«Cancellare la ragione»
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Ho appena finito di leggere il mare di idiozie del solito sito degli atei: «Cancellare la ragione» deve diventare il loro motto ufficiale.
Il titolo del loro articolo parla di legge «liberticida» a proposito della proposta sui DAT e non si accorgono di essere solo a favore di ogni legge «omicida». Sia l’aborto o l’eutanasia.
È preoccupante pensare che il loro concetto di ragione è così contrario a quanto gli uomini nella loro saggezza nei secoli hanno imparato, a partire da Ippocrate («Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per tutti gli dei e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto: di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò quest’arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal giuramento del medico, ma nessun altro.
Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio; mi asterrò dal recar danno e offesa.
Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, né suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.
Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. Non opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi rivolgerò a coloro che sono esperti di questa attività.
In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa a liberi e schiavi.
Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell’esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili.
E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell’arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro») fino alle osservazioni di Kant sull’imperativo categorico (riflessioni che qui riporto, come si possono trovare sintetizzate in qualsiasi ricerca in internet: L’imperativo categorico non è altro che l’obbligazione assoluta che la ragione ci fa di agire “razionalmente”. Ora “agire razionalmente” significa essenzialmente tre cose: agire universalmente, considerare ogni uomo come essere razionale, considerare la ragione come fonte della legge. Kant esprime queste tre esigenze nelle tre formule dell’imperativo categorico:
- «Agisci in modo che tu possa volere che la massima della tua azione divenga universale».
- «Agisci in modo da trattare l’uomo, così in te come negli altri, sempre anche come fine e non mai solo come mezzo».
- «Agisci in modo che la tua volontà possa istituire una legislazione universale». [http://www.homolaicus.com/teorici/kant/kant3.htm]).
Sono solo alcuni spunti, che richiedono un approfondito confronto. Ma non lasciamoci irretire da affermazioni che testificano di non sapere minimamente che cosa sia la libertà, la quale – come la ragione – è un valore che certi sapienti razionalisti non sanno neppure dove stia di casa. Basta leggere i commenti sul loro sito, il disprezzo che manifestano per chi dissente, che è sempre considerato in «malafede» (loro dicono troll).
Certo che, se le leggi e le norme dovranno poi essere applicate e interpretate da questi individui, chissà che cosa ne sarà dell’uomo!