Le lancette della vita
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Disorientati. Come oggi. Spostate indietro le lancette, siamo tornati all’ora solare, e – già me l’immagino - sarà tutto un sentire: “Sono le sette, ma sarebbero le otto”… “Non è arrivata l’ora di pranzo, eppure vorrei mangiare”… “Avrei sonno, ma è troppo presto per andare a dormire…”
Disorientati. Così vedo tanti ragazzi attorno a me e tanti adulti in questo piccolo spaccato di mondo che è la mia scuola e, in lei, la scuola tutta. In questo piccolo spaccato di mondo che è il paese in cui vivo e, in lui, l’Italia tutta. Il mondo, forse.
Guardo intorno e vedo occhi disancorati, disorientati, scontenti. E proprio come accade oggi, con l’ora solare, prestassimo un po’ d’attenzione, ci accorgeremmo che ogni giorno, nei discorsi che facciamo e che sentiamo, a prevalere sono il congiuntivo e il condizionale.
“Se potessi…” “Se non ci fosse la crisi…” “Se al governo ci fossero altri…”
Oppure – non serve neanche dirlo a voce alta: lo si legge negli occhi spenti che troppo spesso incrociano i tuoi, a scuola e nella vita – “Vorrei essere da un’altra parte, a fare altre cose, con altre persone che non siano queste”.
Comunque la si guardi, in entrambi i casi è… fuga. Lancette troppo avanti o troppo indietro: nostalgia in un caso, sogno nell’altro, e incapacità, sempre, di accogliere e di vivere pienamente il presente.
L’esito, inevitabile, è la scontentezza, la frustrazione, l’inerzia, la disperazione.
Mi fa riflettere l’ora solare, il riposizionamento delle lancette dell’orologio affinché corrispondano nuovamente ai ritmi astronomici. L’ora legale, buona e giusta per i tanti motivi che sappiamo, è comunque una finzione. E invece abbiamo bisogno, tutti, di imparare di nuovo come solo l’aderenza e l’amore per la realtà e per il presente possono rendere viva la vita. E gustosa. E piena.
Serve però uno sguardo diverso, contagiosamente fiducioso.
Serve, innanzitutto, non sentirsi soli, fluttuanti, in balia del nulla. Serve sentirsi nuovamente figli. E avvertire, presente e viva, la Mano sicura che tiene, stretta, la nostra.
L’ho imparato al liceo, studiando filosofia. Se c’è l’orologio, con tutti quegli incredibili, minuscoli ingranaggi che lo costituiscono e lo fanno funzionare, è ragionevole pensare che, prima, ci sia stato un orologiaio abile e paziente. L’ho imparato a sedici anni. E’ stata la ragione ad insegnarmelo.
Oggi, 30 ottobre, ripristino dell’ora solare, credo che abbiamo bisogno di recuperare questa riflessione, affinché diventi certezza salda come roccia. Partendo da un dato di realtà concretissimo. Dalle lancette dei nostri orologi, che ci dicono esattamente che ora della nostra vita, unica e irripetibile, ci è data di vivere. Qui e non da un’altra parte. Con i volti che abbiamo accanto e non con altri.
L’Orologiaio ha creato pazientemente e con amore infinito l’orologio che ognuno custodisce, da sempre, dentro il suo cuore. E’ Lui a conoscerne perfettamente gli ingranaggi. Ha caricato Lui la batteria. Ci ha donato la vita e, in essa, un orologio creato appositamente per ciascuno di noi. Facessimo silenzio, ogni battito del cuore, con il suo inconfondibile ticchettio, ce ne ricorderebbe la presenza.
Chi ha regalato ad ognuno vita, e lancette, e tempo, ora ci chiede di fidarci, perché la realtà che ci è data e non abbiamo scelto è “buona”. Va accolta e amata non al congiuntivo o al condizionale ma all’indicativo presente. Senza rimpianti o rimorsi per il passato, magari con un po’ di occhio al futuro, ma giusto un po’. Poco poco. Per ricordarci in che direzione andare.
Perché, ormai dovremmo averlo imparato, il destino, e cioè il compimento pieno della nostra vita, è nelle Sue mani. A noi è chiesto davvero poco per essere felici. Solo un “sì” pronunciato con gratitudine e con fiducia. Sì ad ogni minuto della vita: di QUESTA vita. Sì ad ogni battito del cuore…