Carina: la ragazza che non voleva morire
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L’uomo che ha perduto la fiducia in Dio, ha perso anche la speranza.
Così per sentirsi rassicurato, mette la sua vita nelle mani degli esperti, nella certezza effimera che se a decidere per lui sono i così detti “esperti” le cose non potranno che andare bene.
Ecco allora, genitori che hanno abdicato al loro ruolo, incapaci di prendere decisioni, dare regole, insegnare a stare nel mondo, che delegano agli insegnanti il compito di stabilire regole e di farle rispettare.
Bambini fuori controllo, incapaci di stare fermi, definiti iperattivi e portati dallo psichiatra nella speranza che li “guarisca”, quando in molti casi hanno solo bisogno di certezze, di regole che non siano elastiche, di paletti che li aiutino a sentirsi sicuri, a confrontarsi con il mondo, di qualcuno che li ascolti e li prenda sul serio.
Un’amica pediatra racconta di come molte mamme siano incapaci di decidere se una febbre vale un antipiretico o se è meglio il pronto soccorso.
Speriamo sempre che ci sia una legge, un esperto, un altro da noi che prenda le nostre difese, le nostre decisioni, che rischi per noi.
Poi accadono fatti che ti fanno tremare le vene ai polsi. Che ti fanno pensare che non sempre l’esperto ha ragione, che la vita è vita, non puoi giudicare il suo valore dal numero di muscoli che puoi muovere, o dalle parole che puoi pronunciare.
Ad Aarhus (DANIMARCA) una giovane di diciannove anni Carina Melchior, va in coma a seguito di un gravissimo incidente, dopo tre giorni l’attività cerebrale rallenta.
I medici ne parlano con i genitori e questi autorizzano l’espianto degli organi. Che cosa avrebbero dovuto fare se non fidarsi degli esperti, di chi sa quando la vita è vita, e quando invece non lo è più.
Ma poco prima che si stacchi la spina, mentre preparano la ragazza per l’espianto, Carina si sveglia.
Oggi sta recuperando, ha dei desideri dei sogni, vuole tornare a montare a cavallo, fare la graphic designer, la sua storia è diventata un documentario «La ragazza che non voleva morire».
E noi?
Noi non possiamo far finta di non sapere, non farci domande, non lasciarci interrogare dai fatti.
Se la ragazza che non voleva morire è un miracolo, allora vale la pena sempre di sperare, se invece la diagnosi è un errore umano, allora dobbiamo chiederci seriamente - chi siamo noi, per arrogarci il diritto di decidere quando una vita non è più tale?
I credenti rimettano la vita nelle mani di Dio “Nelle tue mani è la mia vita, o Dio” e i non credenti stiano attenti a quali mani affidano la loro.