Lo lasceremo ancora passare, indifferenti, o avremo il coraggio di seguirLo?
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“Entrai nel mio già abituale / fornitore, dopo / non so che lunga assenza. / Tutto era mutato. / Quasi /non riconoscevo il locale. / Nessuno al banco. / Diedi /una voce. / Aspettai. / Aspettai a lungo. / Battei, / fuor di pazienza le mani. / Apparve (sulla trentina, / di strano colorito) un tizio / (certo di razza non latina) / da me mai prima visto / né conosciuto. / " Mi chiamo", / mi fece, "Gesù Cristo. / Da tempo qui è cambiata gestione. / Venni con mio padre. / Sono anni. / Mio padre è morto. / Ora, / come voi stesso vedete, / sono solo nella conduzione / dell'esercizio. / Comunque, / eccomi a voi. /Chiedete, / e cercherò d'esser pronto / a soddisfarvi. / Il conto non vi preoccupi. / E' un pezzo / che, specie s'è alto il prezzo, / ormai uso far credito. / Ditemi. / Salderete / come e quando vorrete". /Crollai il capo. / Aveva pur parlato, / è indubbio, a chiare e oneste note. / Ma allora, perché uscii / a mani vuote?...” (Mancato acquisto, in Res amissa). Si esprime così Giorgio Caproni, sincero e tormentato poeta del secolo scorso. La domanda con cui sigilla la sua poesia, può essere assunta quale emblema della condizione dell’uomo europeo che sembra preferire le mani vuote alla soddisfazione. Lascia cadere l’offerta che gli viene rivolta, non chiede ciò che può costituire una promessa di bene. La solitudine è ancor più sottolineata dalla dichiarazione della morte del padre, tragedia del XX secolo, in cui l’uomo, dopo il rifiuto di Dio, si è trovato orfano anche del padre terreno. Caproni sembra dar voce alla cultura europea un tempo protagonista dell’evangelizzazione dei popoli, mentre ora è terra ferita dalla scristianizzazione, lacerata al suo interno da una frattura dolorosa tra credere e sapere. La considerazione della scienza come unica depositaria del sapere, in opposizione alla fede ritenuta estranea alla ragione in quanto ambito esclusivo del sentimento, di scelte individualistiche o volontaristiche, ha segnato la strada a una progressiva sconfitta della ragione stessa, sostituita, nella prassi quotidiana, da una irrazionalità emotiva, spesso violenta, che ha come unico riferimento la propria reazione immediata. Eppure Gesù Cristo ha parlato chiaro, si è espresso “a oneste note”, ma si è preferito non ascoltare. La tragedia è che il rifiuto del singolo ha assunto una dimensione sociale, si è allargato a macchia d’olio. Dal messaggio di Benedetto XVI per la Quaresima giunge un’indicazione chiara. Se smettiamo di “prestare attenzione a Gesù” ci troviamo estranei. Prevale “l’indifferenza, il disinteresse, che nascono dall’egoismo, mascherato da una parvenza di rispetto per la sfera privata”. Il Papa cita Paolo VI: “Il mondo è malato. Il suo male risiede meno nella dilapidazione delle risorse o nel loro accaparramento da parte di alcuni, che nella mancanza di fraternità tra gli uomini e tra i popoli” (Populorum progressio). Dice ancora Caproni: Lo abbiamo / lasciato passare diritto / davanti a noi. / / E solo / quand’è scomparso, il deserto / ci è apparso chiaro. / Che fare […] Abbiamo / scosso le spalle. / Faremo, / ci siamo detti, senza / di lui. / Saremo, / magari, anche più forti / e liberi. / Come i morti» (Determinazione, in Il franco cacciatore, 1973-1982). Già, come i morti. Abbiamo lasciato passare Gesù, indifferenti e ci siamo ritrovati nel deserto. Come può essere che l’altro, chi mi sta a fianco, mi appartenga così che, come dice il Papa, “la sua vita, la sua salvezza riguardano la mia vita e la mia salvezza?” Solo se accogliamo Gesù che ci viene incontro anche oggi nel deserto potremo ritrovarci insieme. È in Lui che gli uomini ritrovano un’unità altrimenti impossibile. E la salvezza, pagata per noi a prezzo del Suo Sangue.