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G7: quale mondo stiamo costruendo oggi

Autore:
Pannuti, Francesca
Fonte:
CulturaCattolica.it

Ormai è un fatto: i potenti del mondo si sono inchinati davanti alla dea del sole Amaterasu Omikami, nei pressi del tempio shintoista a lei dedicato in occasione dell’apertura dei lavori del G7. I leader di Stati Uniti, Regno Unito, Germania, Francia, Canada, Italia e Giappone, nonché Donald Tusk e Jean-Claude Junker, le due più alte autorità dell’Unione Europea, hanno partecipato ad una liturgia inaugurale presso al santuario shintoista più importante del Giappone, piantando alcuni alberi. Per comprendere più a fondo la gravità e il significato vero di questo evento vale la pena ricordare che questa, come altre filosofie o religioni orientali, ha una matrice panteista, vale a dire che parte dal presupposto secondo cui c’è un’identificazione tra la divinità e il mondo, così che non si ha più la possibilità di distinguere ciò che riguarda la natura e ciò che è proprio del divino. Ne deriva la confusione tra questi, l’assenza del concetto di creazione, che conduce inevitabilmente all’adorazione di ogni realtà, quale può essere una pianta, un animale, e all’equiparazione tra l’uomo e tutto il resto della natura. Ecco perché il semplice gesto di piantare un vegetale può avere un significato cultuale. La matrice panteistica, presente in molte religioni o filosofie arcaiche, precludendo la possibilità della creazione, rappresenta un’insidia e una tentazione molto forte oggi, allorché viene posta in alternativa al cristianesimo, come avviene nel New-Age. Il concetto di creazione, infatti, non solo esige la superiorità di un Creatore rispetto al mondo, ma implica anche che il mondo sia fatto secondo una logica e delle regole, volute da un Dio intelligente e non da noi, le quali vanno comprese e rispettate. Il richiamo a ciò che è esotico, originale e l’attrazione dell’uomo di oggi al disimpegno conduce, invece, alla ricerca di filosofie lontane dal nostro mondo culturale, spesso ammantate di un alone di saggezza profonda. Le tecniche di meditazione e di rilassamento possono fare molto comodo in un mondo dai ritmi frenetici, purché si escludano gli aspetti più esigenti di queste filosofie quando raccomandano la pratica delle virtù, in particolare quella della castità. Questo conduce facilmente ad un consenso molto ampio che fa da supporto ad una visione del mondo, anche politica, universalistica, globalizzata e appare funzionale ad un potere che tende ad estendersi, facendo leva su una religiosità poco esigente. Essa, infatti, dovrà accontentare i gusti di tutti, senza troppe verità o dogmi da proporre, senza troppe regole morali da far rispettare, così da condurre al più piatto conformismo, alla passiva accettazione di tutto ciò che accade e di qualsivoglia cambiamento, col presupposto che tanto va bene così, tanto non c’è nulla da fare. Ciò trova terreno fertile nel relativismo così diffuso ora, il quale ha fatto piazza pulita della verità che accomuna tutti e che fa riferimento ad un Dio personale con cui relazionarsi e a cui parlare così da attendersi risposta. Il dio del panteismo, invece, non è un “tu”, bensì una cosa come le altre, privo di intelligenza e di volontà. Si propone perciò non più sotto forma di un idolo come altri adorati nelle religioni pagane, bensì come il vertice stesso dell’idolatria. Questa, per l’uomo di oggi che sta cercando di impossessarsi del dominio sulla vita stessa, controllando lo sviluppo della popolazione, manipolando lo stesso concepimento della vita e tentando di gestire la morte, è funzionale a giustificare il delirio di onnipotenza dell’uomo, in quanto egli resta l’unico soggetto dotato di un’intelligenza e di una volontà in un mondo di cose divinizzate. Egli, in tal modo, si appropria del dominio sulle scelte etiche (sono io che decido quello che è bene e quello che è male) e sulla natura. Il centro del pensiero panteista, in definitiva, è il potere dell’uomo. Il panteismo ha quindi anche una natura violenta perché, negando la verità di un Dio trascendente e personale, lo elimina dal suo orizzonte, stravolgendo così la natura stessa del creato e, di conseguenza, quella dell’uomo. Quest’ultimo, per affermare il proprio potere finisce per inchinarsi davanti ad una natura dal volto ambiguo per propiziarsela a proprio vantaggio. Ma non basta, considerando divino, sacro questo mondo, il panteismo priva l’uomo dello sguardo nei confronti dell’invisibile, del trascendente, dell’ulteriore. L’uomo religioso, in tal modo, è costretto a rimanere schiacciato entro la lotta eterna tra il bene e il male, magari guardandola con più chiarezza di altri, ma senza riuscire a comprendere, né a sperare nel fatto che il bene oltrepassi la logica di questo mondo. Scompare Dio-sommo Bene e somma Verità, appare plausibile solo il dio-ambiguità. Dalla considerazione del male del mondo si passa, pertanto, spesso al suicidio, come estrema possibilità dell’uomo di affermare la sua volontà di non compromettersi col male. Altrimenti, in ogni caso, per unirsi con la divinità l’unica via è quella di annullare il proprio io per confondersi col Tutto della natura-dio. La giustificazione del mondo così com’è, violento, spesso malvagio, in ogni caso, sempre intriso di bene e di male, diventa inevitabile. Questo porta a guardare l’uomo come intrinsecamente buono, cioè al massimo migliorabile in virtù di un progresso naturale, ma mai veramente peccatore. Mancando la possibilità e l’orizzonte di un riscatto dal proprio male, l’uomo diventa inevitabilmente buonista. Ora, si comprende bene che se non c’è un Dio che crea il mondo perché lo ha pensato e lo ha voluto, quindi lo ha amato, è preclusa la dimensione della preghiera come ricerca di unione con Lui, la possibilità di diventare migliori e, in definitiva, la speranza stessa. Questa, infatti, si basa sulla fede in un Dio che, non avendo in sé il negativo, “vuole” un uomo che rispecchi la Sua immagine, privo, cioè, del male causato dalla volontà umana separata da quella divina. Appare quindi chiaro come l’indifferentismo religioso, che considera tutte le religioni uguali o equivalenti, conseguenza naturale del relativismo oggi imperante, sia stato fermamente condannato dalla Chiesa, in particolare da Pio IX nel Sillabo, con la riprovazione delle seguenti proposizioni: «XV. È libero ciascun uomo di abbracciare e professare quella religione che, sulla scorta del lume della ragione, avrà reputato essere vera. (Cfr. Lett. Apost. Multiplices inter, 10 giugno 1851. Alloc. Maxima quidem, 9 giugno 1862).
XVI. Gli uomini nell’esercizio di qualsivoglia religione possono trovare la via della eterna salvezza, e conseguire l’eterna salvezza. (Cfr. Encicl. Qui pluribus, 9 novembre 1846. Alloc. Ubi primum, 17 dicembre 1847. Encicl. Singulari quidem, 17 marzo 1856).
XVII. Almeno si deve bene sperare della eterna salvezza di tutti coloro che non sono nella vera Chiesa di Cristo. (Cfr. Alloc. Singulari quadam, 9 dicembre 1854. Encicl. Quanto conficiamur, 17 agosto 1863).
XVIII. Il protestantesimo non è altro che una forma diversa della medesima vera religione cristiana, nella quale egualmente che nella Chiesa cattolica si può piacere a Dio. (Cfr. Encicl. Noscitis et Nobiscum, 8 dicembre 1849)».
Ma anche di recente papa Benedetto XVI ha più volte richiamato la sua attenzione a tali pericoli, definendo «contrario al vero sviluppo considerare la natura più importante della stessa persona umana. Questa posizione induce ad atteggiamenti neopagani o di nuovo panteismo: dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, non può derivare la salvezza per l’uomo» (Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate, 48). E ancora: «Auspico, pertanto, – afferma Benedetto XVI nel Messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace del 2010 – l’adozione di un modello di sviluppo fondato sulla centralità dell’essere umano, sulla promozione e condivisione del bene comune … Vi è pertanto una sorta di reciprocità: nel prenderci cura del creato, noi constatiamo che Dio, tramite il creato, si prende cura di noi... Se il Magistero della Chiesa esprime perplessità dinanzi ad una concezione dell’ambiente ispirata all’ecocentrismo e al biocentrismo, lo fa perché tale concezione elimina la differenza ontologica e assiologica tra la persona umana e gli altri esseri viventi… Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l’uomo… Illuminati dalla divina Rivelazione e seguendo la Tradizione della Chiesa, i cristiani offrono il proprio apporto. Essi considerano il cosmo e le sue meraviglie alla luce dell’opera creatrice del Padre e redentrice di Cristo, che, con la sua morte e risurrezione, ha riconciliato con Dio “sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli” (Col 1,20)» (nn. 9, 13, 14). Tale prospettiva è proprio quella che ha dato vita ad una cultura cristiana plurisecolare, per salvaguardare la quale, papa Benedetto XVI afferma: «Per il mondo pagano, che credeva in un mondo pieno di spiriti, in gran parte pericolosi e contro i quali bisognava difendersi, appariva come una vera liberazione l'annuncio che Cristo era il solo vincitore e che chi era con Cristo non aveva da temere nessuno. Lo stesso vale anche per il paganesimo di oggi, poiché anche gli attuali seguaci di simili ideologie vedono il mondo pieno di poteri pericolosi. A costoro occorre annunciare che Cristo è il vincitore, così che chi è con Cristo, chi resta unito a Lui, non deve temere niente e nessuno. Mi sembra che questo sia importante anche per noi, che dobbiamo imparare a far fronte a tutte le paure, perché Lui è sopra ogni dominazione, è il vero Signore del mondo» (Il cosmo è l'impronta di Cristo, Udienza del 14 gennaio 2009).
E questo è quello che è avvenuto in Giappone allorché Cristo è stato annunciato e ascoltato. Ne dà l’esempio il medico giapponese Takashi Paolo Nagai (1908-1951), di nobile famiglia, educato alla religione shintoista, divenuto ateo e positivista e infine morto cattolico. Brillante medico, studia all’università di Nagasaki dove fa sua l’impostazione secondo cui la realtà si spiega tutta con il solo sguardo delle scienze fisiche. La morte della madre, però, lo persuade, da uomo intelligente quale è, che la morte non è la fine della persona. Pertanto continua nella sua ricerca di verità, frequentando assiduamente gli scritti di Pascal, grande fisico ma sorprendentemente anche uomo religioso, e poi il Catechismo e la sacra Scrittura. «Constatai – afferma Nagai – che il campo che può essere esplorato dai metodi delle scienze naturali e sottomesso alle loro leggi, ha anch’esso le sue frontiere, e che non si risolveranno mai tutti i problemi dell’universo: l’esistenza dell’anima, per esempio, non si rileva con procedimenti scientifici […]. Negavo l’esistenza dell’anima, perché ero prigioniero di questo falso assioma: la scienza è il solo mezzo per scoprire la verità» (Emmeci quadro. Scienza educazione e didattica, n. 57, giugno 2015, pp. 2, 3). Così si esprime Nagai, il quale vedrà la distruzione della sua città, la morte della moglie sotto la bomba atomica. In quell’occasione, come in tutta la sua carriera, egli avrà la possibilità di esprimere un senso di abnegazione fuori dal comune, nel dedicare ogni sforzo alla cura delle vittime del conflitto fino a mettere a repentaglio la sua stessa salute. A causa delle radiazioni con cui lavora per fare esami diagnostici, si ammala di leucemia fino a giungere in fin di vita. Guarisce miracolosamente per intercessione di san Massimiliano Kolbe, che egli ebbe modo di curare anni prima, secondo la stessa testimonianza di Nagai. Questa bellissima storia vera conferma, con i fatti, le parole di Ratzinger: «Un altruismo che voglia eliminare il proprio io degenera in una assenza di io e diventa così una assenza di tu. In quanto diffamazione della creazione esso non può mai diventare un veicolo della grazia, bensì solo dell’“odium generis humani”… invece l’amore cristiano deve contenere in sé, nella sua qualità di fede nel creatore, contemporaneamente l’accettazione di me stesso come creazione e l’amore per la creazione del creatore, conducendomi alla libertà di accettare me stesso così come qualsiasi altro membro del corpo di Cristo» (J. Ratzinger-Benedetto XVI, In principio Dio creò il cielo e la terra, cit., pp. 127, 128). Vale pertanto la pena di chiedersi, quale mondo stiamo costruendo oggi.

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