“La Chiesa e il complesso di Eva tentatrice”
«Vergine Madre, figlia del tuo figlio, / umile e alta più che creatura, / termine fisso d’etterno consiglio, / tu se’ colei che l’umana natura / nobilitasti sì, che ‘l suo fattore / non disdegnò di farsi sua fattura (…) / Donna, se’ tanto grande e tanto vali, / che qual vuol grazia e a te non ricorre / sua disianza vuol volar sanz’ali»(Dante, Paradiso, canto XXXIII)
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Dov’era il 25 dicembre Enzo Bianchi, il priore di Bose? La barba ce l’ha. Magari, vestito da Babbo Natale, se n’è andato in giro a consegnare regali, chissà!
Ci penso mentre leggo “La Chiesa e il complesso di Eva tentatrice”: il suo commento su Repubblica alla vicenda di don Piero Corsi. Questo scrive il priore: «Purtroppo a livello di istituzione storica, la Chiesa ha il retaggio di una eredità pesante, di poco apprezzamento verso la donna: Eva, tentatrice. Donna, colei che trascina l’uomo nel peccato, “che fa sfogare la sua concupiscenza”, si sosteneva nel Medioevo. Una logica che nella Casta si trascina da allora».
Gliel’ha detto qualcuno che da Eva in poi sono accadute un bel po’ di cosette? Che ne so… ad esempio che anche quest’anno, il 25 dicembre, abbiamo celebrato la nascita del Bambino Gesù perché Dio, l’Onnipotente, ha deciso di incarnarsi, di crescere in un ventre di donna (donna!) ed ha scelto Maria, Madre Sua e Madre nostra? Ha mai riflettuto, Enzo Bianchi, sul rapporto specialissimo che Cristo ha sempre avuto con le donne? Su come le onorava, tanto da scandalizzare tutti, al suo tempo? Gli risulta che è alle donne che per prime si è fatto vedere quando è risorto?
Qualcuno lo dica al priore di Bose quante donne sono state proclamate sante o beate, o dottori della Chiesa. E poi, priore, non sarebbe male che qualche volta posasse la penna e, anziché scrivere, leggesse. Magari le encicliche. Mulieris dignitatem, tanto per fare un esempio. O le Lettere alle donne scritte dai pontefici: sì, proprio dai rappresentanti ultimi di quella che, in perfetta sintonia con il lessico politically correct, lei chiama “la Casta”. Ma anche libri un po’ più “leggeri” potrebbero esserle di grande aiuto, perché per capire come le donne cristiane vedono se stesse non c’è miglior modo che sentire le interessate.
Ad esempio, li ha letti i due libri di Costanza Miriano? In Sposati e sii sottomessa, a pagina 38 scrive: «Dovrai imparare a essere sottomessa, come dice san Paolo. Cioè messa sotto, perché tu sarai la base della vostra famiglia. Tu sarai le fondamenta. Tu sosterrai tutti, tuo marito e i figli, adattandoti, accettando, abbozzando, indirizzando dolcemente. E’ chi sta sotto che regge il mondo, non chi si mette sopra gli altri». Le pare poco? (Non le svelo nulla del secondo libro, Sposala e muori per lei. Le lascio il gusto della scoperta. Una conferenza in meno, priore, e una buona lettura in più. Così quando parlerà di donne e di uomini cristiani avrà le idee un po’ più chiare)
Vede, priore, checché ne dicano le vetero, neo o post-femministe, c’è un’evidenza evidentissima: noi e i maschi siamo diversi e quella delle pari opportunità fuori e/o dentro la Chiesa è una gran boiata. La parità per noi cattolici (si informi!) è avere la stessa dignità, non fare le stesse cose. E’ da sempre così. E la Chiesa - anche quella che lei chiama “la Casta”(?) - ama a tal punto le donne che, ben sapendo di andare controcorrente, le difende strenuamente – pensi un po’! - sin da quando vengono concepite.
Eh già. Mi rendo conto che, osasse scrivere QUESTO sulle colonne di Repubblica, le toglierebbero la visibilità guadagnata in anni e anni di impegno per adeguarsi al pensiero dominante, ma Gesù su questo è stato chiarissimo: «Nessuno può servire due padroni. (Mt 6, 24-34)». Sarà bene che scelga.
P.S. Don Piero Corsi ha sbagliato. Punto. Su di lui non mi dilungo perché a fronte di una indifferenza generale sul terzo Natale di sangue in Nigeria e sulla persecuzione dei cristiani nel mondo, i commenti sul volantino del prete di Lerici hanno invaso la rete, hanno mobilitato il comitato Se non ora quando, tutti i media senza eccezioni e la meglio (si fa per dire) intelligenza del Paese. Amen.