Putin, Costantino e noi
A noi interessa comprendere la realtà, senza schemi precostituiti. Tutto ci interroga. Offriamo questa riflessione per iniziare un dialogo serio, aperto a chi vuole leggere la storia nella quale viviamo al di là di schemi, paraocchi e ideologie. Sarà pur «magistra vitae» la storia!- Autore:
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Che cosa succederebbe se oggi un qualche potente della terra, dopo anni, decenni, forse secoli, in cui noi Cristiani siamo marginalizzati, estromessi dalle istituzioni e aggrediti dalla cultura dominante, si facesse di noi Cristiani paladino, offrendo addirittura il braccio secolare per difenderci, a costo di opporsi alla cultura dominante della società secolare?
La risposta a questa domanda, nel tempo di cambiamento, di crollo, di passaggio che la nostra civiltà sta vivendo, non è un esercizio di scuola; al contrario essa può rivelarsi un indicatore, una cartina di tornasole, della maniera con cui si esercita la Fede cristiana affinché incida nella storia a tutti i livelli. In effetti l’atteggiamento dei Cristiani rispetto al potere politico ha avuto, nel corso della storia, due possibili posizioni estreme: una prima, la tentazione della teocrazia, che identificasse nella coincidenza tra braccio secolare e braccio religioso la necessaria condizione per il trionfo del cristianesimo nel mondo (per parafrasare Machiavelli, un religionis instrumentum regnum, come sostenuto dal filosofo Giovanni Botero); l’altra, viceversa, la tentazione dell’ascetismo, che proclami una chiusura, un allontanamento dal potere e dal governo, visti come qualcosa di necessariamente malevolo o corrotto, qualcosa di più o meno coercitivo, e perciò del tutto incompatibile con un cristianesimo puro. Se nel corso della storia si è, di volta in volta, oscillato tra questi due estremi, i quali sono, evidentemente, entrambi distorsioni, tuttavia negli ultimi decenni in genere ci si è sempre più allontanati dalla prima concezione per sbilanciarsi decisamente verso la seconda. È chiaro come la cultura dominante, la quale, essa sì, si serve largamente del potere per estendere in maniera capillare i propri effetti, ha sempre più relegato il cristianesimo ai margini della società e del governo, causando perciò un fisiologico scoraggiamento nel mondo cristiano, quasi che il cristiano odierno, come notato da Gómez Dávila, fosse più mortificato per il fatto che lui non la pensa “come il resto del mondo” piuttosto che intristito per il fatto che il mondo non creda in Ciò in cui crede lui. Di qui alla ritirata ascetica dal mondo, al rifiuto a incidere nella società anche a livello politico, il passo è logico. Passo che, tuttavia, ha prodotto posizioni dolorosamente aberranti, come per esempio l’accettazione della legislazione abortista da parte di alcuni sinceri cristiani perché “io non lo farei mai, è una cosa orrenda, ma non posso obbligare nessuno a questa mia decisione”.
Se ciò è evidentemente una grave stortura, quale sarebbe la posizione corretta? Torniamo alla domanda iniziale. Il caso che essa pone si è verificato più volte nel corso di duemila anni di cristianesimo. La prima volta fu tuttavia quella decisiva. Essa avvenne millesettecento anni fa, in occasione della presa del potere di Costantino, e del suo Editto di Tolleranza, successivo di pochi mesi. Allora, esattamente come oggi, i Cristiani erano marginalizzati, estromessi dalle istituzioni e aggrediti dalla cultura dominante. Erano appena usciti dalle tremende persecuzioni dioclezianee: pur non essendo pochi, erano ancora solo un decimo della popolazione dell’Impero. Ciononostante, proprio allora Costantino offrì il suo potere per difenderli, dentro e fuori i confini dell’Impero. Gli storici hanno duellato per secoli sulle ragioni di questo gesto, gli uni pretendendo che fosse dovuto a una sincera conversione, gli altri sostenendo che fosse un mero calcolo politico. Realisticamente, come sempre accade, vi fu una parte di benevola sincerità e una parte di freddo calcolo politico. Ciò che a noi può insegnare qualcosa, tuttavia, è la posizione dei Cristiani: essi accolsero la decisione di Costantino come un dono, e furono grati all’imperatore. Costantino era tutt’altro che un uomo immacolato: giunto al potere con un colpo di stato militare, nel corso del suo governo, prima e dopo l’Editto, aveva ucciso nemici, gettato alle belve prigionieri, sfruttato propagandisticamente e cinicamente la propria immagine, palesandosi ora come difensore dei Cristiani, ora come custode delle antiche tradizioni (pagane) romane (lo sappiamo dalle immagini sulle monete). Dulcis in fundo arrivò a far uccidere il nipote, la moglie e un figlio, sospettati di tramare contro di lui. I suoi figli non furono da meno: l’essere cristiani non impedì loro, alla morte del padre, di sterminare gli altri maschi adulti della famiglia (episodio recentemente ricordato nella Deus caritas est). I Cristiani non pretendevano nulla da Costantino, allora come oggi non erano nelle condizioni per farlo: per forza di circostanze non abbracciarono la tentazione della teocrazia. Tuttavia, e questo è ben più interessante perché più prossimo alla nostra attuale condizione, essi non caddero neppure nella tentazione dell’ascetismo. Conoscendo come il potere di Costantino era stato conquistato, e veniva mantenuto, a prezzo di periodiche soppressioni e sanguinarie repressioni, a prezzo di un uso utilitaristico della propaganda, ora pro Roma ora pro Christianis, non sarebbe stato meglio allontanarvisi, dichiarare pubblicamente che i Cristiani erano, al contrario, puri? Che essi rifiutavano energicamente che il loro nome fosse accostato a quello di un uxoricida, traditore, assassino, il quale, proprio lui, propugnava ipocritamente di dettare un nuovo paradigma di convivenza civile, basato sulla presenza di più fedi, propagandando un moralismo eretto a sistema? Non sarebbe stato meglio confidare esclusivamente nella testimonianza della Verità, uscendo dalla morta gora di un cristianesimo invischiato col mondo, ed entrando nella luce ascetica di una dedizione personale a Cristo nella vita quotidiana? In fondo i Cristiani erano passati da una dozzina a qualche milione nel volgere di soli tre secoli, sarebbe bastato attendere ancora qualche secolo, e una ventina di altre persecuzioni, perché l’Impero diventasse interamente cristiano, e allora non ci sarebbe più stato bisogno di editti di tolleranza! Più che a un uomo provvidenziale, Costantino avrebbe potuto essere accostato a un vero anticristo che, provenendo da delitti e soprusi, cercasse di blandire i Cristiani con una benevolenza di facciata.
I Cristiani di allora non ebbero questo giudizio. Al di là degli elogi che molti storici cristiani fecero di Costantino, essi non identificarono la vittoria del cristianesimo con la vittoria sua e del suo programma politico. Tuttavia, esercitando per la prima volta nella storia quello che sarebbe diventato il realismo politico cristiano, essi accettarono il buono, nonostante venisse da un uomo cattivo. Essi giudicarono provvidenziali i suoi provvedimenti buoni, nonostante fossero imposti a prezzo di un violento dispotismo. Oggi possiamo dire che fu una buona scelta. Una scelta, e questo è il punto fondamentale, non dettata da utilitarismo, ma dalla consapevolezza che “lo Spirito soffia dove vuole”, e per questo può giungere addirittura a far fare del bene a un uomo indegno e cattivo, quale fu Costantino per tutta la vita.
Che cosa tutto ciò insegna a noi Cristiani del XXI secolo? L’atteggiamento dei Cristiani dell’epoca ci indica il lavoro che ci è dato in questi tempi, che dobbiamo attuare verso quei politici, verso quegli sparuti potenti che difendono, o sembrano difendere, il cristianesimo. Oggi nell’Europa orientale, nel cuore della Terza Roma, nel centro della Seconda Costantinopoli, regna lo zar Putin. Il quale, mantenendo il potere con metodi tutt’altro che immacolati (come Costantino secoli fa), proclama di voler difendere i valori cristiani. Tra i provvedimenti che egli attua, alcuni sono per davvero cristiani (per esempio il baluardo contro le unioni omosessuali, il sostegno alle famiglie, le limitazioni all’aborto), mentre altri cristiani non lo sono affatto (per esempio l’allontanamento delle organizzazioni benefiche non statali ed estere). Esattamente come Costantino. Sta a noi discernere il bene e il male di un uomo di potere, che è certamente un uomo non esemplare, forse cattivo, ma che può fare del bene, e questo bene è nostro dovere riconoscerlo e valorizzarlo, tanto quanto lo è discernere il male. Ed è un lavoro che nessun sistema al mondo ci può risparmiare.