Card. Velasio De Paolis: «L’Eucaristia è scuola di amore»
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Nella sua ultima cena, mentre Giuda si apprestava a consegnarlo nelle mani dei suoi nemici, che lo avrebbero messo a morte e i suoi discepoli stavano per fuggire ed abbandonarlo al proprio destino, Gesù celebra l’ultima cena. Mentre sta profilandosi la morte sul Calvario, egli fa della propria vita un atto di amore supremo: “Prendete e mangiate; questo è il mio corpo dato per voi”; “Prendete e bevete, questo è il calice della nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti per la remissione dei peccati”. Cenacolo e Golgota si richiamano e si illuminano a vicenda: la serietà dell’offerta d’amore della sua persona si rivelerà in tutta la sua verità e drammaticità tra qualche ora, quando innalzato sulla croce, il suo corpo sarà immolato e il suo sangue sarà versato; il motivo profondo della morte di Gesù non starà nella malvagità degli uomini che incrudeliscono sul suo corpo, ma l’amore con cui egli si offre liberamente per amore al Padre e ai fratelli che il Padre gli ha dato. Egli si è offerto liberamente con uno spirito eterno, con lo spirito di amore. In relazione alla croce, l’ultima cena acquista tutta la sua verità: è un’offerta che non si limita alle parole, le parole acquistano tutta la loro verità dalla croce e sulla croce; e in relazione alla cena, la morte in croce acquista tutto il suo senso; la sua è una morte per amore, di offerta libera per coloro che egli ama. E’ il momento che abbraccia l’universo e che dà senso a tutta la storia del mondo, raggiungendo l’inizio della storia e protendendosi verso il compimento finale: è l’amore di Dio che rivelandosi in pienezza evidenzia il mistero stesso di Dio amore. E’ la nuova e definitiva pasqua; è la liberazione definitiva dell’uomo e di ogni uomo. E’ per questo che l’evento deve essere celebrato per sempre sull’altare del mondo, perché questo possa essere attratto dal mistero dell’amore di Dio ed essere da tale mistero trasformato. “Fate questo in memoria di me”: è la volontà di Gesù; perché il mistero del suo amore deve raggiungere ogni uomo e trasformarlo in figlio di Dio. La Chiesa fin dall’inizio, obbedendo al comando di Gesù celebra l’Eucaristia, mediante la quale gli uomini vengono santificati, nella grande preghiera che abbraccia cielo e terra, passato, presente e futuro. All’Eucaristia ogni uomo è chiamato ad avvicinarsi, a convertirsi a Dio, a sentire l’amore di Dio e a dare la sua risposta nell’amore.
L’Eucaristia è scuola di amore, è scuola di vita. Gesù stesso ci ha detto: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia lamia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me” (Gv 6, 53-57). Per poter vivere, noi dobbiamo nutrirci ogni giorno… E’ il pane quotidiano di cui abbiamo bisogno. Ma noi non siamo solo corpo. Per poter vivere da creature umane abbiamo bisogno di altro cibo oltre il pane, soprattutto delle tante relazioni fraterne, nell’accoglienza reciproca. Ma il pane ci nutre solo per breve tempo. Viene poi il momento in cui esso non è più in grado di tenerci in vita. Come figli di Dio, abbiamo bisogno di un nutrimento celeste, che viene da Dio che ci sostenta non solo per il cammino terreno, ma per l’eternità. E’ un pane che non viene trasformato in nostro sangue e nostra vita, ma che ci trasforma e ci assimila a Dio, diventa un principio di immortalità per la vita eterna, è il principio della gloriosa resurrezione che ci aspetta al termine del nostro cammino. Il pane umano propriamente non è un vero pane, dal momento che non è in grado di sostentarci per l’eternità; solo il pane che è il corpo e il sangue di Gesù, che ci comunica la vita divina, è il pane dei figli di Dio. Ascoltiamo ancora le parole di Gesù: “Il Padre mio vi dà il pane dal cielo, quello vero; il pane di Dio è quello che discende dal cielo e dà la vita al mondo” (Gv 6, 32-33). Ed ancora: “Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6, 48-51).
Nell’ultima cena la dimensione più appariscente è quella orizzontale: l’amore fraterno. Viene evidenziato dal banchetto. “Ogni banchetto ha il significato di unione tra le persone e di accoglienza reciproca”. Gesù dona se stesso come cibo e come bevanda. “Il risultato è una reciproca interiorità: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, dimora in me ed io in lui” (Gv 6, 36).
Sul Calvario non abbiamo più il banchetto che evidenzia la dimensione di comunione, ma il Calvario che mette in luce la rottura: “Gesù sulla croce muore respinto dalla moltitudine: però, grazie all’ultima cena, sappiamo che la sua morte è un sacrificio di alleanza offerto per la moltitudine, poiché nell’ultima cena Gesù ha conferito alla sua morte questo valore quanto mai positivo”. “L’Eucaristia è fonte e apice della vita cristiana, perché è fonte e apice della vita di comunione e questo sotto i due aspetti inseparabili, di comunione con Cristo e di comunione fra tutti in Cristo”.
“Nella Chiesa antica, il legame stretto tra eucaristia e carità fraterna veniva espresso concretamente: i cristiani portavano al sacerdote tutto ciò che volevano dare per i poveri, i malati, i prigionieri, i cristiani che erano di passaggio. Dopo la celebrazione, il sacerdote organizzava la distribuzione. L’Eucaristia appariva così fonte effettiva della carità”.
Ma non è meno evidente nell’Eucaristia anche la dimensione verticale; anzi è essenziale e condiziona quella orizzontale.