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Siamo stanchi di «pietose bugie»

«C’è qualcosa di vero in tutto questo?»
«Proprio nulla», rispondeva Paglia, anzi «è un tempo opportuno perché la Chiesa aiuti tutti a reinventare la forza della generatività mentre il mondo rischia sterilità».

L’articolo di Bertocchi sulla Bussola di oggi (QUI) svela che si sta veramente preparando “la scure del discernimento” sull’Enciclica Humanae vitae. Bertocchi cita un’intervista di Radio Vaticana a don Gilfredo Marengo, docente di antropologia teologica all’Istituto Giovanni Paolo II, in cui il prelato conferma l’esistenza della commissione di studio (QUI), negata dall’immarcescibile Paglia ad inizio luglio (QUI). C’è un’affermazione di Marengo che è tutto un programma:

È importante ricordare che in quegli anni molti ancora guardavano l’esercizio della regolazione delle nascite come, potremmo dire, una ‘benevola concessione’ alle coppie, piuttosto che come un valore positivo da perseguire. Allora era ancora molto presente nella vita della Chiesa un’enfasi sulla procreazione, intesa come un fine primario del matrimonio, che ha per lungo tempo reso difficile una comprensione teologicamente equilibrata del matrimonio medesimoNon a caso “Humanae Vitae” è proprio costruita sull’unità inscindibile: il significato unitivo e procreativo dell’atto coniugale”.

Avendo studiato i furiosi attacchi ad Humanae vitae (HV), posso assicurare che il livore scagliato contro l’enciclica era dovuto al fatto che veniva riconfermato l’insegnamento magisteriale della Casti connubii (CC) di Pio XI. Si criticava, in sostanza, la HV per non avere messo da parte CC.
I novatori avevano già provato il colpo grosso contro l’insegnamento di CC durante il Concilio vaticano II, ma gli era andata buca, nonostante i tentativi del card. Suenens e di dom Helder Camara. In sostanza, i novatori volevano che l’aspetto unitivo del matrimonio diventasse quello primario, sovvertendo l’ordine naturale dell’atto coniugale che vede al primo posto il fine della procreazione. Il loro scopo era chiaro: aprire alla contraccezione.
Infatti, cosa in sostanza vieta la contraccezione? Leggete questo passo della Casti connubii:

Senonché, non vi può esser ragione alcuna, sia pur gravissima, che valga a rendere conforme a natura ed onesto ciò che è intrinsecamente contro natura. E poiché l’atto del coniugio è, di sua propria natura, diretto alla generazione della prole, coloro che nell’usarne lo rendono studiosamente incapace di questo effetto, operano contro natura, e compiono un’azione turpe e intrinsecamente disonesta.


Se l’atto coniugale non fosse per propria natura diretto alla generazione, allora la contraccezione sarebbe lecita. Purtroppo per Suenens e compagni novatori e ottimamente per il matrimonio cristiano, in Gaudium et spes (GS) si trova questa affermazione:

Il matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati per loro natura alla procreazione ed educazione della prole. I figli infatti sono il dono più eccellente del matrimonio e contribuiscono grandemente al bene dei genitori stessi. […] Di conseguenza un amore coniugale vero e ben compreso e tutta la struttura familiare che ne nasce tendono, senza trascurare gli altri fini del matrimonio, a rendere i coniugi disponibili a cooperare coraggiosamente con l’amore del Creatore e del Salvatore che attraverso di loro continuamente dilata e arricchisce la sua famiglia.


Non si possono nascondere, però, sfumature diverse tra GS e CC per quanto riguarda il significato dell’aspetto unitivo del matrimonio. Ne parleremo in un altro post. In Gaudium et spes si trova anche:

Il matrimonio tuttavia non è stato istituito soltanto per la procreazione; il carattere stesso di alleanza indissolubile tra persone e il bene dei figli esigono che anche il mutuo amore dei coniugi abbia le sue giuste manifestazioni, si sviluppi e arrivi a maturità. E perciò anche se la prole, molto spesso tanto vivamente desiderata, non c’è, il matrimonio perdura come comunità e comunione di tutta la vita e conserva il suo valore e la sua indissolubilità.

Quello che mi preme osservare è che l’enfasi nel sottolineare l’aspetto primario è pastoralmente importante, direi essenziale. L’enfasi di CC è tutta per il primario aspetto procreativo dell’atto coniugale che, lungi da rendere difficile una comprensione teologicamente equilibrata del matrimonio come sostiene Marengo, ne mette in luce la giusta finalità.
Purtroppo, oggi, l’enfasi dei teologi novatori è tutta incentrata sull’aspetto unitivo per potere sdoganare la contraccezione, sfruttando il “tuttavia” di GS e oscurando il “soltanto”.
Temo che l’enfatica dichiarazione di Marengo sveli la reale intenzione dell’allegro gruppo di ricerca su HV!
Del resto, per i porno teologi, è impensabile pensare l’esistenza stessa del matrimonio che non abbia il rapporto sessuale come fondamento. Altrimenti, che porno teologi sarebbero?

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia!

Andrea Mondinelli

P.S per approfondire il fine primario del matrimonio (QUI)