La farfalla di Belen
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Dopo le provocazioni di Celentano a tenere desta l’attenzione sul Festival della Canzone Italiana è stata la farfalla che Belen ha tatuata sull’inguine e che ha prontamente esibito con un abito studiato ad hoc perché uno spacco vertiginoso non lasciasse spazio all’immaginazione.
Tutti a chiedersi se la soubrette aveva o non aveva le mutande, come se fossero due centimetri di pizzo in più o in meno a cambiare la sostanza.
Meno male che Belen è schietta, e non ha finto che si fosse trattato di un imprevisto, di una cucitura venuta male, un incidente di percorso, no, ha rilasciato un’intervista dove ha chiarito:
"Sono la donna delle provocazioni, mi piacciono i contrasti. La prima sera mi sono presentata come una principessa, con i capelli raccolti e il vestito nero; la seconda ho esagerato. Ho fatto, com'è che si dice... l'ammaliatrice. Ma gli slip c'erano", (ora siamo più tranquilli?) e poi per ribattere alle dichiarazioni del Ministro Fornero ha aggiunto: "Faccio parte del mondo della tv e la tv è show. Non scrivo le leggi. Farebbe clamore se fosse una parlamentare a scendere le scale con quello spacco".
A dire il vero che Belen avesse o no le mutande, poco conta, è chiaro a tutti che ogni mezzo vale per tenere il popolo attaccato alla tv.
Dell’immagine che diamo all’estero, poco importa. Si tratti di politici dediti al bunga bunga, di rifiuti che soffocano le città o di Festival che dovrebbero essere della canzone Italiana e non del delirio di onnipotenza di un predicatore o della farfalla inguinale di una furba soubrette a nessuno importa nulla se non del ritorno di audience.
Come a nessuno importa davvero dell’immagine veicolata ai giovani, siamo il paese dove il cantante minorenne non può cantare dopo mezzanotte, ma sul palco del Festival si sprecano i doppi sensi, e le allusioni.
Che fare? Spegnere come fa il ministro Elsa Fornero? Anche.
Che dire? Predicare come fa Celentano? Ne abbiamo abbastanza di prediche e sfide a singolar tenzone.
Diceva De Andrè “si sa che la gente da' buoni consigli, se non può dare cattivo esempio.”
Io direi che non rimane che “educare”.
Sfidare il relativismo che impregna ogni ambito della nostra vita, riscoprendo la forza della bellezza, la necessità di ricominciare ad assumersi delle responsabilità, nei confronti dei figli, della famiglia, della società.
Crescere figli che possano vedere esempi buoni, lavorare perché i giovani capiscano che ci si può appassionare alla vita e che la passione per la vita rende tutto nuovo, lo studio, il lavoro la fatica. Educare giovani capaci di lottare per la libertà, non confondendola con la possibilità di fare ciò che si vuole, ma di amare ciò che conta.
Solo così ci saranno donne capaci di valorizzare la bellezza come un dono caduco, arriverà il giorno in cui le rughe vinceranno, il seno soccomberà alla forza di gravità, ma se si sarà veramente vissuto, vincerà il fascino di chi ha molto amato, e intensamente vissuto.
Certo, non è facile, è come risalire la corrente, ma non vedo altro modo di cambiare il mondo e costruire il futuro se non quello di ripartire dall’IO”, dalla bellezza, dall'allegria, dalla riscoperta del vero senso del vivere.
Il colore è la tastiera
Gli occhi sono l’armonia
L’anima è il piano
L’artista è la mano che suona
toccando le chiavi che fanno vibrare
le corde dell’anima
(Wassili Kandinsky)