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Hillary Clinton, Donald Trump e quel dio “prezzemolo”

Fonte:
CulturaCattolica.it

La lettura dell’editoriale di Vittadini sul Sussidiario.net del 4 novembre scorso, “Donald, Hillary e la strage nascosta”, mi spinge a fare qualche riflessione. Ne parlo perché tale articolo mi sembra esemplificativo del modo di vedere sui grandi media quel grande evento politico che è l’elezione presidenziale degli Stati Uniti.
Nella sostanza, l’editoriale dice che la campagna che volge al termine è la più imbarazzante della storia degli Usa poiché i due candidati non sembrano preoccupati della vera emergenza del Paese. “Aumentano i suicidi, stragi continue, impennata della tossicodipendenza: l’America è in balia di una crisi profonda”. L’autore, per buona parte dell’articolo, fornisce i dati statistici di questo fenomeno. Avviandosi poi verso la conclusione dice: “c’è da porsi profonde domande su cosa siano diventati la famiglia americana ed il sistema di istruzione, quali valori, quale progetto educativo sia rimasto se i loro figli a 15 anni cercano la morte”. Chiude dicendo che in un Paese che canta “God Bless America, di Dio probabilmente è rimasta solo la sua assenza o una icona-fantasma intrisa di moralismo e paternalismo”.

E’ giusto quello che dice Vittadini? Certamente. E’ anche sufficiente? No. Non è affatto sufficiente, almeno a parere di chi scrive.

Le elezioni negli Stati Uniti sono un evento importante per molti aspetti, che vanno da quello politico, a quello finanziario, a quello culturale. Si tratta del Paese più importante e potente al mondo, per questo la politica del candidato vincente avrà ricadute anche sul nostro Paese e sulla vita di tutti noi. Tale evento non può essere “liquidato” così sbrigativamente. Non si può sorvolare sulla figura dei due candidati, dire che l’America sta andando a rotoli, ed infine “appiccicarci” un Dio che sembra sempre più lontano, ma che se fosse più reale le cose andrebbero meglio. Un Dio “prezzemolo”, buono per insaporire una minestra già pronta, ma dal sapore rancido. In realtà, ma questo io non devo dirlo a nessuno, tantomeno a Vittadini, don Giussani ci ha insegnato che la nostra fede ha a che fare con ogni aspetto della nostra vita. E’ per questa ragione che occorre verificare, analizzare la politica, la visione di ciascuno dei due candidati, le ricadute, anziché sorvolarvi, concludendo che “per me pari sono”. Perché, in fondo, tra qualche giorno, qualcuno uscirà vincente dalla gara elettorale.

Intanto occorre fare una preliminare osservazione: l’atteggiamento assolutamente tendenzioso, ai limiti della faziosità, dei grandi media (TV, giornali), non solo americani ma anche italiani, tutti a favore della Clinton. Per fare un esempio, di Trump i media hanno tirato fuori frasi sulle donne dette una decina di anni fa, frasi che classificheremmo “da bar”, tacendo invece della Clinton scandali ben più gravi, venuti alla luce con il caso “email-gate”, come quello dell’attentato al consolato americano di Bengasi che l’11 settembre 2012 costò la vita a quattro americani, tra cui l’ambasciatore Usa in Libia Chris Stevens. Un caso accuratamente nascosto poiché mette in evidenza la diffidenza che circonda la Clinton, in quanto considerata persona “doppia”. Però, più essi calcano la mano sulla rozzezza dei potenziali elettori di Trump, dimostrando così quella arroganza spocchiosa delle élite intellettuali liberal progressiste, più gli americani, che non sono stupidi, tireranno le loro conclusioni. Infatti, come reazione, vi è stato negli USA un pullulare di nuovi siti e blog, specialmente di inclinazione repubblicana, tesi a smascherare questa tendenziosità.

E veniamo al dunque. Che i due candidati abbiano aspetti molto critici è fuor di dubbio. Epperò, quelli sono i due candidati. Occorre dunque avere un approccio realista ed andare oltre l’aspetto di “facciata” dei due personaggi, per puntare a quello che è più fondamentale. Oltre alle questioni di politica economica, finanziaria, estera, come cattolici dovremmo chiederci quale è la loro posizione su temi come l’accoglienza della vita, il rispetto della dignità della persona, l’eutanasia, quale è la visione del matrimonio, quale la posizione sulla tragica questione del gender nelle scuole, quale la posizione nei confronti della Chiesa, sulla libertà di espressione della propria fede religiosa, chi saranno i più fedeli collaboratori del presidente alla Casa Bianca, quali personalità intendano designare nei posti vacanti apicali, come ad esempio la Corte Suprema.

Come si vede, sono domande importantissime che non possono essere trascurate. Non si può concludere sconsolatamente con l’idea che sono due candidati imbarazzanti.
Ed allora, se ambedue i candidati, per i lati critici della loro personalità, costituiscono una vera e propria scommessa, è altrettanto vero che della Clinton abbiamo già alcune CERTEZZE che sono obiettivamente allarmanti.

Come ho già scritto in un altro articolo su questo sito, Hillary Clinton “ha ricevuto circa 30 milioni di dollari da Planned Parenthood, la più potente organizzazione abortista al mondo, che ha al suo ‘attivo’ oltre 7 milioni di aborti”; è persino favorevole all’aborto anche nelle ultime settimane di gravidanza, quando il bambino è già pronto per la nascita, poiché, secondo lei, un bambino che non è ancora nato non ha alcun diritto costituzionale; “ha appoggiato la politica di Obama di istituire i bagni per transessuali, di sponsorizzare il matrimonio gay, di diffondere nelle scuole l’educazione sessuale pro-gender e la contraccezione”. Ha già chiarito che se dovesse vincere indicherà alla Corte Suprema un giudice dichiaratamente abortista. Nello scandalo delle mail portate alla luce da Wikileaks, il capo della sua campagna elettorale, John Podestà, ha costituito delle associazioni cattoliche, foraggiate dal finanziere Georg Soros (noto per le sue convinzioni di controllo della crescita popolazione mediante aborto e contraccezione) tese a cambiare in senso progressista l’orientamento della Chiesa, spostando il baricentro dai principi irrinunciabili a quelli sociali, più congeniali alla Clinton. Podestà condivide l’obiettivo dell’attivista Sandy Newman quando questa dice “…c’è bisogno di una PRIMAVERA CATTOLICA, nella quale i cattolici stessi richiedano la fine di una DITTATURA MEDIOEVALE e l’inizio di una PICCOLA DEMOCRAZIA e di RISPETTO PER L’UGUAGLIANZA DI GENERE (GENDER, ndr) nella Chiesa Cattolica. La copertura (da parte del sistema sanitario, ndr) della contraccezione potrebbe essere il fulcro attraverso cui questo potrebbe accadere. (Ma, purtroppo, ndr.) I vescovi senza dubbio continueranno a combattere…”. Ed infine, Hillary Clinton afferma che: “I codici culturali profondamente radicati, le credenze religiose e le fobie strutturali devono essere modificate. I governi devono utilizzare i loro strumenti e le risorse coercitive per ridefinire i dogmi religiosi tradizionali”. Quest’ultima affermazione è gravissima perché, semmai Clinton dovesse diventare presidente degli Stati Uniti, la sua politica lederebbe l’espressione della libertà di professare la fede religiosa degli americani e, a cascata, anche degli altri Paesi. Se “I governi devono utilizzare i loro strumenti e le RISORSE COERCITIVE per ridefinire i dogmi religiosi tradizionali”, allora la sua politica assume i caratteri di un imperialismo esiziale per la nostra democrazia. Per questo, il criterio di giudizio basato sul fattore “imbarazzante” è forse l’ultimo da considerare, c’è qualcosa di più sostanzioso in gioco.

Un chiaro esempio di questa violenza l’abbiamo avuto qualche giorno fa quando un medico, molto apprezzato per le sue capacità professionali, tanto da essere chiamato a far parte del Comitato consultivo del presidente Barack Obama, è stato licenziato dopo nemmeno un mese di lavoro non appena quest’ultimo si è reso conto che il medico era anche un predicatore protestante molto seguito anche su YouTube. Al ricorso contro il licenziamento avanzato dal medico è seguito l’ordine di consegna dei sermoni domenicali (pronunciati fra le mura della chiesa) e persino della sua Bibbia. Un caso degno di regimi autoritari come quelli della Russia staliniana, della Cina (da Mao ad oggi) o dell’attuale Corea del Nord.

A nulla dunque vale che la signora Clinton, come ha fatto il 20 ottobre scorso, all’annuale cena di fundraising “Al Smith Dinner”, in New York, a cui ha partecipato anche Donald Trump, di fronte al cardinal Thimoty Dolan, dica: “Non sono cattolica ma metodista, ma una delle cose che noi condividiamo è la credenza che allo scopo di raggiungere la salvezza abbiamo bisogno della fede e di buon lavoro. E certamente voi non avete bisogno di essere cattolici per essere ispirati dalla umiltà e dal cuore del Santo Padre, papa Francesco, o di abbracciare il suo messaggio di rigettare la mentalità di ostilità, la sua richiesta di riduzione della disuguaglianza, il suo ammonimento sul cambiamento di clima, il suo appello a costruire ponti anziché muri”. Sono le sue concrete politiche che ci interessano, non le vuote parole come “muri” e “ponti”.
Allora i due candidati saranno pure “ammaccati”, saranno anche “imbarazzanti”, ma se io fossi americano la signora Clinton non avrebbe mai e poi mai il mio voto.

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