In risposta a Ferrara
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Ho letto con attenzione l’articolo di Giuliano Ferrara, e lo condivido: la «caccia alle streghe» che lui denuncia nei confronti della Chiesa cattolica è l’aspetto più evidente di questi sussulti moralistici dei mass-media. Sembra proprio che si usi di tutto solo per screditare la chiesa. E l’effetto è assicurato: basta andare nelle classi, a scuola, tra i più giovani, e respirare l’aria di scherno, di sospetto, di fastidio nei confronti di tutto ciò che attiene al cristianesimo in quanto presenza istituzionale.
È un gioco al massacro che renderà sempre di più i giovani preda del consumismo e dell’erotismo dilaganti. A questo proposito, non perdiamo la lezione di Del Noce, che trovate sul sito. Aveva letto profeticamente il dramma in cui oggi siamo immersi.
Ma c’è un’altra considerazione che supera quanto il bell’articolo di Ferrara afferma: l’ho espressa nell’editoriale, ma voglio riprenderla ed approfondirla. C’è «un antidoto alla pedofilia» e agli abusi sessuali dei sacerdoti? Ritengo che la questione vada posta, e che la soluzione – che si fatica a delineare chiaramente – metta in discussione molta educazione cattolica, ma soprattutto il modo con cui si guarda al magistero del Papa, sia l’attuale che Giovanni Paolo II. Troppo mondo ecclesiastico non ha saputo imparare la lezione di «Amore e responsabilità» e le udienze sull’amore umano (raccolte nel bel volume Uomo e donna lo creò), preferendo leggere il suo altissimo magistero con gli occhiali deformanti di «progressismo o conservazione», e interpretando l’insegnamento del Concilio Vaticano II secondo la categoria della rottura, invece che secondo l’ermeneutica della continuità. Così si sono date in pasto ai giovani (se pure li si sono incontrati) analisi e riflessioni più «politically correct» che fedeli all’insegnamento della Chiesa, e si è dimenticata la grave «emergenza educativa» che ci avrebbe fatto vivere con senso di protagonismo la nostra presenza nel mondo. E si è disquisito di sacerdozio alle donne e di matrimonio dei preti, come se fossero la soluzione al problema della vocazione, riversando forse sui giovani più le proprie frustrazioni che l’autentica dottrina del Signore.
Quante volte i seminari sono stati preda di dottrine eterodosse, e quante volte i nemici conclamati sono stati i movimenti (in particolare CL), piuttosto che lo spirito del mondo!
Credo che sia giunto il momento più che di una autocritica, di una vera «metanoia», che vuol dire cambiamento di rotta, di direzione. E di saper valorizzare quanto lo Spirito ha suscitato tra noi. A cominciare dai movimenti. E che i movimenti stessi riscoprano la forza e la responsabilità della loro presenza. Non bisogna perdere l’invito accorato della lettera a Diogneto: «Ci è dato un compito che non possiamo disertare».
Solo così la Chiesa potrà «rinascere nelle anime», come diceva Guardini, e ritornare ad essere ciò che dà speranza ed entusiasmo ai giovani, come ancora quel grande educatore di schiere di giovani affermava: «La Chiesa è l’intera realtà veduta, valutata, vissuta, dall'uomo totale. In lei soltanto c'è la totalità dell'essere; ciò che nell'essere è grande e ciò che è piccolo, la sua profondità e la sua superficie, la nobiltà e l'insufficienza, la miseria e la forza, lo straordinario e il quotidiano, l'armonia e la disarmonia. Tutti i beni nella loro graduatoria, conosciuti, affermati, valutati, vissuti. E non dal punto di vista di una individualità parziale, ma dell'umano integrale.
La totalità del reale, vissuta e dominata dalla totalità dell'umano: ecco, vista da questo lato, la chiesa» (Guardini, La realtà della Chiesa, Morcelliana).
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