delicato “Noli me tangere” dipinto dalla bottega Bernardino Luini, che conclude il racconto della Passione di Gesù (1530 ca). L’incontro la Maddalena e il Risorto avviene in un giardino, nel quale si nota il sepolcro aperto e due angeli inginocchiati in adorazione. Sullo sfondo due pie donne si stanno recando alla tomba per i riti di unzione e avranno la felice sorpresa di non trovare il Maestro. Il Cristo porta una corta tunica violacea, tanto da essere scambiato per il custode del giardino, interpretazione avvalorata dal fatto che tiene nella sinistra una zappetta bidente, mentre con la destra allontana la donna. Maddalena, dai lunghi cappelli ramati, è abbigliata in modo sontuoso: una ricca veste dalle ampie maniche di un tessuto dorato e lavorato, sopra cui tiene un manto rosso dai ricchi ricami. Davanti a lei, posato a terra, il vasetto con gli unguenti, mentre le mani indicano la sorpresa e lo sconcerto nel riconoscere Gesù. (Immagine 4)

Spostiamoci ora alla periferia di Milano, presso la Certosa di Garegnano. Per i monaci certosini, Maddalena era esempio di mortificazione e penitenza, una santa a cui erano particolarmente legati.
Nel semicatino absidale, sotto la croce, opera di Simone Peterzano (1578-1582) è raffigurata Maddalena. La giovane donna si aggrappa alla croce su cui sta morendo Gesù, quasi volesse patire con il suo Signore: lo sguardo sofferente volto verso il Crocifisso, una mano che quasi ne lambisce i piedi e l’altra in atteggiamento di rassegnato dolore. I lunghi capelli biondi si dipartono sciolti e a cascata ne ricoprono il corpo. La donna porta in una tunica rosa con una stola grigia attorno al collo, ma tutto il corpo è poi avvolto da un manto giallo. Sullo sfondo tra il verde della campagna e le acque di un lago o di un fiume, si notano le mura di Gerusalemme, caratterizzate da portici, bastioni e una imponente torre. (Immagine 5/6)

Quasi cinquant’anni più tardi Daniele Crespi completa la decorazione della navata e della volta; in particolare in un medaglione della volta dipinge Maddalena in gloria (1629). La santa è portata da due angioletti verso la gloria del Cielo, caratterizzato da nubi e da una luce sfolgorante. Il corpo nudo, e ancora attraente, è coperta da un manto giallo che ondeggia nella sua ascesa verso l’alto. Il volto è pervaso dalla gioia, le braccia sono spalancate in accoglienza della beatitudine eterna. (Immagine 7)

Spostiamoci ora a Brera per la tela della pittrice Fede Galizia, Noli me tangere. La pala fu realizzata per l’altare maggiore della chiesa pubblica di Santa Maria Maddalena di Milano nel 1616. A seguito della soppressione del monastero avvenuta il 19 ottobre 1798 e della successiva distruzione della chiesa, il dipinto pervenne alle Gallerie dell’Accademia il 10 luglio 1809. In occasione del deposito presso la chiesa di Santo Stefano nel 1889 la pala fu adattata alla nuova collocazione con un ampliamento superiore centinato. Ritirata nel 2009, grazie ad un intervento di restauro le furono restituite misure più vicine a quelle originali. L’opera, rappresentante l’episodio evangelico del Noli me tangere, presenta, ai piedi di Cristo, il cartiglio con data e firma. Saldo è l’impianto compositivo ancora cinquecentesco. L’artista propone un’originale variante iconografica al Cristo risorto in veste di giardiniere, qui solo avvolto nel sudario. L’incontro si svolge davanti al sepolcro vuoto presso il quale due angioletti vegliano in preghiera; il prato è ricoperto da fiori di vario tipo (tulipani, rose..) di sicuro valore simbolico. Il Cristo è avvolto in un lino di un bianco sfolgorante, apre le mani per trattenere l’impulso di Maddalena di abbracciargli i piedi. La giovane donna è inginocchiata e porta le mani al petto, in segno di stupore e commozione. L’abbigliamento è ricco: una tunica rosa da cui escono le maniche bianche della camicia e sopra un mando di un tessuto dorato e dai risvolti azzurri. Lungo le spalle scendono i lunghi capelli biondi e ricci, mentre a terra notiamo il vasetto con gli aromi. In lontananza la città di Gerusalemme caratterizzata da alte torri e da un imponente edificio a pianta centrale. (Immagine 8)

L’ultima proposta si trova al Museo diocesano e si tratta di un dipinto di Francesco Hayez, Maddalena sotto la croce (1827). Commissionato dalla famiglia Isimbardi Casati, signori di Muggiò (MB), per la parrocchiale del paese, il dipinto costituisce una delle rare opere sacre di pubblica destinazione eseguite dall’artista. Hayez interpreta la Crocifissione come un momento di massima intensità, in cui Cristo e la Maddalena sono soli, immersi in un silenzio in cui la dimensione dolorosa è sublimata nella bellezza della forma. L’opera si pone infatti come una sintesi altissima dei valori romantici, sia dal punto di vista dell’equilibrio strutturale, dato dall’intersezione fra il piano della figura di Cristo e quello della Maddalena, sia dal punto di vista propriamente pittorico, giocato su efficaci effetti cromatici e luministici: risalta infatti nell’oscurità dello sfondo il bianco quasi cangiante della manica della donna, ripreso dal candore del perizoma di Cristo. Maddalena abbraccia la croce e con una mano sfiora i piedi del Crocifisso; la cui croce è posta di tre quarti per permettere di superare la bidimensionalità della pittura e renderci protagonista con Maddalena sotto la croce. Maddalena indossa una bianca camicia che le scende dalle spalle, avvolta poi in un manto giallo dai risvolti rossi, gli unici tratti di colore vivo in una scena quasi monocroma. Dietro la croce il teschio, ricordo delle antiche raffigurazioni della Croce; si tratta del teschio di Adamo che Cristo, nuovo Adamo con la sua morte redime il peccato delle origini. (Immagine 9)

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