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Gennaio 2013. Le mostre

Autore:
Roda, Anna
Fonte:
CulturaCattolica.it

Le proposte che vogliamo fare in questo inizio di anno nuovo sono numerosissime e tutte molto interessanti e significative. La loro qualità è un buon segno: in un panorama sociale spesso povero di stimoli e contenuti, ci sono ancora persone, persone di cultura che non si rassegnano alla mediocrità, ma propongono a tutti esperienze artistiche, e non solo, di grande interesse e valore estetico e didattico.

La nostra segnalazione rispetterà un ordine geografico a partire dal Alba (CN) per arrivare a Roma.

Presso la Fondazione Ferrero di Alba (CN) una rassegna monografica all’insegna di uno degli artisti più suggestivi del Novecento italiano, Carlo Carrà. Sono trascorsi quasi vent’anni dall’ultima retrospettiva di rilievo dedicata a Carlo Carrà, ospitata nel 1994 dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Negli ultimi due decenni, a cavallo tra XX e XXI secolo, Carrà è stato oggetto di numerosi approfondimenti critici che hanno evidenziato l’esigenza di una nuova presentazione dell’intero percorso del grande pittore. Nato in Piemonte, Carrà è stato uno dei pochi artisti italiani ad attraversare e interpretare con indipendenza creativa i movimenti più significativi della cultura figurativa italiana del Novecento. Il percorso artistico di Carlo Carrà è testimoniato in ogni sua fase: le prime prove divisioniste, i capolavori del Futurismo, la parentesi dell’ ‘Antigrazioso’, la Metafisica e il ‘Realismo mitico’, i paesaggi (dagli anni Venti in poi), le composizioni monumentali di figura degli anni Trenta e una selezione di nature morte, così da arrivare agli ultimi anni della sua attività. In mostra si trovano ben 76 dipinti del Maestro, conservati nelle più prestigiose istituzioni pubbliche nazionali e internazionali, oltre che in importanti collezioni private. Attraverso una rigorosa selezione delle opere in mostra, molte delle quali ormai vere e proprie icone dell’arte del ’900 il pubblico può tornare a scoprire il lungo percorso compiuto da Carlo Carrà, protagonista dei grandi movimenti delle avanguardie italiane e interprete di un nuovo linguaggio altamente narrativo e di grande suggestione.

Spostiamoci ora a Torino per una rassegna di sicuro successo dedicata a Degas presso il centro espositivo della Palazzina della Promotrice delle Belle Arti. La mostra, che rafforza i rapporti culturali tra Italia e Francia, due Paesi fondamentali per la formazione dell’artista, ottanta capolavori, tutti di altissimo livello. Nello spazio espositivo del Valentino sono visibili tutti i temi della produzione di Degas: dall'ambiente familiare all'esperienza italiana, dal mondo parigino degli artisti a quelli della musica e dei caffè, al paesaggio, i cavalli e le corse, alle celeberrime ballerine e al nudo. Due straordinari ritratti aprono il percorso: l'Autoritratto del giovane artista (1855) e quello del nonno Hilaire de Gas (1857), il Ritratto di famiglia (La Famiglia Bellelli, 1858-1869), opera che per le sue considerevoli dimensioni (2 x 2,5 metri) raramente ha lasciato il museo parigino. Seguono i ritratti di familiari, uno spettacolare Studio di mani del 1859-1860 e alcuni Studi di teste, olii o pastelli, copiati da grandi artisti del passato come Della Robbia e Mantegna.

Ed ora eccoci a Milano con tre mostre. La prima realizzata dai Musei del Castello Sforzesco vuole dare un contributo scientifico su uno scoop di questa estate circa il rinvenimento di alcuni supposti disegni di Caravaggio. Si tratta di uno dei nuclei più complessi ed emblematici della raccolta del Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco e prosegue il percorso di valorizzazione dello straordinario patrimonio artistico del Comune di Milano, iniziato proprio al Castello Sforzesco con la mostra dedicata al Bramantino, un patrimonio che è vastissimo e molto, molto prezioso, che conserva circa 28mila opere. Un corpus a cui si dedicherà un apposito spazio per esposizioni a rotazione, in modo che possa essere conosciuto e apprezzato. Attraverso un percorso di 132 opere tra disegni e fotografie storiche – oltre a un dipinto proveniente dalla Quadreria Arcivescovile di Milano – si vuole raccontare la storia del ‘Fondo’ legato al nome di Simone Peterzano, artista di formazione veneziana (allievo di Tiziano, come si firmava lui stesso) che fu maestro di Caravaggio a Milano, dal 1584 al 1588, approfondendo la figura di Simone Peterzano nel suo contesto culturale di riferimento. Il ‘Fondo’ proviene dalla fabbriceria del santuario di Santa Maria dei Miracoli presso San Celso e fu acquistato nel 1924 dal Comune di Milano, entrando a far parte della civica Raccolta dei Disegni delle Raccolte del Castello Sforzesco; il nucleo è quindi un grande contenitore comprendente anche molte opere di altri artisti e botteghe diverse e una generica produzione di copisti e accademici sei-settecenteschi. Il percorso approfondisce, tra gli altri, il tema della funzione e della pratica del disegno all’interno di una bottega artistica tardo cinquecentesca, addentrandosi nell’universo dei procedimenti disegnativi della bottega di Simone Peterzano, tra il 1572 e il 1590 circa.

Altra interessante rassegna si trova alla Pinacoteca di Brera dal titolo Il segreto dei segreti. I Tarocchi Sola Busca e la cultura ermetico-alchemica tra Marche e Veneto alla fine del Quattrocento. Nel 2009 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, esercitando il diritto di prelazione, ha comprato il più antico mazzo di tarocchi italiano completo (che è anche il più antico esistente al mondo), noto come mazzo Sola Busca dai nomi dei precedenti possessori (gli eredi Sola Busca), e l’ha destinato alla Pinacoteca di Brera, che già conservava un gruppo di 48 carte, parte di un prezioso mazzo tardo-gotico realizzato per il duca di Milano (mazzo cosiddetto Brambilla). La mostra intende presentare questa importante acquisizione al grande pubblico, indagandone per la prima volta in maniera approfondita il contesto culturale e le possibili fonti, la complessa iconografia, arrivando così anche a precisarne la datazione e a identificare l’artista che lo ha realizzato e l’umanista che ne ha suggerito l’iconografia, aspetti tutti che non sono mai stati in precedenza sviscerati dalla critica. Il gioco dei tarocchi, inizialmente noto come “triumphi” (la parola “tarocchi” pare sia stata introdotta per la prima volta in un documento del 1505), risulta documentato in Italia come gioco dei ceti più elevati a partire dal quinto decennio del XV secolo soprattutto in area ferrarese, dove si conservano molti documenti relativi alla fornitura di mazzi miniati o a stampa per membri della famiglia ducale, dei quali però per il momento non pare essersi conservata traccia. Viceversa, nella totale assenza di attestazioni documentarie, in Lombardia si conservano esempi molto precoci di carte da tarocchi miniate (mazzi frammentari per le famiglie Visconti e Sforza) di cultura tardo-gotica e diverse carte giustamente famose per la loro bellezza si conservano dal 1971, come già ricordato, proprio presso la Pinacoteca di Brera. Soltanto in un secondo momento il gioco è documentato anche a Bologna e Firenze, mentre gli studiosi ancora dissentono sull’eventuale antichità o meno della tradizione veneziana. Si trattava di mazzi destinati al gioco nelle corti, un gioco raffinato di tipo intellettuale, ben diverso dai giochi di carte praticati nelle osterie, spesso deplorati e sanzionati dalle leggi; mentre totalmente estraneo al gioco all’epoca era l’aspetto “divinatorio”, che sarebbe diventato prevalente con la scuola francese del XVIII secolo. In questo contesto, il mazzo Sola Busca si presenta come eccezionale da tanti punti di vista. Anzitutto è il più antico mazzo completo, composto da ben 78 carte, 22 “trionfi” e 56 carte dei quattro semi tradizionali italiani (denari, spade, bastoni e coppe). Si tratta di stampe su carta da incisioni a bulino, montate anticamente su cartoncino, che sono poi state miniate a colori e oro. In secondo luogo l’iconografia dei “trionfi” si discosta da quella più tradizionale dei mazzi quattrocenteschi, una sequenza che dal Bagatto arrivava fino al Mondo e al Giudizio Universale (Angelo), in una sorta di percorso di elevazione del giocatore dalle condizioni più legate alla terra fino a Dio. Nei tarocchi Sola Busca, invece, i “trionfi” ospitano una serie di figure di guerrieri dell’antichità romana (in molti casi legati alla saga di Mario), ovvero eroi della storia biblica, legandosi in qualche modo alla tradizione degli Uomini illustri proposti come exempla da imitare, che affondava le sue radici nella cultura medievale, da Petrarca a Boccaccio, utilizzati come fonti da molti artisti (anche se in molti casi è possibile leggere in controluce alcuni dei soggetti più tradizionali dei “trionfi”: è il caso ad esempio del Trionfo della Fortuna in Venturio.X o del Trionfo della Morte nel Catone.XIII). Ancora al tema degli Uomini illustri (apparteneva infatti ai Nove Prodi) rimanda la figura di Alessandro Magno, a cui è dedicato nel mazzo il seme di Spade. Una figura che, grazie all’episodio dell’elevazione al cielo su un carro trainato da grifoni era divenuta a partire dal Medioevo per molti signori italiani (come gli Este e gli Sforza) un simbolo dell’anelito all’immortalità.

Da ultimo una mostra di pittura contemporanea presso lo spazio della Galleria Previtali con a tema la stessa città di Milano. La mostra vuole descrivere la metropoli lombarda attraverso opere di artisti che la vivono e che ne vogliono rappresentare l'essenza e la bellezza, le ansie ed il caos che la contraddistinguono.
GUIDO LODIGIANI che con le sue sculture traduce la forma umana in superfici di bronzo lucente reso vivo dalla potenza dei gesti. I corpi sono colti nell'attimo di un passo di danza o al culmine dell'atto d'amore. Le sue opere sono al tempo stesso purezza, forza e passione. GIOVANNI LO PRESTI è autore di composizioni surreali, nelle quali recupera la dimensione di quotidianità e la proietta in una sfera più profonda i cui drammi sono evidenziati dall'attenzione ai dettagli. Sposta la rappresentazione dal campo del racconto iperreale ad una sfera più concettuale e profondamente tragica. MONICA ANSELMI attraverso i suoi quadri rispecchia un approccio emotivo nei confronti della realtà in cui abbozzi incerti, volutamente non finiti, rispecchiano l'intento di raccontarsi accompagnato dalle parole che a volte emergono dai lavori con esiti finemente astratti. LUIGI BIANCHINI è un artista che si esprime attraverso un gesto misurato ma istintivo. Le sue sono opere astratte ed al tempo stesso ricche di riferimenti figurativi, dalla luminosità diffusa, che esprimono con eleganza un vago senso di ottimismo. LETIZIA FORNASIERI usa insolite prospettive che rendono i suoi lavori immediatamente riconoscibili. Attraverso una pennellata intensa e carica di emotività, riesce a trasformare gli oggetti del quotidiano in icone della moderna Milano. MARINA PREVITALI usando pennellate corpose, cariche ma al tempo stesso delicatissime, sembrano sfilacciarsi nella nebbia di una Milano malinconica e piena di attese in cui i veri protagonisti sono gli edifici ed i cantieri urbani.
YOON SI-YOUNG le sue folle di persone frettolose e distratte o gli ingorghi di auto vengono osservati attraverso un vetro appannato pulito solo al centro da una mano; una sorta di filtro dal quale guardare e che l'artista pone tra sé e la città. DAVIDE AVOGADRO la sua pittura tutta orientata al figurativo, anche se di varia fisionomia, s'ispira a una lucida connotazione fotografica, a un realismo forte e diretto, ricco di sensitive sfumature.

Spostiamoci ora a Ravenna per una mostra che si inserisce nelle celebrazioni per il millenario della fondazione dell’Eremo di Camaldoli (1012-2012). L’abbazia di Classe, situata nella città natale del fondatore dell’ordine Romualdo, fu uno dei più importanti cenobi dell’ordine camaldolese fra XII e XVI secolo. Il monastero, collocato originariamente a Classe fuori accanto alla basilica di Sant’Apollinare, si trasferì all’interno della città all’inizio del XVI secolo. Nel grande complesso che i camaldolesi edificarono nel corso di tre secoli si trova ora collocata la biblioteca Classense, che certamente con la sua storia, la sua iconografia, la sua architettura, ha conservato uno stretto legame con le proprie origini monastiche, ancora leggibili fra le sue mura. Qui, nell’aula magna, è visibile l’antica libreria camaldolese dei monaci di Classe, che acquisì rilevanza sia quantitativa che qualitativa nel XVIII secolo, grazie alle lungimiranti ed accorte competenze dell’abate Pietro Canneti, perfettamente conservata nella sua prima elaborazione progettuale, e che oggi fa da cornice ad un percorso espositivo costituito da preziosi libri manoscritti e a stampa, incisioni, documenti d’archivio, reliquie, testimonianze di importanti eventi e assieme di una vita monastica “silenziosa”, di letture, di meditazione, di preghiera, di studi umanistici. I volumi e i documenti esposti, si riferiscono al periodo più antico di vita del monastero, a partire dall’XI secolo, fino al XVI e contribuiscono a ricostruire la dimensione culturale e spirituale dei libri prodotti, e letti, nell’ambito dell’ordine camaldolese dei primi secoli: regole e storie dell’ordine, preziosi libri di preghiera, codici ed incunaboli derivanti dal lavoro di studio degli umanisti camaldolesi, fra i quali ebbe grande rilevanza Ambrogio Traversari. Viene, inoltre, presentata una scelta dei libri della biblioteca cinquecentesca, costituita dall’abate di Classe nella seconda metà del Cinquecento, perfettamente conservati nelle originali rilegature. Il titolo I libri del Silenzio si riallaccia all’importanza del silenzio nell’esperienza monastica che volle essere evidenziata dai camaldolesi di Classe, anche all’interno del programma iconografico realizzato nel loro monastero. Nel XVII secolo due grandi affreschi, l’uno raffigurante san Benedetto recante in mano la regola aperta alla pagina “De Taciturnitate”, l’altro san Romualdo intento a scrivere i salmi, vennero realizzati sulle pareti del corridoio grande. Entrambi, sormontati da distici latini, elogiano il silenzio e ne intimano la pratica ai monaci. Ed è proprio fra le mura di quella che è oggi una prestigiosa biblioteca in cui si conciliano la funzione di biblioteca storica, tempio della conservazione e quella di biblioteca pubblica moderna, vivace luogo d’informazione e di comunicazione in grado di soddisfare i molteplici bisogni di un pubblico contemporaneo, che rimane immutato il rapporto “silenzioso” tra libro e lettore. Un legame intellettuale profondo, come testimonia l’illustrazione scelta ad identificare la mostra: un monaco camaldolese mentre studia sotto l’incombente invito al silenzio.

Arriviamo ora a Siena per una mostra intonata al Natale, dal titolo Puer natus. L'infanzia di Gesù nei corali miniati del Duomo di Siena, mostra realizzata dall'Opera della Metropolitana e dedicata alle sontuose pergamene miniate tra la fine del XIII e l'inizio del XIV secolo per la Cattedrale di Santa Maria Assunta. In prossimità del Santo Natale sarà possibile ammirare, nella Cripta sotto il Duomo e nella Libreria Piccolomini, una sorta di prezioso "Presepe" costituito dalle magnifiche miniature dedicate all'Annunciazione, alla Natività, all'Adorazione dei Magi e alla Presentazione al Tempio di Gesù. I corali presentati in mostra nella Libreria Piccolomini saranno aperti, per la prima volta, ad una carta (pagina) diversa rispetto a quella dell'esposizione permanente. In Cripta, l'infanzia di Gesù sarà illustrata, in questa occasione straordinaria, attraverso alcuni preziosi corali della fine del XIII secolo provenienti dal Museo e dall'Archivio dell'Opera del Duomo. Essi rappresentano un tassello fondamentale per la ricostruzione della storia della miniatura tra la fine del Duecento e gli inizi del Cinquecento e fanno parte di un corpus di circa trentacinque codici realizzato per la Cattedrale di Siena in due diverse serie: una risalente alla fine del Duecento, l'altra alla seconda metà del Quattrocento. Tra gli autori più rappresentativi da rilevare è la presenza del Terzo Maestro dei Corali del Duomo, attivo alla fine del XIII secolo e autore della splendida Natività riferibile a quella affrescata pochi anni prima nella Cripta; e quella di Girolamo da Cremona e Liberale da Verona che, nell'ultimo quarto del XV secolo, crearono splendide lettere miniate come quella raffigurante l'Adorazione dei Magi.

Spostiamoci ora a Firenze per due mostre, una di arte antica e l’altra dedicata all’arte degli anni Trenta del ‘900.
Agli Uffizi troviamo la rassegna dal titolo L’Alchimia e le Arti. La Fonderia degli Uffizi: da laboratorio a stanza delle meraviglie. La mostra esaminerà attraverso sessanta opere (dipinti, sculture, incisioni, codici manoscritti, antichi rimedi farmaceutici e testi a stampa illustrati) alcuni aspetti della passione dei sovrani medicei per l’alchimia tra Cinque e Seicento. Fu Cosimo I a stabilire la prima fonderia in Palazzo Vecchio e dei suoi interessi per l’alchimia resta una vivida testimonianza in alcuni manoscritti redatti da personaggi della sua corte. Con suo figlio Francesco I, il laboratorio fu trasferito nel Casino di San Marco, dove artisti, artigiani, distillatori e alchimisti poterono sperimentare, oltre a segreti farmaceutici, anche ricette per la porcellana, per la fusione del cristallo di rocca, per la lavorazione del vetro, della maiolica e del porfido. In seguito, a partire dal 1586 e per circa duecento anni, l’officina di distillazione di medicinali ebbe sede agli Uffizi nei pressi dell’attuale stanza dove per decenni è stato esposto il Tondo Doni. Quando agli Uffizi s’entra nel giro di sale che vanno da Michelangelo a Tiziano, da Veronese ai lombardi del Cinquecento, nessuno pensa mai che in queste stanze medesime s’esercitava in antico l’alchimia, si studiavano con piglio da maghi i fenomeni naturali, ci s’inventavano farmaci che si gabellavano prodigiosi. Questa esposizione farà conoscere ai suoi visitatori aspetti e vicende degli Uffizi ai loro esordi, quando i dipinti, i marmi e tutto quanto v’era esibito, costituivano solo una faccia dei molteplici interessi intellettuali e culturali dei Medici. La fonderia fu trasferita in questi ambienti da Francesco I che nutriva per l’arte alchemica una forte passione attestata dal racconto stupito di prestigiosi visitatori e riflessa in alcuni dipinti del suo celeberrimo Studiolo di Palazzo Vecchio. In mostra s’incontreranno manoscritti alchemici legati a Cosimo e Francesco I, un ritratto di quest’ultimo eseguito in porcellana - secondo la ricetta elaborata nella sua fonderia - e, tra gli altri, un testo a stampa del medico Leonhard Thurneysser impreziosito da incisioni acquerellate. Thurneysser fu mago, astrologo e ciarlatano e condusse per il cardinale Ferdinando un celebre esperimento di trasmutazione di un chiodo di ferro di cavallo in oro, citato da tutti i visitatori stranieri della Galleria nei secoli successivi.Anche nella decorazione a grottesca del corridoio di levante della Galleria degli Uffizi, eseguita da Antonio Tempesta e Alessandro Allori e bottega nel 1581, si trovano tracce di questi interessi. La volta numero tredici è infatti interamente dedicata alla distillazione e anticipa di qualche anno l’apertura della “fonderia nuova” degli Uffizi avvenuta nel 1586. Nel Seicento l’officina degli Uffizi era celeberrima per la sua produzione farmaceutica che continuò fino a oltre la metà del XVIII secolo: i suoi rimedi venivano donati dal granduca in preziosi cofanetti d’ebano ai nobili e ai sovrani di tutta Europa, del Medio Oriente e persino delle Americhe. A quell’epoca oltre ai grandi strumenti per la distillazione, a moltissimi rimedi e innumerevoli ampolle, un’importante raccolta di rarità naturali di origine animale e vegetale caratterizzava gli spazi della fonderia che era allestita come una vera e propria stanza delle meraviglie. Vi si trovava anche un ambiente interamente dedicato ai pesci e alle “cose impietrite” (fossili e conchiglie), dove furono accolte diverse mummie egiziane - che pure servivano per la preparazione delle medicine - donate al granduca nel 1643. In mostra sarà presente un raro cofanetto di rimedi della Fonderia degli Uffizi, conservato al Museo dell’Accademia di storia dell’arte sanitaria di Roma, un singolare codice plumbeo di alchimia dell’Archivio di Stato di Firenze, alcuni animali tassidermizzati provenienti dal Museo di Storia Naturale dell’Università di Firenze e il sarcofago di una delle mummie della Fonderia degli Uffizi riscoperto nei depositi del Museo Archeologico di Firenze.

A Palazzo Strozzi si indaga l’arte degli anni Trenta. Durante il fascismo, si combatte una battaglia artistica di grande vivacità, che vedeva schierati tutti gli stili e tutte le tendenze, dal classicismo al futurismo, dall’espressionismo all’astrattismo, dall’arte monumentale alla pittura da salotto. La scena era arricchita e complicata dall’emergere del design e della comunicazione di massa con i manifesti, la radio, il cinema e i primi rotocalchi, che dalle “belle arti” raccolgono una quantità di idee e immagini trasmettendole al grande pubblico. Insomma, un laboratorio complicato e vitale, aperto alla scena internazionale, introduttivo alla nostra modernità. La mostra rappresenta quel decennio attraverso i capolavori (99 dipinti, 17 sculture; 20 oggetti di design) di oltre quaranta dei più importanti artisti dell’epoca quali Mario Sironi, Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Achille Funi, Carlo Carrà, Corrado Cagli, Arturo Nathan, Achille Lega, Ottone Rosai, Ardengo Soffici, Giorgio Morandi, Ram, Thayaht, Antonio Donghi, Marino Marini, Renato Guttuso, Carlo Levi, Filippo de Pisis, Scipione, Antonio Maraini, Lucio Fontana. Traccontando un periodo cruciale che segnò, negli anni del regime fascista, una situazione artistica di estrema creatività. Un’epoca che ha profondamente cambiato la storia italiana. Gli anni Trenta sono anche il periodo culminante di una modernizzazione che segna una svolta negli stili di vita, con l’affermazione di un’idea ancora attuale di uomo moderno, dinamico, al passo coi tempi e si definisce quella che potremmo chiamare “la via italiana alla modernità”: nell'architettura, nel design, così come in pittura e in scultura, che si esprime attraverso la rimeditazione degli stimoli provenienti dal contesto europeo – francese e tedesco, ma anche scandinavo e russo –, combinata con l'ascolto e la riproposta di una tradizione – quella italiana del Trecento e Quattrocento.

Il nostro lungo itinerario si conclude a Roma con una numerosa serie di proposte, sia di arte antica che di fotografia. Iniziamo dalle prime.

Presso il Museo Nazionale d’Arte Orientale ‘Giuseppe Tucci’ troviamo la mostra Il Trono della Regina di Saba. Cultura e diplomazia tra Italia e Yemen.Le collezioni sudarabiche del Museo Nazionale d’Arte Orientale ‘Giuseppe Tucci’. La mostra si articola in tre sezioni – Documenti, Da San‘a’ a Roma, La Regina di Saba e il suo trono – che presentano circa 160 oggetti tra materiale archeologico, artistico, etnografico e documentario. Nella Sezione Documenti è presentata una serie di materiali che illustrano le vicende che fin dalla fine dell’ ’800 legano l’Italia allo Yemen. Grazie alla collaborazione della Società Geografica Italiana, sono esposti per la prima volta il manoscritto di Renzo Manzoni di Tre anni nell’Arabia Felice, le fotografie da lui scattate a San‘a’ e la pianta della città disegnata durante i primi mesi del 1879. A questi documenti seguono una serie di fotografie dedicate al Governatore Jacopo Gasparini che firmò l’Accordo, alcune vedute di G. Oprandi, che immortalò sulla tela l’opera di bonifica condotta da Gasparini a Tessenei (Etiopia settentrionale), una lettera dell’Imam, un album con la rassegna stampa relativa all’Accordo citato e, infine, alcune fotografie del viaggio del Principe yemenita a Roma e a Venezia nel 1927. La sezione è completata da alcune lettere relative alla donazione Zoli-Ansaldi e Rossi e da una scelta di materiali etnografici (costumi, gioielli, piante odorose, ecc). La sezione Da San‘a’ a Roma presenta le collezioni storiche del Museo. La raccolta più importante è quella Zoli-Ansaldi, formata negli anni ’30 da S.E. Corrado Zoli, Governatore dell’Oltregiuba e da Cesare Ansaldi, medico personale dell’Imam Yahya. Donata allo Stato nel 1933, la collezione fu originariamente destinata al Museo Nazionale Romano, e trasferita al MNAO nel 1984. La seconda collezione trasferita nello stesso anno fu quella di Ettore Rossi, donata nel 1938. La terza raccolta fu acquistata dallo Stato nel 1987 da Lamberto Cicconi, originario di Macerata, che aveva prestato servizio come medico a San‘a’ nel 1938. A queste raccolte si aggiungono gli oggetti acquistati nel 1971 da Mario Livadiotti, medico personale dell’ultimo Imam e del primo Presidente della nascente Repubblica dello Yemen. Le collezioni sudarabiche comprendono ceramiche, sculture, rilievi, elementi architettonici, iscrizioni, bronzi, figurine di terracotta e monete. Infine, la sezione Il trono e la Regina di Saba riguarda ‘La leggenda della Regina di Saba’, che da oltre due millenni alimenta le tradizioni letterarie del Giudaismo, del Cristianesimo e dell’Islam, i cui elementi simbolici si intrecciano in complesse figurazioni nelle letterature europee, asiatiche e africane (dove in particolare la leggenda è alla base dell’epopea nazionale dell’Etiopia). Non meno significativa è stata l’ispirazione che la leggenda ha offerto alle arti figurative. In questa sezione è ricostruito per la prima volta un modello di trono sabeo, esposto con una serie di quadri etiopici, appartenenti alle collezioni dell’ex Museo delle Colonie. L’allestimento è completato con alcuni oggetti che testimoniano il fascino che questa figura femminile ha esercitato sull’immaginario dell’Occidente; tra questi l’omonima colonia prodotta nel 1927 dalla Antica Casa Borsari di Parma in occasione della visita in Italia del Principe ereditario dello Yemen.

Spostiamoci ancora più ad est per una rassegna dedicata ad Akbar, imperatore indiano. Promossa dalla Fondazione Roma e organizzata dalla Fondazione Roma-Arte-Musei, la mostra Akbar. Il Grande Imperatore dell'India (Umarkot, 1542 - Agra, 1605), è dedicata ad uno dei sovrani più illuminati della storia. Una mostra mai realizzata prima in Italia ed unica al mondo per numero delle opere presentate e completezza temporale. Un nucleo straordinario di oltre 130 opere racconta l’era di Akbar “Il Grande”, un sovrano che, malgrado il proprio analfabetismo, promosse il mecenatismo culturale, sviluppò l’architettura e l’urbanistica, favorì la tolleranza e il sincretismo religioso. Divisa in cinque sezioni, l’esposizione rievoca l’ambiente storico-sociale dell’epoca e il favoloso splendore della corte moghul, attraverso dipinti, illustrazioni di libri, rarissimi tappeti, oggetti e armi tempestate di pietre preziose.

Arriviamo ora ad uno dei protagonisti più illustri dell’arte fiamminga, Vermeer, per la prima volta a Roma alle Scuderie del Quirinale. La rassegna include, infatti, una preziosa selezione di opere di Johannes Vermeer – rarissime e distribuite nei musei di tutto il mondo, nessuna in Italia – e all'incirca cinquanta opere degli artisti olandesi suoi contemporanei. Il visitatore può, quindi, non solo familiarizzare con questo genio artistico dalla vita ancora oggi avvolta dal mistero, a cominciare dalla sua data di nascita tuttora sconosciuta, ma anche comprendere come l’opera del maestro di Delft si sia rapportata con gli altri artisti attivi nella sua città natale e nei vicini centri di fermento culturale quali Amsterdam, Haarlem e Leida. Oltre a capolavori del maestro, celebri e incantevoli come la stradina, oggi ad Amsterdam, la mostra esporrà opere di Carel Fabritius, uno degli artisti più famosi dell'epoca, morto nell'esplosione della polveriera che nel 1654 distrusse grande della città di Delft, Pieter de Hooch e Emmanuel de Witte, insieme ad artisti celebrati al tempo ma oggi da noi meno conosciuti tra cui Gerard ter Borch, Gerrit Dou, Nicolaes Maes, Gabriël Metsu, Frans van Mieris, Jacob Ochtervelt e Jan Steen e tanti altri maestri raffinati e sorprendenti. Il carattere specifico dei quadri di Vermeer e dei suoi contemporanei riflette la cultura medio-borghese dell'Olanda del XVII secolo. I soggetti casalinghi e il forte senso di realismo caratteristico del loro stile, affascinava i collezionisti privati dell'epoca, per lo più mercanti, panettieri, birrai, che esponevano i quadri nelle loro abitazioni chiedendo sempre nuovi soggetti. Nello stesso periodo in Italia, al contrario, grandi committenze istituzionali, come la Chiesa e le corti principesche, richiedevano forme d'arte pubblica e di grande formato: assai diverse, dunque dalla pittura intima e ricca di sfumature di Vermeer che affrontava per lo più temi incentrati sul privato. La famiglia, i gesti e i momenti della vita quotidiana, la lettura e la scrittura (soprattutto la corrispondenza privata), il corteggiamento, la musica e lo studio della scienza, e poi le vedute della città, gli squarci di un mondo silente e operoso, luminosi di ironia e di assorta tenerezza.

Concludiamo con due mostre su artisti contemporanei Klee e Guttuso. La Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea annuncia una grande mostra sul rapporto di Paul Klee (1879 – 1940) con l’Italia. Attraverso un articolato percorso che conta circa cento opere, sia di Klee sia di altri artisti stranieri ed italiani (Kandinsky, Moholy Nagy, Max Bill, Albers, Licini, Soldati, Perilli, Novelli ecc.), la mostra Paul Klee e l’Italia analizza l’influenza della cultura e dei paesaggi del nostro paese sul lavoro dell’artista rapportandosi alle varie fasi della sua biografia artistica dagli inizi al periodo Bauhaus e agli ultimi anni solitari a Berna. Klee, nato in Svizzera ma cittadino tedesco, amava i paesi che si affacciavano sul bacino del Mediterraneo, spesso mèta dei suoi viaggi di studio e delle sue vacanze. La critica ha già da tempo individuato nel viaggio a Tunisi del 1914 e in quello in Egitto nell’inverno 1928-1929 due soggiorni significativi del percorso creativo dell’artista, momenti ispiratori di svolte artistiche e di riflessioni teoriche. Questa mostra intende approfondire, invece, lo studio dei molti viaggi compiuti dall’artista in Italia, sottolineando la grande influenza che essi hanno avuto sulla sua opera. Paul Klee viene in Italia sei volte, a cominciare dal lungo viaggio di studio tra l’ottobre 1901 e il maggio 1902, nello spirito del classico Grand Tour di formazione,
con Goethe e Burckhard come guide spirituali e numi tutelari. Roma, Napoli e Firenze sono le tre tappe principali di questo primo viaggio di apprendistato artistico, povero di risultati creativi, ma ricco di pensieri che saranno sviluppati negli anni successivi. Klee ritorna nel nostro paese dapprima visitando la Sicilia, nel 1924 (Mazzarò) e nel 1931, poi l’isola d’Elba (Costruzioni portuali) nel 1926, Viareggio nel 1930 e, infine, nel 1932 Venezia. Durante questi viaggi visita anche Milano, Genova, Padova, Firenze, Ravenna, Pisa, l’amata Napoli e tutte le principali città siciliane. Ognuna di queste tappe gli ispira nuovi spunti di studio e in alcuni casi anche svolte stilistiche, come la fase pointilliste suggeritagli dalla visione dei mosaici bizantini di Ravenna (Croci e colonne, 1931). Non meno significativo per il suo percorso creativo è l’incontro con il Futurismo che Klee apprezzava pur non conoscendone gli artisti. Elementi dell’estetica futurista, come la centralità del tema architettonico e il dinamismo delle forme, vengono analizzati e rielaborati da Klee in funzione del proprio linguaggio astratto (Astratto-guerresco, 1914 e Composizione urbana con finestre gialle, 1919). Nei quattro decenni di attività artistica Klee ha così sviluppato quattro approcci differenti all’Italia. C’è la fase di studio dell’arte classica nei primi anni del Novecento, c’è il confronto con il Futurismo negli anni Dieci, ci sono le vacanze durante gli anni Venti, quando il ruolo di insegnante al Bauhaus gli consente dei regolari viaggi all’estero, c’è infine la ricreazione nostalgica di quel Sud mediterraneo, che la sclerodermia insorta nel 1935 gli impedirà di raggiungere ancora una volta.

Presso il Complesso del Vittoriano una mostra antologica di vaste proporzioni dedicata a Renato Guttuso (1912-2012). Roma, città in cui Renato Guttuso visse per oltre cinquant'anni ora lo celebra, in occasione del centenario dalla nascita, con una grande mostra: cento dipinti rappresentativi dell'intero arco creativo dell'attività del maestro siciliano. Per capire Guttuso è fondamentale poter approfondire la sua straordinaria capacità di intessere rapporti con altri artisti, anche impegnati in discipline diverse.Scrittori come Moravia, scultori come Moore, Manzù, poeti come Pasolini e Neruda, registi come Visconti, ebbero con lui rapporti di feconda collaborazione da cui sono nate illustrazioni per libri, scenografie, sodalizi talvolta sviluppatisi in movimenti artistici. Guttuso, stabilì nella capitale il centro nodale delle sue relazioni e la dipinse, rappresentandone l'aspetto più intenso e profondo, sociale, politico, ma anche religioso. Attraverso le sue visioni del Colosseo, dei Tetti di Via Leonina, delle misteriose presenze nei giardini pensili romani, che emergono nella Visita della sera, scopriamo una Roma diversa, vibrante.
E per finire tre mostre di fotografia.
La prima è dedicata a Giacomelli (1925-2000). In mostra sono esposte 90 immagini e 13 tra documenti e lettere del celebre fotografo marchigiano la cui arte fotografica, senza precedenti, sfugge ad ogni scuola o definizione e in cui le immagini sottolineano l’aspetto emotivo della realtà. Per tutta la vita ha continuato a definirsi un tipografo eppure è considerato il più grande fotografo italiano del Novecento fin da quando, nel 1963, il curatore del MoMA di New York acquisì per il Museo la serie Scanno, inserendo anche una fotografia nel prestigioso catalogo Looking at Photographs. Le immagini e i documenti in mostra sono stati selezionati tra i materiali che il CRAF ha acquisito nel 1995 con l’archivio di Luigi Crocenzi costituito da lettere, libri e fotografie che l’uomo di cultura fermano aveva raccolto nel corso degli anni. Tra questi materiali spicca per il suo enorme valore il corpus di oltre 250 vintages realizzati da Mario Giacomelli dagli anni ’50 alla fine degli anni ’70. Giacomelli e Crocenzi furono legati da un profondo rapporto di amicizia che si tradusse anche nella collaborazione alla sceneggiatura di Un uomo una donna un amore nel 1961 e di A Silvia nel 1963. Nella prima parte della mostra vengono presentate le serie di fotografie degli anni ’50: Prime fotografie, Nudi, Mare, i Paesaggi (che si sono poi riproposti lungo tutta la vita artistica di Giacomelli), Puglia, Gente dei campi, risalenti a quegli anni e quindi Lourdes (1957) e Scanno. Seguono quindi Mattatoio (1961), Io non ho mani che mi accarezzino il viso (1962-63), A Silvia (1964), La buona terra (1964-65), Verrà la morte e avrà i tuoi occhi,Motivo suggerito dal taglio dell’albero (1967-69), Caroline Branson (la serie realizzata tra il 1971 e il 1973), fino a Studenti (del 1977). Nel momento in cui Giacomelli organizzò il suo discorso come simbolico, superò l’estetica crociana e spostò il suo messaggio verso un espressionismo fotografico che esasperava l’aspetto emotivo della realtà sottolineato dai contrasti, dai segni. Inoltre al pari di Federico Fellini nel cinema, Giacomelli ribaltò completamente anche il punto di vista del neorealismo introducendo nelle immagini una nuova poesia tonale, anche onirica e realizzando racconti fotografici che si esprimevano sia nei ritratti sia nei paesaggi.

La seconda è dedicata a Doisneau, altro colosso della fotografia del Novecento. Robert Doisneau e Parigi: un binomio inscindibile tra uno dei più grandi fotografi francesi e la città che ha amato e immortalato con il suo obiettivo. La mostra presenta più di 200 fotografie originali, scattate da Doisneau nella Ville Lumière tra il 1934 e il 1991 e raggruppate tematicamente ripercorrendo i soggetti a lui più cari. L’esposizione condurrà il visitatore in una emozionante passeggiata nei giardini di Parigi, lungo la Senna, per le strade del centro e della periferia, e poi nei bistrot, negli atelier di moda e nelle gallerie d’arte della capitale francese. Il soggetto prediletto delle sue fotografie in bianco e nero, sono infatti i parigini: le donne, gli uomini, i bambini, gli innamorati, gli animali e il loro modo di vivere questa città senza tempo.
Robert Doisneau (1912-1994), che ama paragonarsi a Atget, percorre fotograficamente le periferie di Parigi per “impossessarsi dei tesori che i suoi contemporanei trasmettono inconsciamente”.
E’ una Parigi umanista e generosa ma anche sublime che si rivela nella nudità del quotidiano; nessuno meglio di lui si avvicina e fissa nell’istante della fotografia gli uomini nella loro verità quotidiana, qualche volta reinventata. Il suo lavoro di intimo spettatore appare oggi come un vasto album di famiglia dove ciascuno si riconosce con emozione. Noto oggi al grande pubblico, Doisneau, dopo essersi diplomato alla Ecole Estienne, scopre la fotografia da giovane, mentre lavora in uno studio di pubblicità specializzato in prodotti farmaceutici. Nel 1931 è operatore da Vigneau e nel 1934 è fotografo per le officine Renault da dove viene licenziato cinque anni più tardi per assenteismo. Nel 1939 diviene fotografo-illustratore free-lance e nel 1946 entra definitivamente all’agenzia Rapho. Nel 1974 la Galleria Chateau d’Eau di Toulouse espone le sue opere e, a partire dagli anni Settanta, ottiene i primi importanti riconoscimenti. Da allora le sue fotografie vengono pubblicate, riprodotte e vendute in tutto il mondo. Autore di un grande numero di opere, principalmente su Parigi, Doisneau è diventato il più illustre rappresentante della fotografia “umanista” in Francia. Le sue immagini sono oggi conservate nelle più grandi collezioni in Francia, negli Stati Uniti e in Gran Bretagna e sono esposte in tutto il mondo.
La Galleria s.t. foto libreria galleria prosegue il proprio lavoro di recupero e valorizzazione delle immagini del passato con una mostra che ruota attorno all’archivio di un grande giornalista europeo scomparso tre anni fa a Roma, Erich B. Kusch (1930-2010), per lunghi anni presidente dell'Associazione della Stampa Estera. Triestino di nascita ma cresciuto in Germania, corrispondente dall’Italia per diverse testate tedesche, Kusch aveva scelto di custodire personalmente i diversi documenti di cui si è servito in più di mezzo secolo di vita professionale.
La mostra nasce da qui, dalla volontà di contrastare la naturale dispersione dei materiali di lavoro che hanno segnato la vita del giornalista, e dall’ipotesi di riproporli puntando soprattutto, in un contesto come quello della galleria, sull’inedita valenza estetica dei documenti visivi ritrovati.
Dietro questi documenti c’è un’esistenza in cui non è possibile disgiungere le inclinazioni personali dai metodi di lavoro; c’è la storia di una vocazione originaria e mai sopita ad esplorare e raccontare la realtà che ci circonda, a percorrere sentieri non battuti, a scalare nuove vette, a scrutare orizzonti inediti. La grande curiosità di Kusch e l’amore per il suo mestiere, lo portavano sempre a cercare di incontrare nuove persone. Era ugualmente motivato a colloquiare amabilmente e rispettosamente con un oste appena conosciuto in un ristorante, come con un ministro ad un ricevimento ufficiale.
Il corpus fotografico in mostra - costituito in parte da materiale di agenzie stampa nazionali e internazionali e in parte da scatti effettuati dallo stesso Kusch - ruota principalmente attorno al lungo viaggio al Polo Sud compiuto nel 1961 a seguito della spedizione “Deep Freeze”, nell’ambito del Programma Antartico degli Stati Uniti: uno dei maggiori progetti di ricerca intrapresi prima della conquista dello spazio. Le immagini rappresentano scene di lavoro e di vita quotidiana nella stazione di McMurdo, una base scientifica e logistica tuttora attiva nelle missioni in Antartide.
E’ invece Roma - la città in cui Kusch si trasferì all’inizio della sua carriera, eleggendola a base operativa per il resto della vita e su cui scrisse anche due guide turistiche - la protagonista di altri scatti esposti: dalle immagini di Campo de’ Fiori (quando il mercato ortofrutticolo era ancora il protagonista assoluto della piazza), a quelle che mostrano il restauro della statua equestre di Marco Aurelio, eseguito nel 1988.La vocazione internazionale di Kusch e la fitta rete di relazioni professionali da lui intessuta negli anni, affiancate a una spiccata curiosità personale, lo hanno condotto a raccogliere - in un’ epoca pre-digitale, quando il lavoro giornalistico si alimentava e produceva informazioni su diversi supporti fisici - un ricco e variegato insieme di documenti non solo fotografici. Oltre alle foto, la mostra presenta infatti stralci di corrispondenza, estratti di cartelle-stampa, articoli di giornale, e altre pubblicazioni riconducibili a diversi significativi eventi della nostra storia recente. Fra i libri provenienti dalla biblioteca di Kusch figura ad esempio Milano 2. Una città per vivere, destinato alle prime famiglie che a metà degli anni settanta si trasferirono nel centro residenziale progettato dalla Edilnord di Silvio Berlusconi: un’autentica rarità bibliografica, ma soprattutto una fonte preziosa quanto curiosa (con testi di Enzo Siciliano, Natalia Aspesi, Gianni Brera) sulla genesi di quel nuovo miracolo italiano, che il Cavaliere riuscirà a vendere successivamente a un’intera nazione, ma non ai cronisti più attenti alla stampa internazionale, fra cui lo stesso Kusch. Un altro protagonista del progetto espositivo è il magnetofono originale utilizzato dal giornalista per la registrazione di interviste e conferenze. Negli spazi di s.t. foto libreria galleria, sarà possibile ascoltare alcune di queste bobine magnetiche, con le voci di diversi protagonisti della vita politica italiana del passato: da Berlinguer a Pertini. Per i Deutschrömer, i “tedeschi romani” della città, Erich Kusch è stato per mezzo secolo punto di riferimento e di ispirazione.

Carrà 1881 – 1966
Alba (CN) – Fondazione Ferrero (Via Vivaro 49)
27 ottobre 2012 – 27 gennaio 2013
Orari: martedì - venerdì 15.00-19.00, sabato, domenica 10.00-19.00, chiuso lunedì
Ingresso libero
Informazioni: www.fondazioneferrero.it

Degas. Capolavori dal Musee d’Orsay
Torino – Palazzina della Promotrice delle Belle Arti
18 ottobre 2012 – 27 gennaio 2013
Orari: tutti i giorni 10.00-19.30, giovedì 10.00-22.30
Biglietti: 12€ intero, 9€ ridotto
Informazioni: www.mostradegas.it

Simone Peterzano (1535 ca. – 1599) e i disegni del Castello Sforzesco
Milano – Castello Sforzesco (Sala del Tesoro)
15 dicembre 2012 – 17 marzo 2013
Orari: martedì- domenica 9.00-17.30, chiuso lunedì
Ingresso libero
Informazioni: www.comune.milano.it – www.milanocastello.it

Il segreto dei segreti. I Tarocchi Sola Busca e la cultura ermetico-alchemica tra Marche e Veneto alla fine del Quattrocento
Milano – Pinacoteca di Brera
13 novembre 2012 – 17 febbraio 2013
Orari: martedì – domenica 8.30-19.15, chiuso lunedì
Biglietti: 10€ intero, 7€ ridotto
Informazioni: www.pinacotecabrera.net, www.brera.beniculturali.it

Milano
Milano – Galleria Previtali (Via Lombardini 14)
19 dicembre 2012 – 2 febbraio 2013
Orari: martedì – sabato 16.00-19.30
Ingresso libero
Informazioni: www.galleriaprevitali.it

Libri del silenzio. Scrittura e spiritualità sulle tracce della storia dell’ordine camaldolese a Ravenna, dalle origini al XVI secolo
Ravenna – Biblioteca Classense
21 dicembre 2012 – 1 aprile 2013
Orari: martedì - sabato 10.00- 17.00, chiuso lunedì e festivi
Ingresso libero
Informazioni: www.classense.ra.it

Puer natus. L’infanzia di Gesù nei corali miniati del Duomo di Siena
Siena – Cripta sotto il Duomo e Libreria Piccolomini
1 dicembre 2012 – 27 gennaio 2013
Orari: tutti i giorni 10.30 – 19.00
Biglietti: 8€
Informazioni: www.operaduomo.siena.it


L’Alchimia e le Arti. La Fonderia degli Uffizi: da laboratorio a stanza delle meraviglie.
Firenze – Galleria degli Uffizi (Sala delle Reali Poste)
15 dicembre 2012 – 3 febbraio 2013
Orari: martedì – domenica 8.15-18.50, chiuso lunedì
Biglietti: 6.50e intero, 3,25e ridotto
Informazioni: www.clponline.it

Anni Trenta. Arti in Italia oltre i fascismo
Firenze – Palazzo Strozzi
22 settembre 2012 – 27 gennaio 2013
Orari: tutti i giorni 9.00-20.00, giovedì 9.00-23.00
Biglietti: 10e intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.palazzostrozzi.org

Il Trono della Regina di Saba. Cultura e diplomazia tra Italia e Yemen.Le collezioni sudarabiche del Museo Nazionale d’Arte Orientale‘Giuseppe Tucci’
Roma - Museo Nazionale d’Arte Orientale ‘Giuseppe Tucci’ (Palazzo Brancaccio)
11 ottobre 2012 – 13 gennaio 2013
Orari: martedì, mercoledì, venerdì 9.00-14.00 - giovedì, sabato, domenica 9.00-19.30, chiuso lunedì
Biglietti: 6€ intero, 3€ ridotto
Informazioni: www.museorientale.beniculturali.it

Akbar. Il grande imperatore dell’India
Roma – Museo Fondazione Roma (Palazzo Sciarra)
23 ottobre 2012 – 3 febbraio 2013
Orari: martedì – domenica 10.00-20.00, chiuso lunedì
Biglietti: 10€ intero, 8€ ridotto
Informazioni: www.fondazioneromamuseo.it

Vermeer. Il secolo d’oro dell’arte olandese
Roma – Scuderie del Quirinale
1 ottobre 2012 – 20 gennaio 2013
Orari: lunedì- giovedì 10.00- 20.00, venerdì 10.00- 22.30, sabato 9.30- 22.30, domenica 9.30- 20.00
Biglietti: 12€ intero, 9,50€ ridotto
Informazioni: www.scuderiequirinale.it

Paul Klee e l’Italia
Roma – Galleria d’Arte Moderna
9 ottobre 2012 – 27 gennaio 2013
Orari: martedì - domenica 10.30 - 19.30, chiuso lunedì
Biglietti: 12e intero, 9,50e ridotto
Informazioni: www.gnam.beniculturali.it

Guttuso 1912 – 2012
Roma – Complesso del Vittoriano
5 ottobre 2012 – 3 febbraio 2013
Orari: lunedì-giovedì: 9.30-18.30, venerdì- sabato 9.30-22.30, domenica 9.30-19.30
Biglietti: 12€ intero, 8,50€ ridotto

Mario Giacomelli. Fotografie dall’Archivio di Luigi Crocenzi
Roma – Museo di Roma in Trastevere (Piazza S.Egidio 1/b)
12 settembre 2012 – 20 gennaio 2013
Orari: martedì – domenica 10.00-20.00
Biglietti: 6,50€ intero, 5,50€ ridotto
Informazioni: www.museodiromaintrastevere.it

Robert Doisneau. Paris en liberté
Roma, Palazzo delle Esposizioni
29 settembre 2012 -. 3 febbraio 2013
Orari: martedì- mercoledì- giovedì 10.00 - 20.00, venerdì e sabato 10.00 - 22.30, domenica: 10.00 - 20.00
Biglietti: 12,50€ intero, 10€ ridotto
Informazioni: www.palazzoesposizioni.it

Da Roma al Polo Sud. Foto e altri documenti dall’archivio di Erich B. Kusch
Roma – s.t. foto libreria galleria ( Via degli Ombrellari 25)
14 gennaio 2013 – 16 febbraio 2013
Orari: lunedì – sabato 10.30- 19.30
Ingresso libero
Informazioni: www.stsenzatitolo.it

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