Riduzione e falsificazione
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Certo il mestiere di chi comunica è impegnativo: è facile cedere alla semplificazione e alla strumentalizzazione. Spesso accade che, prendendo spunto da una affermazione staccata dal contesto, si costruiscano immagini, teorie, considerazioni che non stanno nella realtà ma solo nella mente dei giornalisti.
È pur vero che giornalisti di grido si permettono di attribuire al pontefice affermazioni che lui stesso né pensa né condivide, e che tale operazione non viene affatto stigmatizzata da nessuno degli operatori della comunicazione. Ma è anche vero quanto affermava il grande Aristotele “Amicus Plato, sed magis amica veritas”. E se questo vale nel mondo della filosofia, perché non deve valere anche nel mondo degli uomini, di cui è necessario stimare la capacità di comprensione e che è necessario non sottovalutare, come se fossero poveri ignoranti da imbrogliare.
Provate a leggere quanto riportato nella relazione di padre Antonio Spadaro, su Civiltà Cattolica, a proposito dell’incontro del Santo Padre con i superiori generali dei religiosi: viene mostrata una profondità e capacità di giudizio su tutta la situazione ecclesiale, che mostra una autentica umanità e una conoscenza del cuore dell’uomo (unita ad una sincera compassione) da cui è necessario sicuramente imparare.
Provate poi a leggere le poche righe finali di questa relazione di un incontro che è durato una intera mattinata. Le riporto:
“Per il Papa, i pilastri dell’educazione sono: «trasmettere conoscenza, trasmettere modi di fare, trasmettere valori. Attraverso questi si trasmette la fede. L’educatore deve essere all’altezza delle persone che educa, deve interrogarsi su come annunciare Gesù Cristo a una generazione che cambia». Quindi ha insistito: «Il compito educativo oggi è una missione chiave, chiave, chiave!». E ha citato alcune sue esperienze a Buenos Aires sulla preparazione che si richiede per accogliere in contesti educativi bambini, ragazzi e giovani che vivono situazioni complesse, specialmente in famiglia: «Ricordo il caso di una bambina molto triste che alla fine confidò alla maestra il motivo del suo stato d’animo: “la fidanzata di mia madre non mi vuol bene”. La percentuale di ragazzi che studiano nelle scuole e che hanno i genitori separati è elevatissima. Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Come annunciare Cristo a questi ragazzi e ragazze? Come annunciare Cristo a una generazione che cambia? Bisogna stare attenti a non somministrare ad essi un vaccino contro la fede»”.
Ed ora provate a scorrere su tutti i mezzi di comunicazione come hanno riportato quanto affermato dal Papa. Sembra che l’unica preoccupazione sia quella di parlare delle coppie gay, e, nei vari mezzi di comunicazione, di fare diventare una risposta compiuta quello che per lui è un problema, una domanda, una riflessione sofferta. Non solo, ma virgolettando, come se fossero parole da lui dette, frasi staccate (e già ci avevano provato, riuscendoci, a trasformare quanto affermato sull’aereo di ritorno dal Brasile, nella sintesi politically correct “Chi sono io per giudicare un gay?”)
Non sarebbe meglio, fidandosi della capacità di lettura dell’intelligenza dei propri utenti, evitare ogni semplificazione e manipolazione, consentendo a ogni uomo ragionevole di capire la realtà e di dare un giudizio che tenga conto di tutti i fattori, senza la sciocca e banale unilateralità di interpretazioni che non rendono ragione della ricchezza (e anche della sofferenza) che il Papa vuole comunicarci?
Sogniamo un giornalismo che non si metta a pensare per noi, ma che ci aiuti a comprendere la realtà correttamente, ragionevolmente. Abbiamo infatti amato la ragione come la «coscienza della realtà secondo la totalità dei suoi fattori». Chi ha paura allora della ragione, tanto da volerla chiudere in gabbia?