«… prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte…»
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:

E’ morto un amico, 52 anni. Un infarto.
Entro in punta di piedi in questa storia, nello sgomento e nel dolore della famiglia e di chi gli ha voluto bene: di fronte alla morte, la cosa più giusta è il silenzio rispettoso, la preghiera per chi crede. Per l’anima di chi muore all’improvviso (chissà se era pronto, mi chiedo. Ma poi, c’è qualcuno che all’appuntamento con la morte può dirsi pronto?); preghiera per implorare sostegno per chi resta e deve fare i conti con l’assenza, con le domande che come tarli logorano la mente e il cuore.
Entro in punta di piedi e rispetto la decisione della famiglia che non ha voluto funerale, non ha voluto avere accanto un prete, non ha voluto benedizioni, e nell’epigrafe ha scritto che per due giorni «la salma sarà esposta in obitorio e poi proseguirà per la cremazione». Rispetto, ci mancherebbe altro. Ma da quando la notizia della morte, come un tam-tam, ha fatto il giro degli amici, non penso ad altro.
E’ tutto qui? Una manciata di anni a sudare per passare gli esami a scuola e all’università, per trovare un lavoro, acquistare casa, mettere su famiglia, barcamenarsi? Momenti di fatica, momenti di gioia, qualche hobby, tutto qui? Un numero di battiti del cuore a disposizione (caso? Destino?) poi come un blocco di marmo due giorni in obitorio, il saluto (l’ultimo) degli amici e poi diventi un mucchietto di cenere? Tutto qui? «Questo è quel mondo? Questi / I diletti, l’amor, l’opre, gli eventi / Onde cotanto ragionammo insieme?» aveva scritto Leopardi nel suo colloquio immaginario con Silvia, morta prematuramente. «Questa la sorte dell’umane genti?»
Penso alla figlia, adolescente. Era all’estero per motivi di studio. Al telefono le hanno detto una mezza verità: che il papà stava molto male, che era bene tornasse. La zia le è andata incontro e non so immaginare con che parole le ha dato la notizia, quella vera.
Ho provato a pensarla a casa, in questi giorni. Il suo papà in obitorio, le ore che scorrono, il conto alla rovescia per la cremazione.
Rispetto la decisione: niente preti, niente benedizioni, niente funerale, ma confesso che mi piange il cuore. Per questa giovane figlia, per tutti i figli che perdono i genitori, o una persona cara, e noi che non siamo (più) capaci di testimoniare che no, non è tutta lì la vita: la sveglia che suona, la fatica della scuola e del lavoro, il batticuore per il ragazzo che ti piace ma lui sta guardando da un’altra parte. Non sono neanche, solo, le feste che gli amici, che finiscono sempre troppo presto, o le vacanze, o le passioni che durano un soffio. Non finisce tutto in un corpo illividito e freddo disteso in una bara, in una stanza sterile dell’obitorio.
Non accontentarti che la sua cenere venga a casa con voi o se ti dicono che ritornerà-alla-Madre-Terra (tutto maiuscolo) perché «è da lì che veniamo» e questo è il cerchio della vita e noi siamo humus e bla bla bla. O che il tuo papà non è morto perché è nel tuo cuore e resterà vivo nei tuoi ricordi. Di più, di più.
Voglio dirti che chi muore non muore mai solo. Chi ci ha generati e ci ama non smette di guardarci, di starci accanto, presenza discreta e silenziosa, anche se/quando ci crediamo grandi e vogliamo camminare da soli. Il prete, ci fosse stato, avrebbe significato questo: nessuno muore solo. Dio ha condiviso a tal punto la condizione umana da morire in croce per tutti, anzi per ciascuno. Per me, per te, per lui. Il prete sarebbe stato segno di questa Presenza nell’ora più difficile per chi se ne va, per quelli che restano. E avrebbe ricordato a te e a tutti che Cristo l’ha sconfitta, la morte, e risorgeremo, e niente di noi andrà perduto.
L’ho guardata partire, l’auto con la bara del tuo papà, le moto rombanti dei suoi amici biker, dietro, a seguire il feretro. Passava e ho fatto un segno di croce, ho recitato una preghiera. Non importa da chi vengono le preghiere, so che il Signore l’ascolterà e non farà caso da dove viene, se da voi o da altri. Io credo che stia attento, soprattutto, a chi è destinata. A volte la sofferenza è così grande da togliere il fiato, e si vede solo buio. Il Signore lo sa.
Ho pregato per il mio amico. Ho pregato per la moglie e per la figlia, per la madre, perché in questo sgomento possano sentire la carezza del Nazareno, che oggi ha il volto buono dei tanti amici che in questa calda giornata di luglio si sono raccolti davanti al cimitero. Ho pregato per noi, che non siamo più capaci di guardarci negli occhi e dirci a vicenda «tu non morirai». Salutavo te, amico mio, e ti affidavo a Lei, che non ci molla mai.
«… prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte. Amen».