Odifreddi: Le “fake news” di Scalfari su papa Francesco

Alla maggior parte dei giornalisti e dei giornali non interessano le verità, ma gli scoop: cioè, le notizie che facciano parlare la maggior parte degli altri giornalisti e degli altri giornali. E se una notizia falsa fa parlare più di una vera, allora serve più quella di questa
Fonte:
CulturaCattolica.it
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Con Piergiorgio Odifreddi nel passato ho avuto motivo di discutere, e alcune parole che ci siamo scambiate le ho anche pubblicate su CulturaCattolica.it. Certo non posso dire di andare molto d’accordo con lui. Molte sue posizioni, se pure egli le vuole motivate «razionalmente», mi paiono discutibili. E non le accetto. Anche se le ho discusse e le discuto.
Infatti il confronto è stato franco e aperto, rispettoso della nostra diversità.
Ho poi avuto modo di leggere la sua critica sia a Scalfari che a Bergoglio, e mi sono sembrate parole su cui si sarebbe potuto aprire un serio confronto e dibattito. Quel confronto che, per esempio, non è possibile con personaggi come p. Spadaro, il quale da tempo – e so di non essere il solo – di fronte a chi lo critica sui social non trova di meglio che bannare chi dissente da lui (così leggo quando cerco di andare sul suo profilo twitter: «Ti è stato impedito di seguire @antoniospadaro e visualizzare i Tweet di @antoniospadaro»). Beh, poco male, potrete dire, e sono d’accordo con voi.

Ecco che cosa scrive concludendo il suo articolo:

«Rimane il secondo problema, che è perché mai Repubblica non metta un freno alle fake news di Scalfari, e finga anzi addirittura di non accorgersene, quando tutto il resto del mondo ne parla e se ne scandalizza. In fondo, si tratta di un giornale che recentemente, e inusitatamente, ha preso per ben due volte in prima pagina le distanze dalle opinioni soggettive del proprio ex editore-proprietario ma che non dice una parola sulle ben più gravi e ripetute scivolate oggettive del proprio fondatore.
Io capisco di giornalismo meno ancora che di religione, ma la mia impressione è che in fondo ai giornali della verità non importi nulla. La maggior parte delle notizie che si stampano, o che si leggono sui siti, sono ovviamente delle fake news: non solo quelle sulla religione e sulla politica, che sono ambiti nei quali impera il detto di Nietzsche “non ci sono fatti, solo interpretazioni”, ma anche quelle sulla scienza, dove ad attrarre l’attenzione sono quasi sempre e quasi solo le bufale.
Alla maggior parte dei giornalisti e dei giornali non interessano le verità, ma gli scoop: cioè, le notizie che facciano parlare la maggior parte degli altri giornalisti e degli altri giornali. E se una notizia falsa fa parlare più di una vera, allora serve più quella di questa. Dire che il papa crede all’esistenza dell’Inferno è ovviamente una notizia vera, ma sbattuta in prima pagina lascerebbe indifferenti la maggior parte dei giornalisti e dei giornali. Per questo Scalfari scrive, e Repubblica pubblica, che il papa non crede all’Inferno: perché altri giornalisti e altri giornali lo rimbalzino per l’intero mondo.
Il vero problema è perché mai certe cose dovrebbero leggerle i lettori. Che infatti spesso non leggono le fake news, e a volte alla fine smettono di leggere anche il giornale intero. Forse la meditazione sul perché i giornali perdono copie potrebbe anche partite da qui, nella Giornata Mondiale del Fact Checking


Quando mi è capitato di leggere queste parole di Odifreddi, sul suo blog che pubblica su Repubblica.it, e la reazione del Direttore di Repubblica che gli ha dato il benservito, ho pensato che egli aveva colpito nel segno, e che quindi, invece che aprire un serio confronto sulle sue affermazioni, era meglio mettere a tacere – censurare, si direbbe – una voce scomoda.
Che cosa ha detto di così scomodo e sconveniente Odifreddi? Quello che Repubblica non vuole che si sappia. E cioè che le fake news sono pane quotidiano per un giornale che potrebbe avere come motto «i fatti staccati dalle opinioni, perché proprio i fatti sono lasciati ben lontani».
Questa volta, come i bambini di Andersen, Odifreddi ha mostrato che l’imperatore è nudo. E questo il potente di turno non può sentirselo dire.