Padre Jacques Hamel presto beato
Padre Jacques Hamel, inizia il processo di beatificazione. Lo vuole Papa Francesco
Papa Francesco ha concesso alla diocesi di Rouen la dispensa dell’attesa di cinque anni per poter aprire la causa di beatificazione di padre Jacques Hamel. Non si tratta di un favore arbitrario, bensì di una scelta guidata dalla necessità di raccogliere le testimonianze di coloro che hanno assistito al martirio, molti dei quali hanno quasi novant’anni
Se ne parlava, voci di corridoio. Una speranza per alcuni, un’ipotesi politiquement incorrecte per altri. Ora invece è una certezza, la diocesi di Rouen ha ufficialmente avviato il processo di beatificazione di padre Jacques Hamel, assassinato il 26 luglio scorso mentre celebrava messa nella chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray. Jacques Hamel, un martire.
“Vattene Satana!” sono state le parole da lui esclamate di fronte ai suoi assassini, Adel Kermiche e Abdel Petitjean, due giovani musulmani che lo hanno sgozzato e ucciso secondo il dettato coranico *.
Giovedì 13 aprile, Giovedì Santo, nella cattedrale di Rouen, alla fine della messa l’arcivescovo Mgr Dominique Lebrun ha annunciato pubblicamente l’apertura della causa: «una notizia che scalda il cuore, una grazia» ha detto, di fronte a tutti i preti della diocesi.
Papa Francesco in persona ha ribadito più volte che padre Jacques Hamel è un martire, morto per la sua fede in Gesù Cristo. Tuttavia, la Chiesa si mostra estremamente attenta quando si tratta di cause di beatificazione o canonizzazione. La Chiesa cattolica distingue la reputazione di martirio con il vero e proprio Martirio per fede in Gesù Cristo. Questo perché il vero martire muore senza provare alcun odio per il suo assassino, il quale lo uccide invece in palese odio per la fede in Cristo. Nel caso di padre Jacques non ci sono dubbi, ma la procedura resta una rigorosa garanzia, irrinunciabile.
L’inchiesta avrà luogo inizialmente a livello diocesano, sotto la supervisione di un postulatore qualificato, nel caso di padre Jacques un sacerdote della diocesi stessa: Paul Vigouroux. Dopo questa prima fase diocesana, di solito della durata di due o tre anni, la causa passerà a Roma alla Congregazione per le cause dei santi. Sono proprio i teologi della Congregazione che decideranno dell’effettiva realtà del martirio di padre Jacques, formulando un parere per il pontefice, che resta il solo a poter ufficialmente riconoscere e decretare formalmente il martirio e la beatificazione.
Padre Paul Vigouroux ha spiegato il contenuto dell’inchiesta:
«La priorità è quella di raccogliere le testimonianze di tutte le persone che hanno direttamente conosciuto padre Hamel. Che uomo era? Che cristiano era? Come viveva il Vangelo? Un atto d’amore e di coraggio come il martirio non si improvvisa. Occorre quindi sapere come può un uomo aver passato la vita a prepararsi a…donare la sua vita. In un secondo tempo ascolteremo coloro che erano presenti quella mattina. In totale abbiamo almeno sessanta testimonianze da raccogliere.
L’inchiesta prevede anche di repertoriare tutto ciò che padre Hamel ha scritto in vita: omelie, memorie, corrispondenza e lettere varie. La sorella di padre Hamel ne ha portato una valigia piena la settimana scorsa, vi sono quindi centinaia di documenti da leggere con attenzione.
Ho già studiato le omelie, devo dire che sono stato colpito per l’umidità e la semplicità di padre Hamel. Non era un fine teologo ma ciò che diceva lo viveva in prima persona. Ritrovo in lui quella semplicità nascosta tipica dei preti di campagna che fanno molto, moltissimo, senza però far rumore, senza ambire alla notorietà. Eppure, i preti della sua generazione, quante prove hanno subito! Molti sono partiti dalle periferie ma lui è restato, fedele fino alla fine. Padre Hamel ha vissuto fino in fondo il mistero della Chiesa, la cui missione è la santificazione dei suoi fedeli: lavorare perché ciascuno possa diventare un santo».
La sorella di padre Jacques, Roselyne, ha espresso in un intervista a Le Figaro la sua grande emozione circa la notizia dell’apertura della causa di beatificazione: «Jacques non avrebbe mai preteso di essere al centro di tante attenzioni. Io spero che dal Paradiso mio fratello possa fare del bene a tutti, credenti e non, e che possa facilitare la convivenza in questa Francia che soffre».
Subito dopo il martirio di padre Jacques, papa Francesco (in rotta verso Cracovia, per la Giornata mondiale della gioventù) si era espresso in questi termini: «Questo santo prete è morto nel momento in cui offriva le sue preghiere per tutta la Chiesa ».
Il 14 settembre il pontefice aveva ribadito da Roma: «padre Jacques è un martire che appartiene alla lunga schiera di martiri che hanno rifiutato di rinnegare Cristo. Un uomo buono, fraterno, che è stato assassinato come se fosse un criminale. Al culmine del suo martirio ha avuto il coraggio e la lucidità di nominare il vero avversario e autore della persecuzione: Vattene Satana! Perché uccidere in nome di Dio è satanico! Noi dobbiamo pregare padre Jacques, perché è un martire e i martiri sono dei beati».
Pregare padre Jacques, pregare lui e per lui. È quello che succede in effetti a Saint-Étienne-du-Rouvray. Gruppi di pellegrini arrivano quotidianamente a pregare nella chiesa del martirio, talvolta anche dall’estero. Il vescovo riceve regolarmente fiumi di corrispondenza che testimoniano l’impatto emotivo e spirituale della vicenda.
La decisione della Chiesa di aprire immediatamente la causa di beatificazione non ha mancato di suscitare polemiche in Francia. In un paese dove tutto è politica, dove ogni cosa deve passare sotto il fuoco incrociato della stampa e delle tv di sinistra (Le Monde, Libération, le reti pubbliche televisive, il mondo social), il martirio di padre Jacques rischia di essere banalmente strumentalizzato.
Da un lato coloro che vogliono farne un simbolo della lotta all’islamizzazione del paese, dall’altra coloro che la etichettano come una provocazione identitaria e islamofoba, volta a stigmatizzare i musulmani.
Pochi sono stati coloro che hanno avuto il coraggio di riportare le parole dei due assassini di padre Jacques, che risultano dalle testimonianze inequivocabili, concordanti, congruenti, di tutti i presenti. Le Figaro lo ha fatto, e gliene va dato merito.
I due musulmani, Adel Kermiche e Abdel Petitjean, hanno fatto irruzione al grido di Allahou Akbar, poi, in lingua francese hanno affermato che i cristiani sono nemici dei musulmani, un ostacolo all’islamizzazione del mondo. Hanno afferrato padre Hamel per un braccio intimandogli di inginocchiarsi ma lui ha opposto resistenza. Al rifiuto del sacerdote, i due hanno inferto la prima coltellata. Padre Jacques si è allora rivolto ai suoi assalitori, gridando: «Satana! Vattene! Vattene Satana!». Un secondo fendente alla gola ha ucciso padre Jacques Hamel, un martire francese, assassinato per odio alla fede in Nostro Signore Gesù Cristo a Saint-Étienne-du-Rouvray, il 26 luglio 2016.
NOTA
* I musulmani devono far guerra agli infedeli che vivono intorno a loro [Sura 9:123] ; I musulmani devono essere “brutali con gli infedeli” [Sura 48:29] ; Un musulmano può uccidere ogni persona che desidera se è per “giusta causa” [Sura 6:152] ; “Assassinate gli idolatri ogni dove li troviate, prendeteli prigionieri e assediateli e attendeteli in ogni imboscata” [Sura 9:5] ; “Prendetelo (l’infedele n.d.t.) ed incatenatelo ed esponetelo al fuoco dell’inferno” [Sura 69:30] ; “Instillerò il terrore nel cuore dei non credenti, colpite sopra il loro collo e tagliate loro la punta di tutte le dita” [Sura 8:12] ; “Essi (gli infedeli ndr) devono essere uccisi o crocefissi e le loro mani ed i loro piedi tagliati dalla parte opposta [Sura 5:33].
Luca Costa
Fonte: LeFigaro.fr, Jean-Marie Guénois: L’Église engage le procès en béatification du père Hamel, 14/04/2017