Oportet ut scandala eveniant
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Il XIII Congresso Mondiale delle Famiglie (WCF) di Verona era incentrato sulla famiglia naturale, e per i media nostrani è diventato uno scandalo.
Questo avviene perché siamo una società di «bruti progrediti e incivili», come direbbe Guareschi: col tablet in mano e con la convinzione che siano cose normali 6 milioni di bimbi abortiti, lo sfascio familiare, la promiscuità sessuale, la pornografia, l’affitto dell’utero.
Il WCF dà un contributo per riportare l’orologio della storia non “indietro”, come direbbero i progressisti, ma “all’ora giusta”, quella della normalità della società.
I media hanno reagito oscurando i temi del Congresso: Bellezza del matrimonio, Diritti dei bambini, Ecologia umana integrale, La donna nella storia, Crescita e crisi demografica, Salute e dignità della donna, Tutela giuridica della Vita e della Famiglia, Politiche aziendali per la famiglia e la natalità.
Lilli Gruber, collegata col vicepresidente Jacopo Coghe, parlava solo di aborto. E Coghe le ribadiva che non era un argomento del Congresso.
Pure dalla Palombelli si è parlato poco di Congresso e molto di aborto. C’è voluto Stefano Zecchi per spiegare ai presenti come funziona la democrazia: a Zecchi piace la 194, ma ha spiegato che in democrazia una maggioranza può mettere mano anche alla legge sull’aborto.
Anche David Parenzo ha il chiodo fisso della 194: «la legge sull’aborto aiuta anche i cattolici, perché dà loro la possibilità di scegliere!» Già. Ma poiché il Vaticano II ribadisce che l’aborto è “delitto abominevole” non è un bell’aiuto poter scegliere di commettere un delitto abominevole.
Marco Travaglio si stupisce che il WCF, invece di cercare di ottenere più diritti per le famiglie, cerchi di togliere diritti ad altri.
Ciliegine sulla torta lo “sfigati” di Di Maio, e il “ritorno al Medioevo”, che non manca mai.
La descrizione del Congresso di Verona è stata come la descrizione della guerra di Libia 2011: un’invenzione a tavolino che non raccontava la realtà, ma solo le idee fisse dei giornalisti.
La sintesi migliore l’ha fatta Lucia Bellaspiga: «Sono basita. Sono a Verona come giornalista, seguo il Congresso per Avvenire, senza troppi entusiasmi per vari motivi. Ma, essendo qui di persona e leggendo il racconto che ne ha dato ad esempio Repubblica, non posso che trasecolare sul giornalismo di oggi. Ma come si fa a lavorare così?»
In sintesi.
(1) Lo si voglia o no, il WCF esiste e in democrazia «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
(2) Non è obbligatorio che il WCF piaccia. Ma è obbligatorio che i media raccontino qualcosa di reale. Al Congresso c’erano 70 relatori, 5 sessioni plenarie, gruppi di lavoro, una Marcia per la Famiglia: ve ne siete accorti? I media facciano la cortesia di raccontare qualcosa, invece di limitarsi a organizzare la protesta.
(3) La legge sull’aborto non è un “diritto civile acquisito”: innanzitutto non è un diritto, come potete verificare leggendo la legge 194; non è acquisito, visto che in democrazia una maggioranza parlamentare può modificare persino la 194; e non è civile, visto che 6 milioni di bimbi abortiti possono indicare un “progresso”, ma non certo una civiltà.
(4) Lo stupore di Travaglio «Ma perché volete togliere diritti agli altri invece di chiedere i vostri?» si spiega col fatto che lui è tutto permeato di “diritti individuali”: per lui un diritto ottenuto non disturba i diritti altrui. Purtroppo non è così: puoi pensare 6 milioni di aborti come 6 milioni di diritti esercitati; ma il risultato finale è una devastazione sociale che pesa su tutti. Puoi pensare ai divorzi come diritti individuali; ma la società divorzista non è più in grado di gestire la formazione dei suoi figli. Eccetera.
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Un evento oscurato. Una informazione ideologizzata e indecente. Una serie di conduttori e opinionisti che non sanno pensare nulla che non sia un “diritto individuale”. Queste sono le “serate televisive” in Italia.
Giovanni Lazzaretti