Condividi:

Rachida Rida, massacrata perché troppo integrata

Fonte:
CulturaCattolica.it
Rachida 35 anni veniva dal Marocco, aveva due figlie di quattro e undici anni e un marito che non accettava i suoi cambiamenti, i suoi sforzi per integrarsi, la sua voglia di indipendenza

Sorbolo Levante, frazione di Brescello - dici Brescello, e pensi ai film che qui sono stati girati con protagonisti Peppone e don Camillo, eterni rivali ma consapevoli ognuno di cosa davvero contasse nella vita di un uomo.

Oggi Brescello è un paese con 5600 abitanti più del 10% sono immigrati, i turisti circolano per il centro a cercare i luoghi che hanno fatto da set ai film tratti dai libri di Giovannino Guareschi, al bar sotto i portici o sulle vie che portano al Museo del cinema, è chiaro che non tutti parlano brescellese.
Culture, lingue, tradizioni e abitudini differenti sono una ricchezza per tutti ma non tutti gli immigrati vedono la necessità di integrarsi e a pagare il prezzo maggiore di questa integrazione difficile e a volte negata, sono le donne che sovente sono quelle che a questa integrazione anelano.

L’ultima tragedia racconta un’altra storia di violenza su una donna, colpevole secondo suo marito di non voler più indossare il velo, di frequentare le mamme dei compagni di scuola di sua figlia, di svolgere piccoli lavori in parrocchia, colpevole di cercare di parlare italiano di aver tentato un’integrazione, primo passo per vivere in un paese straniero e crescere dei figli liberi.

Rachida 35 anni veniva dal Marocco, aveva due figlie di quattro e undici anni e un marito che non accettava i suoi cambiamenti, i suoi sforzi per integrarsi in quel paese dove aveva trovato delle amiche, una speranza per il futuro e per le sue figlie.

A suo marito, Mohamed El Ayani, 39 anni, a Brescello dal 1995, sembrava eccessivo il cambiamento che vedeva in sua moglie, gli sembrava sconveniente per un mussulmano avere una moglie che lavora o frequenta il centro ricreativo parrocchiale. Forse gli è parso di perdere autorevolezza, ha temuto le critiche dei compaesani, chissà cosa scatta nella testa di un uomo che si sente padrone della vita della moglie.

Quella non era certo la moglie sottomessa che un mussulmano osservante deve avere con sé, quella moglie che esasperata aveva deciso di chiedere la separazione, gli è sembrata un affronto da lavare col sangue.

Così dopo innumerevoli liti, Mohamed El Ayani, ha preso un martello e ha fracassato la testa di sua moglie, poi ha preso in braccio la bimba di quattro anni ed è andato a costituirsi, pare che ai carabinieri abbia detto “Voleva lasciarmi”.
Ora il corpo di Rachida giace all’obitorio e nessuno ne ha ancora reclamata la salma per la sepoltura.

Rachida è un’altra donna vittima non di un paese inospitale ma di uomini che non ne vogliono sapere di guardare al paese che li ha accolti, che ha dato loro un lavoro, una speranza, un’occasione di cambiamento e di integrazione per loro e per i loro figli e le loro donne.

Ve le ricordate: Hina Saleem a Brescia, Sanaa Dafani a Pordenone, Begm Shnez a Modena, donne la cui storia racconta di un’opportunità che le donne colgono e che scatena negli uomini la rabbia che li porta all’omicidio.

La convivenza tra persone “diverse” per origine e cultura non è sempre facile, ma queste storie raccontano di come la difficoltà più grande è quella che le donne vivono all’interno della loro famiglia.

Non basta che la scuola accolga i figli degli immigrati, che si organizzino corsi di lingua italiana per stranieri, che si cerchi in di mediare tra culture diverse, che si educhi all’accoglienza, queste donne sono per assurdo vittime di un’integrazione che c’era o che cominciava a esserci.

Vai a "Ultime news"