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Incontrare Cristo nella scuola: insegnamento della religione e/o catechesi?

Fonte:
CulturaCattolica.it
Relazione di S.E. Mons. Corrado Sanguineti al Corso di formazione per insegnanti di religione
Seminario di Pavia – giovedì 23 novembre 2017

Il tema che mi è stato proposto tocca un aspetto fondamentale del vostro lavoro e della vostra identità di insegnanti della religione cattolica (IRC) nella scuola pubblica o parificata: che rapporto c’è tra la catechesi e l’IRC? Che cosa significa insegnare religione cattolica, come forma per offrire la possibilità d’incontrare l’ipotesi cristiana, nell’ambiente scolastico?
So che voi siete posti in una condizione non facile, a volte potete avere l’impressione d’essere in trincea, e già per questo motivo, vi voglio dire come Vescovo, tutta la mia stima per la vostra opera, che ritengo di grande valore, una possibilità da non sprecare: perché voi, di fatto, incontrate molti più ragazzi e giovani, rispetto a quelli che, dopo i sacramenti del’iniziazione cristiana, proseguono un cammino nelle parrocchie, negli oratori e nei gruppi/movimenti ecclesiali. Ora, se è vero che la catechesi ha un suo profilo distinto dall’IRC, come vedremo, è altrattanto vero che sono due modalità differenti per favorire l’incontro con Cristo e con il fatto cristiano, e sono due mondi che dovrebbero interagire di più, parlarsi di più.
In effetti IRC e catechesi sono due aspetti diversi dell’opera educativa che la Chiesa svolge, nei confronti dei fanciulli, dei ragazzi e dei giovani: tale opera appartiene alla vita e alla missione più profonda della Chiesa, comunità di uomini e donne toccati dall’avvenimento di Cristo, definita dall’appartenenza al suo Signore e dal compito della testimonianza della fede.
Quest’opera, nella quale siamo coinvolti fin dall’inizio della nostra educazione cristiana, e che ora ci trova ad essere soggetti e protagonisti, come adulti (genitori, sacerdoti, educatori, insegnanti, catechisti), si realizza per molteplici vie, che in modo differente interessano la nostra vita e la nostra responsabilità: noi oggi fissiamo l’attenzione su due forme, distinte, ma non totalmente separate, che caratterizzano il presente della Chiesa, vale a dire, la catechesi in ambito prevalentemente parrocchiale e l’insegnamento della Religione nella scuola.
Essendo molto ampio il campo nel quale ci muoviamo, non pretendo d’esaurire l’argomento o di offrirne una trattazione sistematica: m’interessa far cogliere il rapporto profondo che dovrebbe esistere tra queste due attività così preziose per l’opera educativa, suggerendo alcune piste di lavoro, per favorire realmente una maggiore integrazione tra I.R.C. e catechesi parrocchiale, e mettere in luce come la sintesi deve avvenire in voi, nel vostro modo d’essere docenti di religione, nella qualità testimoniale del vostro insegnamento della vostra presenza.
Per ragioni di ordine e di tempo, sviluppo la mia riflessione in tre brevi tappe:
• richiamo le caratteristiche essenziali della catechesi, di che si tratta, qual è il suo compito specifico nell’intero orizzonte della vita cristiana (non tutto è catechesi!);
• evidenzio le finalità proprie dell’I.R.C. nell’ambito della scuola, e il suo originale profilo;
• metto in luce le attuali difficoltà di rapporto che esistono tra questi due “mondi”, offrendo alcune proposte che favoriscano un contatto ed un’integrazione tra catechesi e I.R.C., attraverso uno scambio effettivo tra i soggetti all’opera (insegnanti, catechisti, genitori, fanciulli, ragazzi e giovani) e cerco, infine, di mostrare come sia decisiva la coscienza che vi muove nell’insegnamento, con la possibilità di dare testimonianza della vostra fede.

1. Breve profilo della catechesi.

Negli anni seguiti alla celebrazione del Concilio Vaticano II si è sviluppata un’ampia riflessione su questa realtà che da sempre accompagna la vita della Chiesa, e la catechesi in Italia è ancora oggi un cantiere sempre aperto.
Come note di sintesi, mi limito a riprendere alcuni passaggi dell’esortazione apostolicaCatechesi Tradendae di San Giovanni Paolo II che offre tuttora elementi validi d’orientamento (1).
«In linea generale, si può qui ritenere che la catechesi è un’educazione della fede dei fanciulli, dei giovani e degli adulti, la quale comprende in special modo un insegnamento della dottrina cristiana, generalmente dato in modo organico e sistematico, al fine di iniziarli alla pienezza della vita cristiana».
«La specifità della catechesi, distinta dal primo annuncio del Vangelo, tende al duplice obiettivo di far maturare la fede iniziale e di educare il vero discepolo di Cristo mediante una conoscenza più approfondita e più sistematica della persona e del messaggio del nostro Signore Gesù Cristo».
«Il fine specifico della catechesi rimane quello di sviluppare, con l’aiuto di Dio, una fede ancora germinale, di promuovere in pienezza e di nutrire quotidianamente la vita cristiana dei fedeli di tutte le età. Si tratta, infatti, di far crescere, a livello di conoscenza e nella vita, il seme della fede deposto dallo Spirito Santo col primo annuncio ed efficacemente trasmesso col battesimo» (2).
Alla luce del ricco insegnamento della Chiesa, possiamo così caratterizzare il profilo originale della catechesi, tappa fondamentale dell’evangelizzazione:
• è un’attività d’insegnamento, che ha come scopo l’approfondimento del primo annuncio della fede, attraverso un percorso di conoscenza sistematica della dottrina cristiana, a partire dal suo vivo centro, che è la persona, la parola e l’opera di Cristo Signore;
• si svolge in ambito ecclesiale esplicito, comprendendo come primo ambiente decisivo la stessa famiglia cristiana, prima forma di Chiesa e primo grembo della vita di fede;
• è strettamente collegata alla celebrazione dei Sacramenti, in particolare a quelli dell’iniziazione cristiana (battesimo – cresima – eucaristia) e diventa anche scuola di preghiera;
• oltre a un profilo conoscitivo, con contenuti organici e completi, la catechesi è orientata alla vita del credente, è un aspetto, non esaustivo, dell’esperienza ecclesiale che si esprime nella liturgia, nella carità, nella formazione morale, nell’appartenenza vissuta ad una comunità cristiana;
• per sé suppone una scelta, almeno implicita, di fede da parte dei destinatari, e liberamente è offerta a chi desidera crescere nella viva conoscenza di Cristo e della sua parola (3).
Come appare evidente, la catechesi è un elemento ineliminabile di un cammino educativo nella fede, che, dentro un contesto preciso di Chiesa, accompagni la maturazione del credente, in ogni tappa della sua esistenza, facendosi progressivamente carico delle domande, delle sfide, che un cristiano incontra nei suoi ambienti normali di vita (scuola – università – lavoro – famiglia); pertanto, man mano che il soggetto cristiano svolge il suo percorso, dovrebbe essere aiutato, nell’ambito del lavoro formativo, a sviluppare una capacità nuova di giudizio e a saper rendere ragione della propria fede: in questo senso, non è estranea una dimensione “culturale” all’opera catechistica, soprattutto rivolta a giovani ed adulti.

2. Finalità e caratteristiche proprie dell’IRC.

L’IRC si colloca, obiettivamente, in una prospettiva sua propria, che ne fonda la legittimità nell’ambito dell’ordinamento scolastico italiano: se ricordate, nel testo del nuovo Concordato del 1984, all’art. 9, comma 2 si afferma: «La Repubblica italiana, riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado». È sulla base di questo riconoscimento che sono state successivamente determinate le norme nell’Intesa tra CEI e Stato italiano, e, da parte della Chiesa, sono stati stabiliti i programmi d’insegnamento, i requisiti di formazione e d’aggiornamento per i docenti, e i caratteri propri di questa disciplina singolare nel panorama scolastico.
Ovviamente la Chiesa, nel promuovere l’IRC, è guidata dalla sua passione di annunciare il Vangelo alle giovani generazioni del nostro Paese, ma accetta e condivide la prospettiva, espressa nel Concordato, che qualifica quest’attività, e la distingue dalla catechesi, svolta di norma in ambito parrocchiale: non possiamo dimenticare che un tale insegnamento riceve caratteristiche proprie, dalla situazione nella quale si colloca. Sempre in forma di sintesi, quasi un abbozzo, cerco di delineare queste caratteristiche:
• è insegnamento della religione cattolica, perciò i contenuti sono costituiti dalla visione di Dio, dell’uomo e del mondo che appartiene oggettivamente alla fede della Chiesa: non è storia delle religioni, anche se è doveroso e utile una conoscenza del fatto religioso, attestato nelle grandi tradizioni storiche e culturali, non è un’asettica storia del cristianesimo, della Chiesa e delle istituzioni cristiane, non è nemmeno uno studio della Bibbia, vista esclusivamente come testo letterario fondamentale per la conoscenza della cultura europea;
• è insegnamento che avviene in ambito non-ecclesiale, ma “laico”, nella scuola pubblica di ogni ordine e grado, liberamente offerto a tutti gli studenti, cristiani e non, da qui discende il suo carattere non-confessionale, non ha come primo scopo quello di convertire, ma di offrire una conoscenza del fatto cristiano, come possibile ipotesi di significato e di lettura della realtà, ipotesi affidata alla libera verifica degli studenti, nel rapporto con l’insegnante;
• è insegnamento che s’inserisce nelle finalità proprie della scuola, e tra queste finalità certamente c’è la formazione di un soggetto umano, cosciente delle sue radici, del suo passato, capace di affrontare la vita, con un’ipotesi di significato e di verità;
• è insegnamento che tende a stabilire un contatto con altre materie trattate in ambito scolastico (storia – filosofia –letteratura – arte- scienze – studio del mondo antico greco-latino) e, pertanto, dovrebbe avere un orizzonte d’ampio respiro, che favorisca l’interscambio tra cultura e fede, proponendosi quasi come momento di sintesi nell’ambito scolastico.
Da queste brevi note, emerge con chiarezza il valore specifico dell’IRC e la grande opportunità che esso offre all’opera educativa della Chiesa, in un confronto serrato e libero con altre opzioni di vita e di “credo”, che gli studenti incontrano nella scuola, attraverso le materie e gli insegnanti. La differenza tra catechesi e IRC non sta tanto nei contenuti, che sotto molti aspetti possono coincidere, nella presentazione oggettiva della fede e della vita della Chiesa, ma nella modalità di proposta: mentre, almeno in linea generale, nella catechesi sta in primo piano la formazione di una personalità credente, attraverso l’introduzione alla vita della comunità cristiana, nell’IRC si gioca in campo aperto e la fede cristiana, presentata nei suoi dati costitutivi e nell’incidenza storica e culturale, mostrata in 2000 anni di cristianesimo, è proposta come ipotesi possibile di un significato totale per la vita, da verificare secondo la libertà dello studente e il suo percorso personale. Resta decisiva, in entrambi i casi (catechesi e IRC), la presenza di un maestro che, nella sua stessa persona, incarni la fede come ipotesi vissuta e verificata.
Da questo punto di vista, è giusto che, come docenti di religione, abbiate cura di mantenere il profilo proprio di questo insegnamento, nell’ambito della scuola, favorendo, come fate, sinergie e percorsi inter-disciplinari con docenti di altre materie. Allo stesso tempo, non dovete avere paura di comunicare la visione propria della fede cattolica e della Chiesa, cercando di esibirne le ragioni, e offrendo, nella libertà di un rapporto che nasce con i vostri studenti, la vostra testimonianza di uomini e donne credenti, che vivono una reale esperienza di fede e di Chiesa.
Nell’IRC, come in ogni insegnamento, è essenziale mettere in gioco se stessi, e coinvolgervi dentro una relazione con i vostri studenti e i vostri colleghi: quello che passa e che può accadere nella gratuità di un rapporto, è qualcosa di non prevedibile, eppure è questa la forma suprema della comunicazione e della testimonianza della fede, da persona a persona.
Non è una cosa strana o indebita andare a scuola e vivere con serietà e passione il lavoro, spesso faticoso e talvolta ingrato, d’insegnante di religione catttolica, con il desiderio che, anche attraverso di voi, accada l’incontro dei vostri studenti con l’avvenimento di Cristo, e con l’esperienza della fede, offerta alla libertà e all’intelligenza del giovane.

3. Per un rapporto fecondo tra catechesi e IRC.

Come ultimo punto, vorrei provare a descrivere alcune strade possibili, per favorire un rapporto tra catechesi (per i bambini, i ragazzi e i giovani che la frequentano) e IRC. Parto da un dato di fatto, che non è solo della nostra chiesa: IRC e catechesi camminano come due mondi paralleli. Sono molto rari i contatti tra catechisti e insegnanti di religione (a parte il caso di persone che svolgono le due attività), si ha l’impressione che parrocchia e scuola si ignorino a vicenda (eccetto a livello di scuole materne), si arriva a casi-limite di catechisti/animatori che non frequentano nemmeno l’ora di religione o non vivono da protagonisti questo spazio, magari sollecitando e provocando i loro insegnanti, oppure di studenti vivamente coinvolti e interessati nel percorso di religione a scuola, che non hanno nessun rapporto con una comunità cristiana.
È chiaro, invece, che il soggetto cristiano è uno, e pertanto, occorrerebbe lavorare con una maggiore sinergia, riconoscendo che il bambino, il ragazzo, il giovane che incontriamo in parrocchia, nel tempo limitato della catechesi e della vita di comunità, trascorre molte ore a scuola, e soprattutto dall’ambiente scolastico riceve una multiforme massa di suggerimenti, interrogativi, indicazioni, che non di rado sono estranee e contrarie alla fede in cui è cresciuto. Da questo punto di vista, la pur breve “ora di religione” rappresenta una possibilità e, per non pochi adolescenti e giovani, l’unico spazio nel quale sono rimessi a contatto con il fatto cristiano.
Senza alcuna pretesa, vorrei indicare alcune piste che favoriscano una maggiore interazione tra questi due ambiti d’annuncio, così preziosi per il futuro della nostra fede.

• I catechisti possono chiedere ai fanciulli, ragazzi e giovani che cosa fanno nell’ora di religione, che tematiche affrontano, come lo stesso tema, oggetto di catechesi, è stato presentato: questo non solo per evitare puri doppioni, ma anche come arricchimento del percorso di catechesi, come attenzione a domande ed interrogativi che nascono nello studio, e come verifica che sia davvero svolta un’ora di religione.
• Gli insegnanti di religione possono prendere contatto con i parroci e i catechisti, rendersi disponibili per incontri comuni, segnalare casi di ragazzi che presentano difficoltà o problematiche nel percorso di fede: si richiede una disponibilità all’ascolto reciproca.
• Chi vive un cammino di fede in parrocchia o in un Movimento, sia sollecitato e sostenuto dai suoi catechisti o persone di riferimento, a una presenza attiva nell’ora di religione, e più in generale, a un lavoro critico nello studio, che lo aiuti a rendere ragione della propria fede.
• A livello diocesano, si potrebbero individuare, nei prossimi anni come Servizio per la catechesi e Pastorale scolastica-IRC alcuni temi comuni di lavoro per catechisti e insegnanti di religione, promuovendo qualche iniziativa comune, di formazione e di giudizio.

Sono solo semplici suggerimenti, ma l’essenziale è che ci sia una nuova percezione del rapporto profondo che intercorre tra IRC e catechesi parrocchiale, del loro differente e complementare valore, nell’opera educativa: qui davvero si gioca il futuro della nostra fede, nella sua possibilità di essere comunicata in forma persuasiva, come luce di verità, che porta a compimento il cammino della ragione e del cuore umano.
Mi permetto allora di concludere con un passaggio di un discorso di Benedetto XVI, rivolto a tutti gli educatori (genitori, insegnanti, catechisti, sacerdoti):

«Cari insegnanti di religione e cari educatori! Vi prego di cuore di tener presente nella scuola la ricerca di Dio, di quel Dio che in Gesù Cristo si è reso a noi visibile. So che nel nostro mondo pluralista è difficile avviare nella scuola il discorso sulla fede. Ma non è affatto sufficiente, che i bambini e i giovani acquistino nella scuola soltanto delle conoscenze e delle abilità tecniche, e non i criteri che alle conoscenze e alle abilità danno un orientamento e un senso. Stimolate gli alunni a porre domande non soltanto su questo e su quello – cosa buona anche questa –, ma a chiedere soprattuttosul “da dove” e sul “verso dove” della nostra vita. Aiutateli a rendersi conto che tutte le risposte che non giungono fino a Dio sono troppo corte.
Cari Pastori d’anime e tutti voi che svolgete attività di aiuto nella parrocchia! A voi chiedo di fare tutto il possibile per rendere la parrocchia una patria interiore per la gente – una grande famiglia, in cui sperimentiamo al contempo la famiglia ancora più grande della Chiesa universale, imparando mediante la liturgia, la catechesi e mediantetutte le manifestazioni della vita parrocchiale a camminare insieme sulla via della vita vera.
Tutti e tre i luoghi della formazione – famiglia, scuola e parrocchia – vanno insieme e ci aiutano a trovare la strada verso le fonti della vita e, cari bambini, cari genitori, cari educatori, noi tutti in verità desideriamo “la vita in abbondanza”! Amen.» (4)

Note

1. Cfr. in particolare il capitolo III della Catechesi Tradendae, “La catechesi nell’attività pastorale e missionaria della Chiesa” (nn. 18-25). Come testo più recente di sintesi per la Chiesa italiana, cfr. CEI, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, San Paolo, Milano 2014, nn. 21-25.

2. GIOVANNI PAOLO II, Catechesi tradendae, 16 ottobre 1979, 18.19.20.

3. Di fatto, spesso i destinatari della catechesi sono bambini che non hanno ancora ricevuto il primo annuncio, ma solo il battesimo; perciò osserva realisticamente la Catechesi Tradendae: «Ciò vuol dire che la “catechesi” deve spesso sforzarsi non soltanto di nutrire e di insegnare la fede, ma di suscitarla incessantemente con l’aiuto della grazia, di aprire i cuori, di convertire, di preparare un’adesione globale a Gesù Cristo per coloro che sono ancora alle soglie della fede» (19).

4. BENEDETTO XVI, Celebrazione dei Vespri, Cattedrale di München, Domenica 10 settembre 2006.

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