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Scuola e laicità, due buone notizie (?)

Fonte:
CulturaCattolica.it
=>NON PERDETE LE IMMAGINI IN FONDO<= Lo Stato è chiamato a riconoscere l’identità propria della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita, e altresì il diritto primario dei genitori alla libera educazione e formazione dei figli, secondo il progetto educativo da loro giudicato valido e pertinente. Non si rende giustizia alla famiglia, se lo Stato non sostiene la libertà di educazione per il bene comune dell’intera società.

Leggendo l’articolo sulle scuole paritarie, scritto da Marina Boscaino, mi sono subito venute in mente le parole del Duce, «Tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato». [Mussolini, discorso alla Scala, Milano, 28 ottobre 1925]
Chissà perché questi, che amano definirsi “paladini della libertà”, quando esprimono le loro posizioni, altro non sanno fare che ripetere gli slogan e la visione del mondo e i progetti dei totalitarismi che hanno pesantemente segnato la storia del Novecento.
«Fatta l’Italia, ora bisogna fare gli Italiani» (a patto che non siano Napoletani o – forse – meridionali in genere, data la convinzione dell’autore Massimo d’Azeglio: «In tutti i modi la fusione coi Napoletani mi fa paura; è come mettersi a letto con un vaiuoloso!»). Come la si voglia vedere, siamo ancora una volta di fronte alla pretesa del potere di avere in mano e di controllare capillarmente il sistema dell’istruzione, per poter determinare la mentalità degli uomini, considerati sempre più sudditi, che persone libere e responsabili.
È, questo, un tarlo presente in tante forme di pensiero: ho già documentato come i cosiddetti cattolici progressisti (orgogliosamente autoproclamatisi «Noi siamo chiesa»), paladini del dialogo e del confronto all’interno della chiesa, appena incontrano qualcuno che ha idee diverse lo sbeffeggiano e lo offendono, definendo il suo ragionare una forma di arroganza, per non citare gli altri fantasiosi epiteti, partoriti a seconda delle circostanze…
Ecco ora alcune delle «ispirate» affermazioni della articolista Marina Boscaino, usate per descrivere la bocciatura del progetto di «buono scuola» alla regione Lazio: «Per una volta due buone notizie, entrambe dal fronte locale, forniscono un segnale significativo anche rispetto alle politiche nazionali, alla difesa del principio di laicità dell’istruzione, alla sostenibilità di un progetto di scuola realmente statale, laica e pluralista.
I contrasti insanabili sorti nella maggioranza di centrodestra intorno alla proposta di legge per l’istituzione del buono scuola a favore degli alunni degli istituti paritari hanno portato qualche giorno fa alle dimissioni della Presidente della Commissione cultura della Regione Lazio, Olimpia Tarzia, prima firmataria della legge e già nota per iniziative dalla indubbia vocazione filo-clericale. Questo significa, tra l’altro, che la proposta di legge ha di fatto concluso prematuramente il suo percorso. È un risultato importante per le forze che si sono opposte in Commissione e per il Tavolo Regionale e le associazioni democratiche che hanno rappresentato nell’audizione del 24 maggio la loro forte contrarietà, controbattendo anche ai parlamentari che si erano esplicitamente schierati a favore del provvedimento […] Nel Lazio il buono scuola, ovvero un contributo diretto alle famiglie che desiderino iscrivere i figli alle scuole private paritarie, fiore all’occhiello dell’iniquità in alcune regioni italiane (capofila il governatorato lombardo di Formigoni) non sarà erogato […] [Così conclude l’articolo] La scuola dell’infanzia, insomma, è a tutti gli effetti scuola e quindi ogni risorsa collettiva dovrebbe essere intesa a garantirne l’istituzione pubblica, espressione e garanzia dell’interesse generale e della pluralità culturale».
Come è profondamente diverso – e più equo – il giudizio espresso dal Papa Benedetto XVI in questi giorni a Milano: «La prima qualità di chi governa è la giustizia, virtù pubblica per eccellenza, perché riguarda il bene della comunità intera. Eppure essa non basta. Ambrogio le accompagna un’altra qualità: l’amore per la libertà, che egli considera elemento discriminante tra i governanti buoni e quelli cattivi, poiché, come si legge in un’altra sua lettera, «i buoni amano la libertà, i reprobi amano la servitù» (Epistula 40, 2).
La libertà non è un privilegio per alcuni, ma un diritto per tutti, un diritto prezioso che il potere civile deve garantire. Tuttavia, libertà non significa arbitrio del singolo, ma implica piuttosto la responsabilità di ciascuno. Si trova qui uno dei principali elementi della laicità dello Stato: assicurare la libertà affinché tutti possano proporre la loro visione della vita comune, sempre, però, nel rispetto dell’altro e nel contesto delle leggi che mirano al bene di tutti. […] Lo Stato è a servizio e a tutela della persona e del suo «ben essere» nei suoi molteplici aspetti, a cominciare dal diritto alla vita, di cui non può mai essere consentita la deliberata soppressione. Ognuno può allora vedere come la legislazione e l’opera delle istituzioni statuali debbano essere in particolare a servizio della famiglia. Lo Stato è chiamato a riconoscere l’identità propria della famiglia, fondata sul matrimonio e aperta alla vita, e altresì il diritto primario dei genitori alla libera educazione e formazione dei figli, secondo il progetto educativo da loro giudicato valido e pertinente. Non si rende giustizia alla famiglia, se lo Stato non sostiene la libertà di educazione per il bene comune dell’intera società.»

Sì, noi amiamo la libertà, non ci fa paura, e sappiamo che su questa strada ci possiamo sempre incontrare con coloro che Giovanni XXIII chiamava gli «uomini di buona volontà». Un confronto e un dialogo sono sempre possibili, all’unica condizione che l’amore alla verità sappia prendere le distanze da ogni ideologia e da ogni schematismo.

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