Condividi:

"Credere e conoscere"

Fonte:
CulturaCattolica.it

Smettiamola di usare la Chiesa per fare i propri comodi (una volta si diceva «porci comodi», ma non sembra più politically correct). E smettiamola anche di usare porporati anziani, definiti «massime autorità spirituali del nostro tempo», perché in qualche modo (qualsiasi modo!) diano l’imprimatur alle proprie convinzioni, facendole così passare come le uniche accettabili, in linea coi tempi, rispettose dei desideri degli uomini e delle donne d’oggi (ma soprattutto degli omosessuali, che di questi tempi sembrano essere l’unica categoria di persone degne di attenzione e di rispetto).
Quando si affrontano questioni delicate, forse sarebbe auspicabile un po’ di precisione, una capacità di inquadrare i problemi, una esposizione non apodittica. Così si permetterebbe al lettore di farsi una idea propria. Ma evidentemente è proprio questo ciò che nel mondo dei mass-media oggi non si vuole affatto, perché la logica imperante è la logica del potere e l’obiettivo è l’omologazione. Chi dissente stia zitto: non ha diritti. E se osa fare presenti le proprie ragioni (il caso Freccero docet) può solo essere brutalmente attaccato, offeso e svergognato (fino a usare epiteti, come culattone - che da titolo onorifico diventa la massima espressione del disprezzo - e fascista, offesa buona per tutte le stagioni).
Nell’articolo del Corriere della Sera che riporta il capitolo del dialogo tra il Card. Martini e l’on. Ignazio Marino a proposito della omosessualità (riducendo le questioni morali sui cosiddetti “temi etici sensibili” alla questione dei gay, delle loro convivenze, ecc…) si inizia con una affermazione che, quanto meno – per un cattolico – va discussa: «Mi sembra che l’ipotesi della possibilità di un distacco completo fra sessualità e procreazione porti a interrogarci anche su questo punto [la questione della omosessualità].»
In uno straordinario documento di Augusto Del Noce, egli affermava (citando un pensiero di Reich) che: «la concezione del desiderio sessuale inteso al servizio della procreazione è un mezzo di repressione della sessuologia conservatrice. È una concezione finalistica e dunque idealistica. Presuppone dei fini che devono essere necessariamente di origine sovrannaturale. Reintroduce un principio metafisico e perciò tradisce un pregiudizio religioso o mistico». Possiamo tradurre, in termini appena diversi: ci sono nella storia, come costanti, due strutture tipiche in eterno conflitto: la morale, che in ultima analisi suppone un fondamento metafisico- trascendente, anzi soprannaturale; la libertina, che, negati questi fondamenti, deve vedere la piena esplicazione della vita nella «felicità sessuale», posta come fine a se stessa, e quindi liberata dall’idea di riproduzione».
Qui sta tutta la questione, e una seria riflessione deve poter mostrare i corni della problematica.

A seconda dell’orientamento scelto – e possiamo anche non entrare nel merito, lasciando alla libertà del singolo di esprimere la propria opzione – le conseguenze sono diverse. Allora chiediamo a chi, oltre che essere una delle «massime autorità spirituali del nostro tempo», è Cardinale di Santa Romana Chiesa, di aiutarci a capire – e non a dimenticare, o a contestare – il Magistero tradizionale.

Non si può pensare che la sessualità sia ciò che insegna da sempre la Chiesa, fedele alla Rivelazione, e nello stesso tempo sia ciò che pensa un certo mondo, che ritiene l’insegnamento cristiano un elemento negativo da superare. Non si può leggere nella Bibbia ciò che dice san Paolo sulle pratiche omosessuali e poi esprimere un giudizio differente sulla omosessualità, meglio, sul comportamento omosessuale. Orwell parlava di bis-pensiero: Gesù nel Vangelo dice che il nostro parlare sia «sì, sì e no, no». Abbiamo bisogno ancora di questa chiarezza.

Allora sarà utile un confronto, e stimiamo il Papa che, anche nelle questioni più controverse, riporta sempre ai fondamenti della dottrina che - e di questo siamo fermamente convinti - è capace di allargare la ragione, sostenendo l’uomo nelle sue scelte, perché possa vivere secondo la verità della propria natura.
A fronte di temi così delicati, spiace invece leggere, nelle risposte del Cardinale, tanti “mi sembra”, “io penso”, “non credo”, “non mi pare”: in quest’epoca di relativismo imperante non abbiamo bisogno di sentire opinioni, seppur autorevoli, ma di Pastori che guidano, sicuri, il loro popolo. Spiace, soprattutto, vedere l’interlocutore del Card. Martini che sembra approfittare della sua fatica, o debolezza. Sentite cosa scrive Armando Torno sulla genesi di quel testo: «Pagine nate lentamente e, negli ultimi tempi, costate un sacrificio particolare a sua eminenza. La voce è stata sovente sostituita dalla scrittura. Marino si recava dal cardinale e quel loro dialogo proseguiva a volte con gli strumenti tecnologici, che Martini conosce benissimo. Non vanno esclusi sguardi, silenzi, pause di riflessione». Spiace perché sembra di assistere a una forzatura. Là dove il parlare si ferma, perché avrebbe bisogno di tempo, chiarimenti, approfondimenti, silenzio, ecco che l’incalzare della domanda e della definizione costringe a semplificazioni e riduzioni che mortificano il pensiero.

Ad altri, e a chi di dovere, ulteriori precisazioni; quello che ferisce è che, in questi tempi, sembra che l’unico problema interessante per gli uomini sia la distruzione della famiglia, come fondamento della società. Se chi scrive sui quotidiani e sui periodici che “contano” non ha altro di meglio che parlare dei tabù della Chiesa per informare i propri lettori, si chieda se non è preda di altri e ben più terribili tabù: quelli sul rispetto della verità, della serietà del confronto, dell’informare senza manipolare!

Vai a "Ultime news"