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Più realisti del re

Fonte:
CulturaCattolica.it

Ogni tanto c’è qualcuno più realista del re, che in nome della laicità e del rispetto delle convinzioni degli altri, si dimentica che – se di rispetto si tratta – di rispetto per tutti deve trattarsi. Ma, al solito, ci sono sempre quelli che tale rispetto non meritano. Gli iper-realisti di turno, infatti, sempre più spesso nascondono, sotto la maschera del “rispetto”, la loro inconfessabile volontà di egemonia e di prevaricazione, usando gli spazi pubblici per un progetto di invasione lenta ma capillare delle coscienze. In questo tempo di pedofili e arraffatori, a costoro bisognerebbe dare una bella lezione. Che stiano al caldo nelle sacrestie, nell’attesa che se ne vadano alla malora!
E così ecco una storia fotocopia di tante altre: i vari membri di un Consiglio di Istituto, democratici per definizione, votano compatti contro la pretesa clericale di «impartire una benedizione» agli ignari bambini delle elementari (come si evince da un articolo pubblicato sul quotidiano Libero, l’11 febbraio 2012).
Certo, la forma pare essere salva: il Consiglio di Istituto si è espresso (non si sa se a maggioranza o all’unanimità) e quindi non c’è altro da fare che accettare la decisione. E chi si oppone è contro le regole della democrazia.
Non conosco i particolari della vicenda, se non le scarne indicazioni che ne ha dato il quotidiano - secondo cui il Preside avrebbe pure affermato che la benedizione «non rientra nei programmi scolastici» - e la reazione dei genitori che, a mio avviso giustamente, si chiedono «Come mai non sono mai le persone di fede diversa ad opporsi alla tradizionale benedizione natalizia nelle scuole, ma coloro che non credono o non vivono una esperienza religiosa?»

La notizia, ancorché appena comunicata, sembra datata. Ma la questione pare di stretta attualità. Di che cosa si tratta? Già nel sito abbiamo riportato la vittoria del Vescovo di Grosseto contro il ricorso dell’UAAR a proposito della visita del Vescovo stesso agli alunni della scuola, in occasione della visita pastorale; incontro che si sarebbe dovuto tenere salvaguardando la libertà degli studenti di parteciparvi o meno. A dire il vero, si sta diffondendo una mentalità che sente con fastidio tutto ciò che ha riferimento col cristianesimo e con la Chiesa cattolica, dando ragione a quanto già diceva Nietzsche, quando affermava che «sarà il nostro gusto a decidere della fede». Non la verità, non il rispetto, non la storia né i fatti, ma la sensibilità «democratica» offesa, l’astio e il pregiudizio, il «politically correct» e il fastidio per ciò che non ci garba, e di cui speriamo presto la fine.

Che fare? Sembra il solito ritornello, ma più di sempre repetita iuvant: senza educazione (e quindi senza testimoni autentici e persuasivi per l’attrattività del loro vivere) si starà sempre di fronte al declino dell’umano e della libertà senza poter proporre nessuna alternativa, certi di non essere noi lo Schettino di turno (lui sì che merita il nostro biasimo, di noi che mai e poi mai avremmo fatto come lui: scherziamo?!). Una educazione che sappia mettere al posto giusto i valori e il rispetto, che non si trinceri dietro argomenti solo apparentemente convincenti, che devono, per apparire tali, dimenticare molti fattori, il primo dei quali è il buon senso.
Educare certo, e dare le ragioni, ma soprattutto fare in modo che quanto già affermava Giovanni Paolo II sia la realtà della vita: la fede deve diventare cultura, non lasciando ai soliti «intelligenti» di interpretare la realtà.
In questi giorni sono impressionato dall’avere visto i commenti alla storia del pensiero scientifico da parte di chi legge la realtà secondo una accezione ridotta. Ho imparato a pensare alla ragione come «coscienza della realtà secondo la totalità dei suoi fattori». Bisogna riprendere il cammino, la responsabilità e la capacità di lottare.

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