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Sanremo 2017

Fonte:
CulturaCattolica.it
Messe in fila le canzoni di #Sanremo raccontano un’epoca e questa è un’epoca che si autodistrugge, che qualche volta si fa domande o che si autoconvince che tutto va bene

Ufficialmente non lo guarda nessuno, molti lo criticano, sta di fatto che i dati d’ascolto parlano di un successone e quindi una riflessione va fatta.
Sanremo è una tradizione laica, come per alcune tradizioni religiose che resistono al passare del tempo in alcuni paesi del sud.
C’è chi vi partecipa per fede, chi per curiosità, chi solo in certi momenti, potremo dire che fa zapping, chi si rifiuta anche di togliersi il cappello al passare del Santo, ma la maggioranza c’è, vuole esserci, non ci trova niente di male, anzi ci trova del bene, anche quando non se lo sa spiegare, non ci vuole rinunciare ad accompagnare il Cristo al calvario, la Madonna portata a spalla in processione.
Così è per Sanremo, a molti ricorda l’infanzia, lo si guarda per sognare, per esercitare il diritto di critica, per gli ospiti o per gli abiti, per far parte di un rito collettivo – io c’ero – anche se non interessa, ma un’occhiata va data.
Sta di fatto che le canzoni dei Festival messe l’una accanto all’altra raccontano la storia del nostro Paese, dal 1951 ad oggi, non solo quelle che hanno vinto, ma anche quelle che hanno perso e che poi sono diventate dei successi. Non vi parlerò di musica o di accordi e nemmeno di glamour, purtroppo non me ne intendo.
Tutti davano per vincente Fiorella #Mannoia con la sua canzone “Che sia benedetta”

Siamo eterno, siamo passi, siamo storie
Siamo figli della nostra verità
E se è vero che c'è un Dio e non ci abbandona
Che sia fatta adesso la sua volontà
(…) Che sia benedetta
Per quanto assurda e complessa ci sembri, la vita è perfetta.

Ma si sa, chi entra Papa in conclave, ne esce Cardinale e così ha vinto Francesco #Gabbani con “#Occidentali’s Karma” Quello che cantava mentre un suo simile vestito da scimmia ballava accanto a lui.

Essere o dover essere
Lezioni di Nirvana
c’è il Buddha in fila indiana
per tutti un’ora d’aria, di gloria
la folla grida un mantra
l’evoluzione inciampa
la scimmia nuda balla
occidentali’s karma

In un’intervista è lo stesso Gabbani che spiega cosa vuol dire il testo: “È una provocazione, un insieme di figure che cominciano da un esame di coscienza che ho fatto con me stesso e in un processo di comprensione personale si estende al mondo occidentale. È una presa in giro degli occidentali che si avvicinano alle culture orientali e poi cercano di occidentalizzarle”.
Già, ha ragione, un esame di coscienza di tanto in tanto va fatto, abbiamo cacciato dalla porta la religione e ci rientrano dalla finestra tutte le filosofie e le pratiche orientaleggianti che cerchiamo di adattare a noi.
Eppure, in tutti e due i successi Sanremesi manca qualcosa. Sia nella canzone della Mannoia, che sembra avere un’apparente ottimismo – la vita ti aspetta – sia nella canzone di Gabbani che fa la radiografia alla nostra società, manca la speranza, è tutto senza senso o fatalistico. Perché la vita è perfetta? Perchè siamo degli occidentali che cercano la pace nelle lezioni di Nirvana? Dopo l’esame di coscienza che ci resta?

Ci penso, riascolto le canzoni che la radio rimanda, mi capita tra le mani l’intervista all’autore del testo - Occidentali’s karma - è Fabio Ilacqua, ha scritto anche l’altro successo di Sanremo dello scorso anno “Amen”, - Un visionario mistico all'università mi disse: "L'utopia ci salverà!" - in un’intervista dove racconta la sua passione per Pasolini, la sua idiosincrasia per la tecnologia, dice: “la vita è una brevissima festa, nella quale devi bere bene, stare sereno, in compagnia e cercare di capire qualcosa. Prima e dopo non c’è nulla. (…) da ateo dico che questo è il mio senso religioso della vita”
Ecco, cosa manca, in tutti e due i testi c’è il riverbero di quel senso religioso che altro non è che il desiderio di felicità del nostro cuore. La Bibbia quando utilizza il termine «cuore» si riferisce all'esperienza elementare, a quel complesso di esigenze fondamentali (bellezza, bontà, felicità, giustizia, verità …)
Tutti cerchiamo di soddisfare quel desiderio, ma poiché abbiamo “fatto fuori” la tradizione, cerchiamo di sostituirla con un attimo di notorietà sul web, con della ginnastica che ritempri il fisico, con quel Karma Occidentale che è sbeffeggiato nella canzone oppure, cerchiamo di convincerci che va bene così, la vita è perfetta.
Invece la vita non è perfetta, ma è buona, perché il destino non ci appartiene, non siamo noi gli artefici, lo capisci quando guardi un figlio crescere, e guardi al suo destino sapendo che non l’hai nelle tue mani, quando fai progetti e in fondo il tuo cuore pensa “a Dio piacendo”. Ve l’ho detto, Sanremo racconta un’epoca e questa è un’epoca che si autodistrugge, che qualche volta si fa domande o che si autoconvince che tutto va bene, ma che non sa darsi ragione del perché valga la pena venire al mondo. Ma visto che nulla ci è dato per caso, anche Sanremo può essere lo spunto per cercare le ragioni.

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