"La bontà insensata. Il segreto degli uomini giusti"
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Il 22 gennaio 2010 il Convegno del Comitato Foresta dei Giusti è stato dedicato a Guelfo Zamboni, Vasilij Grossman, Marek Edelman, ricordati come uomini Giusti in occasione della Giornata della Memoria del 27 gennaio celebrata in tutto il mondo per ricordare la Shoah.
In un’epoca di barbarie, violenze e persecuzioni antisemite, quale quella della Seconda guerra mondiale, non sono infatti mancati uomini che hanno lottato contro i regimi totalitari del loro tempo mettendo in salvo migliaia di ebrei e operando il bene. E il giudice Moshe Bejski, scampato alla deportazione grazie all’aiuto di Oscar Schindler, alla fine della guerra, ha dedicato la sua vita a rintracciare tutti coloro che, non ebrei, contribuirono a mettere in salvo gli ebrei durante la persecuzione nazista, portando alla luce i loro nomi accompagnati dall’attributo giusto e ricordati con un albero piantato per loro nei giardini del Memoriale a Gerusalemme e in tutto il mondo.
Anche quest’anno, il 24 gennaio 2011, al Teatro Franco Parenti di Milano, gli amici della Foresta dei Giusti si sono ritrovati per la presentazione del nuovo testo di Gabriele Nissim, giornalista e saggista, “La bontà insensata. Il segreto degli uomini giusti”.
L’iniziativa è stata promossa dall’Editore Arnoldo Mondadori, dal Teatro Franco Parenti e dal Comitato dei Giusti, presieduto dall’autore.
La direttrice del teatro Andrée Ruth Shammah ha commentato lo scopo dell’incontro e presentato, oltre all’autore del libro, i relatori Antonio Ferrari editorialista del Corriere della Sera, il filosofo Salvatore Natoli, il docente dell’Università Cattolica di Milano Vittorio Emanuele Parsi, e l’oncologo Umberto Veronesi.
“La presentazione del nuovo testo di Nissim non è stata organizzata soltanto per presentare un libro”, ha precisato la Shammah in apertura, ma piuttosto per offrire al pubblico e ai relatori l’occasione per ripensare al significato che la Giornata della Memoria evoca in ciascuno di noi, superando la retorica e il vuoto che spesso i riti celebrativi comportano e ai comportamenti di uomini che non hanno accettato l’affermazione del male come ineluttabile, e si sono opposti ad esso con la speranza, l’amore alla vita, la pratica del bene.
La riflessione sui giusti “non ha nulla di consolatorio –ha detto Nissim, riprendendo le frasi del libro – non è un grimaldello per ipotizzare una trasformazione della realtà, ma è un tipo di esperienza che, indagata in profondità, ci può permettere di vedere il mondo con occhi diversi. E’ una piccola fiammella che illumina le situazioni estreme, che non ci fa perdere la fiducia nell’uomo,… che permette di ricominciare quando ci si sente impotenti”.
Per questo il loro ricordo è prezioso in ogni epoca.
“La bontà insensata“ raccoglie e sintetizza le esperienze e le riflessioni di tutta la vita dell’autore, illuminate dai colloqui con Moshe Bejski, nel corso dei quali questi due appassionati ricercatori della verità si sono interrogati sulle motivazioni profonde che spingono un uomo ad aiutare il suo simile e sull’ampiezza di significato da dare all’espressione “uomini giusti”.
Certamente con essa non ci si vuol riferire a persone che appartengono ad uno specifico schieramento politico, ad una determinata ideologia, razza o religione; essi attraversano con la loro vita normale i momenti più oscuri della storia e con atti inaspettati e sorprendenti affermano la propria umanità e responsabilità interrompendo la “catena del male” che appariva invincibile agli occhi di tutti e possono appartenere a tutte le nazionalità e strati sociali, avere diverse convinzioni politiche e religiose.
La storia della palestinese Arin Ahmed, del bulgaro Dimitar Pesev, di Jiri Pelikan, protagonista della Primavera di Praga, del sergente tedesco Anton Schmidt e dei molti altri citati nel libro lo dimostrano.
Antonio Ferrari ha ricordato fra questi Guelfo Zamboni, salvatore di migliaia di ebrei a Salonicco, quando nella Seconda guerra mondiale, la città greca ospitava la più grande comunità di ebrei sefarditi al mondo ed era occupata dalle truppe naziste. Il relatore ha anche invitato i presenti a far propria la saggia esortazione di Marco Aurelio citata da Nissim: non pretendiamo che nella nostra vita si realizzi la perfezione della repubblica di Platone, ma accontentiamoci piuttosto di imparare a vedere i piccoli risultati operati da chi cambia la vita propria e degli altri. Scopriremo nei gesti piccoli uomini grandi.
Continuando la riflessione sul tema fondamentale dell’incontro,“Il giusto può essere definito - secondo Salvatore Natoli - come colui che in determinate circostanze è capace di diventare amico di un prossimo a lui sconosciuto e si assume il compito di riparare ai torti da lui subiti, trasforma un estraneo in un suo amico e si prende cura di lui”
Nel Qohelet, uno dei testi biblici “più inquietanti” si può già trovare una prima definizione del concetto di giustizia là dove si afferma che essa non consiste nel conformarsi a regole assolute e prefissate, ma nel riconoscere che ”la relazione con l’altro è la salvezza” e nel cercare quindi di vivere cercando in ogni circostanza l’accordo e la solidarietà tra gli uomini.
Emanuele Parsi ha individuato nell’umiltà la dote più profonda di Nissim, che ha scritto un libro sapendo che sull’Olocausto e sui Giusti molto è già stato detto, e scegliendo come titolo della sua opera un’espressione di Vasilij Grossman, per sottolineare la totale identità di concezioni e sintonia con lo scrittore russo. Ma l’autore ha voluto spingersi oltre le meditazioni degli anni precedenti, per interrogarsi sulle motivazioni profonde che spingono un essere umano a sfidare l’ideologia dominante e a cercare di mettere in salvo chi è ingiustamente perseguitato.
Parsi sottolinea che, in accordo con Bejski, anche Nissim non ritiene che la discriminante per designare un uomo giusto sia il rischio della vita affrontato da uomini senza macchia e senza paura, ma quell’ insensatezza della bontà che prende ispirazione dalla voce segreta della propria natura di uomo, dal rispetto per la vita, dalla compassione nei confronti degli altri.
L’ultimo relatore è Umberto Veronesi che la Shammah non esita a far rientrare nella categoria degli uomini che con la propria opera e cura hanno concepito la esistenza al servizio degli altri. Dal suo punto di vista il libro è una grande requisitoria contro ogni forma di fanatismo e intolleranza, ma il suo maggior pregio consiste nel messaggio di solidarietà fra gli uomini e di pace che esso veicola.
Nissim interviene rivelando quale sia quel segreto degli uomini giusti che ha voluto porre come sottotitolo de La bontà insensata e quale l’importanza di non dimenticare la storia passata..
Dopo aver riletto i grandi pensatori del Novecento e in particolare Hannah Arendt e Vasilij Grossman, è maturata in lui la convinzione che le azioni di tanti uomini giusti siano state dettate dal desiderio di felicità e dal senso di sollievo dell’animo che vengono dal non aderire passivamente al potere dominante e dall’ascoltare il proprio cuore irriducibilmente convinto che le tenebre non possano prevalere e la speranza spegnersi.
Il grande problema tuttora aperto è la prevenzione del male, e la conseguente responsabilità di ogni uomo, dalla quale nessuno può sentirsi esonerato.
Il male non è infatti scomparso con l’apertura dei cancelli di Auschwitz: i regimi totalitari non sono stati debellati e i genocidi continuano sotto gli occhi di tutti. Questo però non deve convincerci ad essere rinunciatari e scettici.
Se alziamo lo sguardo in modo da abbracciare tutta le storia prima di noi, possiamo vedere che il male non ha mai vinto e non potrà essere vittorioso neppure oggi se continueremo a tener viva la speranza e a sentirci confortati dalla memoria dei giusti, imparando da loro, perché, come ha detto Hannah Arendt, essi “sono capaci di prendere in mano il destino e, nel loro piccolo, di spingere la Storia in una nuova direzione”.
Milano 25 gennaio 2011