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“Giuristi per la vita”: un impegno

Fonte:
CulturaCattolica.it

1) Quando e come è nata la vostra associazione “Giuristi per la vita”?
Prima di tutto mi preme evidenziare che non si tratta di un’associazione in senso stretto, né tanto meno dell’ennesima organizzazione pro-life. “Giuristi per la vita” intende essere una task force, un gruppo operativo di avvocati, giuristi, filosofi del diritto, magistrati, in grado di dare un contributo concreto in tutte le sedi in cui il diritto alla vita viene interpretato ed applicato.
L’idea di costituire “Giuristi per la Vita” è nata in seno alla grande e meritoria manifestazione della Marcia per la Vita svoltasi a Roma lo scorso 13 maggio, e costituisce uno dei frutti concreti di quella indimenticabile esperienza.

2) Quali sono gli aspetti che maggiormente contraddistinguono “Giuristi per la Vita” dalle associazioni pro-life esistenti?
Come dicevo, “Giuristi per la Vita” è un team di giuristi che intende operare in prima linea sul fronte giuridico – e se occorre nelle aule giudiziarie – a difesa innanzitutto della dignità e della vita dell’uomo dal momento del concepimento fino al suo naturale compimento. Un modo di agire “alla radicale”, o, come amo spesso ripetere, una sorta di “Soccorso Rosso” pro-life. Del resto, proprio i seguaci di Pannella, ahimè, hanno dimostrato in questi trent’anni come una pattuglia di agguerriti e convinti avvocati riesca ad ottenere molto più di tanti autorevoli saggi, erudite conferenze, e illustri simposi.
3) Da un punto di vista pratico e organizzativo, come vi muovete?
Innanzitutto, vigileremo perché qualunque tipo di provvedimento normativo o amministrativo, a qualsiasi livello e da qualsiasi autorità o istituzione venga emesso, rispetti sempre e comunque il sacrosanto diritto alla dignità della vita umana, dal suo concepimento fino al suo naturale compimento. Nel caso tale diritto non dovesse essere rispettato, provvederemo a difenderlo e tutelarlo in tutte le sedi consentite dal nostro ordinamento giuridico. Contiamo, poi, di poter garantire in tutto il territorio nazionale una presenza minima di aderenti, in modo da offrire uno strumento operativo per le associazioni pro-life, e per tutti i singoli che sono costretti a far valere per via giudiziaria il diritto alla vita.
4) A livello generale, dove e in che modo a suo avviso la vita è più calpestata?
Il discorso sarebbe lungo, ma possiamo semplificarlo in questi termini. L’ambito in cui il diritto alla vita viene maggiormente violato resta, purtroppo, quello suo inizio, attraverso la contraccezione abortiva (pillola dei cinque giorni, RU 486, spirale, ecc.), e l’interruzione volontaria della gravidanza. La tragedia è che tale assoluta ingiustizia viene perpetrata presso strutture pubbliche sostenute con i soldi dei contribuenti, e in virtù di strumenti normativi contrari al diritto naturale.
Anche il fronte del “fine vita” si sta allargando in maniera preoccupante, a causa di una cultura eutanasia che tenta di penetrare nell’opinione pubblica attraverso ogni mezzo di comunicazione. Non dimentichiamoci mai che il decreto 9 luglio 2008 emesso dalla Corte di Appello di Milano, con cui è stato disposto l’«accudimento accompagnatorio» di Eluana Englaro verso la morte, ha introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento giuridico repubblicano il principio secondo cui senza una «pienezza di facoltà motorie e psichiche», l’esistenza umana si riduce ad «vita non degna di essere vissuta», traduzione italiana del termine “lebensunwertes Leben”, coniato dai giuristi tedeschi degli anni Trenta, e riecheggiato tristemente nelle aule giudiziarie del Terzo Reich. Questa incivile deriva culturale è davvero pericolosissima.
5) Un profilo della vita “modernamente” intesa e della vita invece come andrebbe rettamente considerata alla luce della verità.
Oggi sembra prevalere nel panorama culturale della società “moderna” un filone di pensiero che potremmo definire radical-libertario, secondo cui ogni individuo è un isola, un’entità a se stante, autodeterminante, completamente avulsa dal contesto comunitario in cui vive. Il filosofo americano Robert Nozik aveva ben individuato l’essenza di questa teoria, sostenendo che ogni individuo si trova dentro una sfera morale che nessuno può invadere, tanto meno lo Stato. Secondo Nozik di fronte ad un dilemma morale la scelta che compie un individuo è già etica, qualunque essa sia. Per questo il diritto dovrebbe disinteressarsi dei problemi bioetici, proprio perché l’uomo è un essere dotato di una capacità di autodeterminazione, e quando perde questa capacità, ecco che la sua esistenza non è più «degna di essere vissuta», diventa, appunto, “lebensunwertes Leben”.
Esiste, invece, un filone di pensiero che potremmo definire del “primato del singolo”, mutuando questa espressione dal filosofo danese Søren Kierkegaard. Secondo questo profondo pensatore, infatti, nella specie animale vale il principio secondo cui il singolo è inferiore al gruppo (l’animale può essere sfruttato, venduto, macellato), mentre nella specie umana vige il principio secondo cui è il singolo a prevalere sul genere, perche “capax Dei”, immagine e “impronta” di Dio. L’uomo, nella sua inseparabile unità di anima e corpo, è infatti dotato di un quid divino che lo rende unico, originale, irripetibile e naturalmente inserito in una dimensione comunitaria. In questo senso Aristotele parlava dell’uomo come di un essere sociale per sua stessa natura (φύσει), per cui l’esistenza o la morte di ciascuno di noi non può essere indifferente alla comunità.

6) Cosa possono fare con priorità assoluta i reggitori della cosa pubblica per fare penetrare questa vita nell’attuale impoverito orizzonte di pensiero?
Intervenire, innanzitutto, a livello normativo attraverso la costituzione di barriere capaci di arginare la deriva necrofila che sembra caratterizzare l’orizzonte culturale dell’attuale società, sempre più trascinata a fondo dal gorgo nullificante del relativismo etico. Buoni esempi, in questo senso, sono la Legge 40, o le norme sulle disposizioni anticipate di trattamento.
7) E noi tutti, nella nostra quotidianità, come possiamo rispondere alle dimenticate e calpestate esigenze della vita autentica quale voi e le organizzazioni pro life la intendono e la tutelano?
Ricordandoci sempre e in ogni momento che la nostra vita e quella dei nostri simili non ci appartiene. Ci è stata semplicemente donata, e di questo dono tutti noi siamo responsabili. Ciò implica, peraltro, il dovere morale di un pieno rispetto della propria e dell’altrui dignità. Sembra facile a dirsi, ma posso assicurare che la traduzione di questa consapevolezza nei gesti concreti della quotidianità è assai meno semplice di quanto appaia.
Per evitare il rischio della dimenticanza, io ho adottato un piccolo accorgimento imparando a memoria questi splendidi versi di Madre Teresa di Calcutta: La vita è un’opportunità, coglila. / La vita è bellezza, ammirala. / La vita è beatitudine, assaporala. / La vita è un sogno, fanne realtà./ La vita è una sfida, affrontala./ La vita è un dovere, compilo. / La vita è un gioco, giocalo. / La vita è preziosa, abbine cura./La vita è ricchezza, valorizzala. / La vita è amore, vivilo. / La vita è un mistero, scoprilo. / La vita è promessa, adempila. / La vita è tristezza, superala. / La via è un inno, cantalo. / La vita è una lotta, accettala./ La vita è un'avventura, rischiala. / La vita è la vita, difendila.
Quest’ultimo verso, in particolare, potrebbe essere un perfetto motto dei “Giuristi per la Vita”.

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