Caro Preside, racconti ad altri le sue favolette!
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La stupidità umana è una caratteristica che non guarda in faccia nessuno. Puoi pure essere preside di un prestigioso istituto scolastico, come l’Istituto De Amicis di Celadina, a Bergamo, e nessuno ti impedirà di esternare le tue convinzioni per impedire che una tradizione pluriennale continui ad esistere. Così abbiamo appreso che quella delle origini cristiane dell’Europa è una «favoletta», e che un Preside ha cose ben più importanti che occuparsi di togliere i crocefissi dalle aule scolastiche. Peccato che tra le cose più importanti non ci sia quella del rispetto delle convinzioni del popolo di cui deve essere responsabile e collaboratore nel cammino educativo! Così può dire, con tranquillità:
«La favoletta che la cultura europea è figlia di tante cose, tra cui il cristianesimo, non sta più in piedi. A scuola non ci devono essere simboli che dividono». |
Vogliamo che i responsabili delle nostre istituzioni la smettano di concepirsi come i padroni assoluti della scuola o di ciò cui sono preposti.
Sappiamo che nella scuola si dovrebbe rispettare un criterio di democrazia e che ci sono strumenti per realizzarla. Da tempo il Consiglio di Istituto dovrebbe dare indicazioni su varie iniziative. Perché non lo si consulta mai?
E non possiamo che rileggere quanto già scritto sul nostro sito, a conforto di una posizione intelligente e rispettosa delle identità, senza alcuna prevaricazione.
Quanto alle motivazioni riguardanti il preteso rispetto di una cultura, prego di leggere e possibilmente far leggere l’editoriale di “La Civiltà Cattolica”, numero 3637 del 5 gennaio 2002 dove tra l’altro si dice: “Non si rende un buon servizio [al nostro Paese] quando si tenta di privarlo dell’eredità cristiana, perché il cristianesimo – lo si voglia o no – ha permeato tutta la storia, le istituzioni sociali, il diritto, la letteratura, l’arte del nostro Paese e perfino il carattere, il modo di pensare e di sentire dei suoi abitanti” (pagina 8) e poco sopra aveva affermato: “In realtà il pericolo che corre il nostro Paese è quello della perdita di una parte essenziale della propria identità spirituale e culturale”. |
Non vorremmo più assistere, in ogni modo, alla «favoletta» delle sciocchezze del Preside.