«Io, l’Italia e il buon Dio» Intervista a tutto campo a Matteo Salvini dopo l’apertura della crisi

Riporto questa intervista a Salvini, fatta dall'amico Vincenzo Sansonetti per OGGI. Nel nostro DNA (Mille argomenti. Un solo giudizio) c'è il desiderio di incontrare persone e fatti significativi, per comprendere quanto accade alla luce della fede. Oggi, mentre pubblichiamo questa intervista, la Chiesa ricorda s. Pio X, il Papa che ha combattuto strenuamente contro il modernismo, il cui insegnamento e la cui condanna valgono ancora oggi, anzi, molto di più. In un'epoca in cui la rinascita del sacro sembra prendere vie spesso incompatibili con la libertà e il rispetto degli uomini, la riscoperta di una dimensione popolare della fede cristiana non dovrebbe allarmarci, ma rincuorarci.

P.S.: Riprendiamo questa riflessione del Papa Emerito Benedetto XVI: «Il confronto fra concezioni radicalmente atee dello Stato e il sorgere di uno Stato radicalmente religioso nei movimenti islamistici, conduce il nostro tempo in una situazione esplosiva, le cui conseguenze sperimentiamo ogni giorno. Questi radicalismi esigono urgentemente che noi sviluppiamo una concezione convincente dello Stato, che sostenga il confronto con queste sfide e possa superarle.»
Autore:
Vincenzo Sansonetti
Fonte:
OGGI
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«Sono solo un uomo coi suoi limiti e i suoi errori, ma voglio continuare a fare del mio meglio per il futuro del Paese». «Il rosario in mano? Un putiferio inutile. La contrapposizione con la Chiesa è stata montata dai mass media. Vi spiego perché i cattolici dovrebbero fidarsi di me»

«Un bagnino». Lo liquida così la stampa tedesca. Pansa lo definisce un «dittatore». I cattolici sono divisi: parte della gerarchia lo bolla come «non cristiano» e invita alla «resistenza» ma molti comuni fedeli pregano per lui. In questa intervista esclusiva il leader leghista commenta la crisi, ma ci parla anche della sua fede, della sua formazione umana e cristiana, dei suoi maestri e del suo rapporto non facile con la Chiesa.

Ministro, lei ha deciso di chiudere l’esperienza di governo con i Cinque Stelle per i loro troppi no. Quali sono stati i no più significativi?
«Autonomia, burocrazia, cultura, difesa, Europa, fisco... potrei continuare fino alla fine dell’alfabeto, ma il vero punto di rottura è stato lo stillicidio quotidiano dei distinguo, delle polemiche, dei rinvii, dell’immobilismo. A un certo punto sembrava che per i Cinque Stelle fosse più importante fermare Salvini che far ripartire il Paese. Per un po’ ho pazientato. Ha presente il motto di San Filippo Neri, “State buoni, se potete”? Ecco, l’ho ripetuto a tutti per mesi, ma superata una certa soglia non potevamo fare altro che chiudere questo capitolo e ridare la parola agli elettori».

Quali sono i provvedimenti presi di cui va più fiero?
«Nei primi mesi abbiamo davvero fatto molto. Penso a quota 100, alla riduzione degli sbarchi, alla lotta alla mafia, senza dimenticare la legge sulla legittima difesa, la pace fiscale, la flat tax per i professionisti e i tanti provvedimenti a favore dell’agricoltura e dell’allevamento come nel difficile accordo sul prezzo del latte in Sardegna... Finché c’era fiducia reciproca abbiamo lavorato tanto e bene».

E poi?
«Poi sono iniziati i “no”, i “non adesso”, le accuse, le paranoie, le offese e giorno dopo giorno abbiamo iniziato a rallentare fino quasi a fermarci, come su autonomia e giustizia, o addirittura a prendere direzioni opposte come sulla Tav. Impossibile continuare in questo modo».

In campagna elettorale tirerà fuori ancora il rosario? In passato molti cattolici si sono scandalizzati. Ora invece un sito lancia una proposta di segno opposto, invitando a recitare un rosario per lei. Che effetto le fa questa mobilitazione?
«Certo è bello vedere così tante persone che m’incoraggiano per strada, sui social, che ritagliano del tempo per venire a sentirmi in piazza, ma sapere che c’è anche chi ogni giorno mi dedica una preghiera perché io possa essere all’altezza delle mie responsabilità ha un valore speciale. Mi fa pensare che abbiano capito come dietro tutto l’entusiasmo, la fatica, la costanza che credo di dimostrare col mio lavoro, alla fine io sono solo e soprattutto un uomo. Coi suoi limiti, i suoi errori, le sue debolezze e contraddizioni: qualcuno a cui quelle preghiere indubbiamente servono per continuare a fare del suo meglio per il futuro del Paese. Ai comizi me lo gridano spesso, sarà per il cognome che si presta bene, “Salvini salvaci tu!”, e io ogni volta non mi stanco di rispondere che senza l’aiuto, il sostegno e soprattutto la fiducia degli altri, posso fare ben poco. Quanto al putiferio sul rosario proprio non capisco come siano state possibili tutte quelle polemiche. Mi chiedo soprattutto in che Paese viva chi si è stracciate le vesti, quelli addirittura del “vade retro”, ricorda? Mi permetto di dire che se facessero un giro in strada si accorgerebbero di come per tantissime persone esibire un piccolo segno religioso è motivo di orgoglio quotidiano, spesso peraltro associato a legami familiari che costituiscono la storia e l’identità di ognuno di noi: la catenina che passa dalla bisnonna alla nonna, alla mamma e poi alla figlia, di generazione in generazione. Nell’Italia che vivo e frequento è una cosa più che normale, ma forse è proprio per questo che, in tempi così decisamente a-normali, è diventato un fatto straordinario».

A proposito di cattolici schierati con Salvini, sa che un prete della Bassa emiliana è stato costretto alle dimissioni da direttore del giornale diocesano perché aveva parlato bene di lei? Ma perché la Chiesa, i fedeli, dovrebbero fidarsi di lei?
«Guardi, di Salvini e della Lega si può dire tutto, tranne che non abbiamo le idee chiare. Dalla difesa dei confini alla riforma in senso autonomista dei poteri dello Stato, passando per sicurezza, politiche fiscali, diritto alla pensione, infrastrutture, ruolo dell’Italia nell’Unione Europea; su tutti questi temi sono orgoglioso del fatto che la nostra proposta sia chiara e trasparente. Quasi “evangelica”, nella misura in cui ci sforziamo di rispondere sempre o “sì” o “no”, ben sapendo che “il resto viene dal demonio”. Questo permette a chiunque, fedeli e non, senza infingimenti, di sapere perfettamente a quali progetti si dà forza col voto alla Lega. Certo, per chi proviene da una sensibilità cattolica credo sia più facile apprezzare molti aspetti del nostro impegno, dalla difesa delle radici cristiane e dei suoi simboli, fino alla tutela della famiglia composta da una mamma e un papà e non da genitori 1-2-3-4, ma non mi piace etichettare certi temi come cattolici e altri come laici. Penso che alla base della politica non debbano esserci dicotomie fuori tempo: si deve più semplicemente partire dall’individuo e dai suoi bisogni reali, allargando progressivamente il raggio dei suoi diritti e corrispettivi doveri alla famiglia, all’azienda, ai territori, alle regioni, fino alla Nazione Italia e al suo posto nel mondo».

Salvini e la fede, Salvini e il rapporto con Dio. Descriva la sua religiosità. Al di là del rosario agitato ai comizi e dei frequenti riferimenti alla Vergine Maria, come vive nel quotidiano la fede? Si considera un buon cristiano? va a messa? le sue scelte personali (è divorziato) non contraddicono le indicazioni della Chiesa?
«Non ho mai fatto mistero di essere l’ultimo dei buoni cristiani, divorziato e con due figli da due compagne diverse, figurarsi se mi azzardo a fare la morale agli altri! Però sono cristiano e cattolico, come milioni di altri italiani, né più né meno. A messa vado purtroppo in occasione dei funerali, ma anche fortunatamente per matrimoni e battesimi che sono momenti speciali, sia nella gioia che nel dolore, perché da secoli scandiscono i passaggi più significativi delle nostre vite e il fatto che si celebrino quasi sempre all’ombra di un campanile dovrebbe far riflettere chi si ostina a negare l’evidenza stessa della nostra storia, della nostra cultura e della nostra identità».

Qual è stata la sua educazione cristiana? Ricorda qualche episodio?
«Da bambino coi miei andavo a messa tutte le domeniche, d’estate con i nonni. La fede la vivevo, come la vivo oggi, come qualcosa di semplice e normale. Il presepe a Natale, il crocefisso in classe, festeggiare il santo, andare in oratorio, il catechismo dalle suore, le medie dai preti, gli scout... è questo il mondo che ha formato me come milioni di altre persone. Niente di particolarmente complicato dal punto di vista spirituale, ma coordinate morali tanto precise quanto semplici, riassumibili in quattro parole: “Matteo fai il bravo”».

Lei ha indicato come punti di riferimento della sua formazione il professor Miglio e monsignor Alessandro Maggiolini. Che rapporto aveva col vescovo di Como? Cosa ricorda di lui e cosa le ha insegnato?
«Gianfranco Miglio e monsignor Maggiolini sono stati due grandi. Miglio in politica è stato il più lucido e acuto genio del dopoguerra, con la sua intuizione di trasformare l’Italia in un paese federale ha innescato un cambiamento tuttora in corso e più che mai attuale. Allo stesso modo Maggiolini è stato premonitore nel mettere in guardia dalle storture della società multiculturale e soprattutto dal pericolo di aprire le porte indiscriminatamente al mondo islamico e ai suoi fanatismi folli, spesso capaci di imporre con il pretesto della religione veri e propri passi indietro alle nostre libertà, a partire dalle ridicole censure delle canzoni di Natale a scuola, fino a mettere in discussione i cardini del nostro modo di vivere: pensiamo all’atteggiamento verso le donne o verso l’arte. Maggiolini lo capì per tempo perché non era solo grande uomo di cultura, ma soprattutto era un ostinato uomo di strada. Ogni giorno camminava tra la sua gente a Como, parlava con tutti, ascoltava chiunque l’avvicinasse, e intanto osservava giorno dopo giorno certi quartieri cambiare fisionomia: nei volti, nelle insegne dei negozi, nel tipo di frequentazione. La capacità di intuire i mutamenti in corso a poco serve se si resta chiusi nelle proprie comode certezze e ci si dimentica di respirare la vita vera, al mercato, in piazza, sui mezzi pubblici, al bar. L’Italia è lì, non nelle statistiche degli istituti di ricerca».

Il suo rapporto con la Chiesa è complesso. Attaccato da gran parte della gerarchia e della stampa cattolica, ha però dalla sua una buona fetta dell’elettorato che un tempo votava Dc. Non è una contraddizione? Il Papa prima o poi la riceverà?
«Incontrare Papa Francesco per me sarebbe un grande onore, mentre per quanto riguarda il rapporto tra il mondo cattolico e il sottoscritto la mia esperienza quotidiana è molto più semplice di certe astrazioni. Ad esempio poco tempo fa a margine di un comizio mi avvicina una signora e mi dice: “Salvini, io faccio la volontaria nella mia parrocchia da tanti anni, sul lavoro però sono iscritta alla Cgil perché il referente aziendale è davvero bravo, ma alle elezioni ho votato Lega e ogni sera prego per te e per il Papa”. A dimostrazione di come l’opinione pubblica italiana, anche quella cattolica, sia molto più laica di come viene dipinta da certi giornali ed eminenti studiosi. Ognuno ragiona con la propria testa».

Come giudica le scelte di molti vescovi e sacerdoti che vedono come compito della Chiesa solo l’accoglienza agli immigrati e la tutela dell’ambiente, dimenticando tutto il resto? Non ha nostalgia di una Chiesa diversa, che parlava di Cristo, salvezza e vita eterna?
«La ringrazio per la domanda perché mi dà l’occasione di chiarire un punto importante su cui spesso il sistema mediatico ha costruito contrapposizioni strumentali. Vede, io sono stato votato da milioni di italiani, in buona parte cattolici credo, per difendere i confini e stroncare il traffico di esseri umani, nonché quello di armi e droga, dove gli scafisti investono i loro proventi. Quindi mio dovere è prendere delle decisioni, a volte dolorose e difficili, ma necessarie per stabilire regole a beneficio di tutti, italiani e stranieri perbene, e soprattutto per evitare morti in mare come in effetti sta accadendo grazie alla politica dei “porti chiusi”. Questo deve fare la politica, ma non c’è alcun contrasto reale tra me e la Chiesa, quando pone l’accento sull’accoglienza e sul rispetto dell’umanità delle singole vittime della tratta. Aldilà di qualche eccesso polemico che non condivido, credo siano molte più le occasioni in cui collaboriamo, penso alla realizzazione dei corridoi umanitari che permettono a vecchi, donne e bambini realmente in fuga dalla guerra di arrivare nel nostro Paese in piena sicurezza, oppure alla preziosa opera di mediazione e accoglienza a spese della Cei [la conferenza dei vescovi, ndr] di tanti richiedenti asilo che non gravano più sul bilancio nazionale. Senza dimenticare i molti progetti in Africa che stiamo costruendo con realtà ecclesiali, per sradicare le cause delle migrazioni e affermare quel “diritto a non emigrare” tanto caro a Benedetto XVI. Quanto alla contrapposizione tra impegno sociale e cura delle anime, le rispondo da cristiano che se davvero la Chiesa sta perdendo qualcosa della sua identità, non devono interrogarsi solo le gerarchie, ma ognuno di noi in umiltà e coscienza, perché forse certe risposte si trovano prima “dentro” che “fuori”».