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Gaudì, le palme e la luce

Fonte:
CulturaCattolica.it

L’architetto Gaudì iniziò una vita ascetica dal momento in cui venne incaricato della costruzione della Sagrada Familia. Povertà, preghiera, digiuno, lettura del Vangelo. Si ricavò uno spazio nel cantiere della cattedrale dove collocò un semplice pagliericcio. Per non perder tempo, dormiva lì, sul posto di lavoro, rinunciando a ogni comodità. Il suo genio creativo e la sua totale dedizione hanno lasciato alle generazioni successive l’impegno di condurre a termine una monumentale chiesa, eco delle cattedrali romaniche da lui studiate per ridare vita a una tradizione antica, in parte ancora depositaria di segreti costruttivi che cercò di scoprire sperimentando e ricreando un repertorio simbolico senza paragoni. Il soffitto è disegnato come un palmeto, ogni palma è una chiesa particolare. Vi lavorò per 43 anni, senza posa. Oggi è un giapponese, lo scultore Etsuro Sotoo, che prosegue l’opera di Gaudì. Anche questo ha dell’incredibile. La frequentazione del maestro Gaudì ha portato Sotoo alla conversione al cristianesimo. E all’immedesimazione con la percezione della realtà che ha condotto l’artista a immaginare “un’immensa mole di materia, frutto della natura e di un incalcolabile sforzo dell’intelligenza umana”. Si arriva a Gaudì guardando dove lui guardava, dice Sotoo, cioè a Dio, Salvatore dell’uomo. Con l’architettura della Sagrada voleva evangelizzare un popolo, il suo popolo catalano che gli portava le offerte dei propri sacrifici per edificare la casa di Dio. “Il libro della natura, della Scrittura, della Liturgia”, come ha ricordato Benedetto XVI, sono stati la fonte ispiratrice di Gaudì che ha “realizzato ciò che oggi è uno dei compiti più importanti: superare la scissione tra coscienza umana e coscienza cristiana, tra esistenza temporale e apertura alla vita eterna, tra bellezza delle cose e Dio come Bellezza…La dedicazione della chiesa della Sacra Famiglia, in un’epoca nella quale l’uomo pretende di edificare la propria vita alle spalle di Dio, come se non avesse più niente da dirgli, è un avvenimento di grande significato”. E con forza ha difeso la famiglia. Dobbiamo fare di tutto perché la fede si esprima in autentica arte, ha detto ai giornalisti sul volo papale. C’è bisogno di bellezza. Dio non è l’antagonista dell’uomo, il nemico della sua libertà, al contrario, è l’origine dell’essere e culmine della nostra libertà. Il viaggio in Spagna ha avuto la prima tappa a Santiago di Compostela, luogo di pellegrinaggio, in cui si tessono le trame delle radici dell’Europa e l’uomo fa esperienza “di uscire da se stesso per andare incontro a Dio dove Egli si è manifestato”. Il Papa ha abbracciato la statua di San Giacomo, gesto rituale di ogni pellegrino, ripetuto nei secoli, tra le lacrime commosse di chi ha percorso a piedi strade polverose che sembravano non terminare mai, portandosi pesi segreti, il bisogno del perdono. “Come l’uomo mortale si può fondare su se stesso e come l’uomo peccatore si può riconciliare con se stesso? Come è possibile che si sia fatto pubblico silenzio sulla realtà prima ed essenziale della vita umana?” Nella Sagrada entra la luce dorata del giorno. E’ segno della luce di “Dio, sole delle intelligenze”, calamita dei nostri cuori, che ci attrae a Sé.

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