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Il 17 ottobre la mia vita è cambiata improvvisamente

Autore:
Elena
Fonte:
CulturaCattolica.it
Grazie a Paola Bonzi per questa straordinaria testimonianza di Elena

Il 17 ottobre la mia vita è cambiata improvvisamente. Ricordo, come fosse ora, quando ero chiusa nel bagno di casa mia a guardare quella “penna” che indicava con un impietoso “3+” il mio stato di gravidanza. Ciò che ho provato in quel momento non si può neanche cercare di immaginare: lo si deve provare. Mi hanno assalito il panico, l’angoscia e il terrore. Sensazioni che avevo già provato anni fa quando scoprii di essere incinta del mio primo figlio. Oggi però è ancora peggio perché da una parte so cosa significhi la fatica di crescere amorevolmente un bimbo e dall’altra ho la consapevolezza di trovarmi a fare i conti con la realtà contingente: un figlio di 6 anni, la lotta aperta con il padre che coglierebbe l’occasione della mia nuova gravidanza per portarmelo via, una situazione economica devastante, un nuovo compagno per il quale ho letteralmente perso la testa. Sì, un nuovo partner che dopo tanti anni di solitudine è riuscito a farmi sentire donna e non solo madre, ma che oggi mi dice “Devi abortire! Non ne voglio sapere”. Sono precipitata nel baratro, l’angoscia e la disperazione erano in me. Io già sapevo cosa stava succedendo nella mia pancia mentre lui mi diceva di smetterla con quelle storie perché nella mia pancia non avevo niente. Tutto ad un tratto l’uomo che amavo si era trasformato in bestia. Era disposto a pagare qualsiasi somma per portarmi anche fuori dall’Italia pur di farmi abortire. Mi è rimasto accanto in modo assiduo per cercare di convincermi che sarebbe stato veloce e semplice sbarazzarsi di quel “grumo di cellule”. Solo allora mi sono resa conto di una realtà che non credevo possibile, per interrompere la gravidanza c’è la lista d’attesa e ci sono donne che fanno la corsa all’alba pur di aggiudicarsi il posto. E’ una cosa terribile!
La “bestia” voleva che io prendessi la pillola RU486, incurante dei dolori che avrei provato io. Io invece morivo dentro, combattuta tra la vita e la morte di questo essere che era dentro di me, perché di una cosa ero certa: il mio primo figlio, la ragione della mia vita, colui che mi ha regalato le gioie più grandi, era quel “niente” che gli altri dicevano avessi nella pancia.
Ogni giorno la disperazione aumentava e i pensieri erano ingigantiti e sempre più numerosi. Avevo paura di perdere quel mio nuovo figlio, di non potere offrire ai miei figli una famiglia e un adeguato sostegno economico. Questa volta anche la mia famiglia, pur contraria all’aborto, aveva preso in considerazione l’idea di ricorrere all’IVG. L’unica contraria era mia madre che nonostante i suoi cinque figli e un aborto procurato in età giovanile, portava ancora oggi le cicatrici profonde di quel gesto e non voleva che io provassi quella sofferenza tremenda della quale non ti liberi mai più.
Il mio compagno mi faceva vedere su internet tutti i video sull’intervento e mi diceva: “Hai visto? Cosa vuoi che sia! Ti sdrai sul lettino e in un attimo è finito tutto”. Lui non capiva: non era il male fisico che temevo, ma la morte di quel piccolo essere col suo cuoricino già formato che sarebbe divenuto un uomo se solo nessuno ne avesse interrotto lo sviluppo.
Dopo mille ricerche su internet, disperata, mi rivolgo al Centro di Aiuto alla Vita della Mangiagalli. Ho la grande fortuna di parlare subito con colei che lo ha fondato: Paola Bonzi. Da subito al telefono mi trasmette serenità, vuole farmi capire che sto vedendo problemi anche dove non ci sono, non devo temere per mio figlio anzi, a lui, sto facendo un grosso regalo. Per il problema economico mi aveva prospettato da subito un loro aiuto. Poi mi ha voluto incontrare subito poiché avevo la data già fissata per l’intervento. Così, senza dir niente a nessuno, sono andata a Milano ed ho incontrato Paola. Iniziamo a parlare, riesce addirittura a farmi sorridere. Mi mostrava la realtà delle cose che poi non sembravano così tragiche come le vedevo: sicuramente non erano rose e fiori ma neanche così insuperabili. Parliamo tanto, anche della mia infanzia, e mi fa capire come le mie scelte sbagliate sugli uomini hanno delle radici. Poi mi propone il loro aiuto pratico, effettivo: mi avrebbero dato i pannolini per il piccolo, il corredino, i vestiti e un sussidio mensile fino al compimento del primo anno del bambino.
Che forza quella donna, che grinta, che amore per la vita!
Prima di salutarci mi da un opuscolo dal titolo “la vita umana prima meraviglia”, contenente le foto e la descrizione di ciò che avviene mese per mese nella pancia di una donna gravida. Non puoi non commuoverti guardando quelle immagini e di conseguenza rifletti a fondo sul mistero della vita.
Affrontai il mio viaggio di ritorno con uno spirito diverso rispetto all’andata: vedevo le cose un po’ più chiaramente. Arrivò infine il 21, giorno dell’intervento fissato per abortire, ma io rimasi a casa. Chiamai Paola e sorridendo le dissi “Paola, sono rimasta a casa”. Ricordo ancora la sua voce: “Brava gioia mia, sono contenta”.
Dopo 3 mesi di sofferenza, di indecisioni, di notti passate a singhiozzare, dopo che mio figlio si addormentava, decidevo finalmente che sarei diventata nuovamente mamma. Così è nata mia figlia. Il padre è sparito, ma la mia famiglia mi è rimasta sempre accanto. Anche Paola non mi ha mai abbandonata: durante tutti i mesi mi è sempre stata vicino, si interessava a come procedevano le cose, nonostante lei stessa avesse problemi di salute e innumerevoli impegni. L’aiuto che mi aveva offerto è arrivato puntualmente prima che la piccola nascesse. Tutte le volte che cambio mia figlia penso al grande aiuto che sto ricevendo dal CAV. Si fa fatica anche così, ma con i vari aiuti e un po’ di buona volontà riesco a barcamenarmi. Grazie ai sorrisi che sta iniziando a fare mia figlia mi sento ripagata di tutti gli sforzi. Se penso che entrambi i miei figli potevano non esserci … Cosa sarebbe la mia vita ora? Certamente ora sarebbe vuota e triste, ma soprattutto con un macigno enorme sul cuore.
Quella di abortire è una decisione terribile per una donna. Bisogna lottare per difendere la vita perché ancora troppe donne ricorrono all’aborto: chi lo fa soffrendo, chi in modo superficiale, chi perché costretta. Tuttavia nessuna donna con la quale ho parlato ripeterebbe quel gesto. Nemmeno coloro che hanno abortito pienamente convinte. Io oggi senza i miei figli non potrei vivere.

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