Alda e Natuzza
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Ci hanno lasciati una dopo l’altra, in silenzio. Due donne importanti per il nostro tempo travagliato. Due vite diverse che si sono sicuramente incontrate per la prima volta in cielo ma che, a ben guardare, anche sulla terra avevano qualcosa in comune. Innanzitutto l’adesione alla realtà, a un vissuto doloroso ma sempre amato, in cui è fiorita la gratitudine. Poetessa l’una, madre di famiglia con doni mistici l’altra, legate da una visione della vita fuori dal comune. Parlo di Alda Merini, poetessa milanese e Natuzza Evolo, calabrese, di umili origini e di vita ritirata, se pur cercata da moltissimi che vedevano in lei un aiuto per affrontare situazioni di vita difficili. Natuzza è stata donna di preghiera, incessante, alla Vergine Maria. Mistica e poesia: due forme dello sguardo che non calcano le vie della quotidiana abitudine. La poesia di Alda Merini è un indagare accorto, abitato da una domanda profonda, che regala visioni stupende, piene di meraviglia grata. Scoperta e dono, la poesia ci raggiunge, penetra, come un occhio aguzzo, per svelare ciò che è nascosto, nell’ombra e nel fondo dell’anima. La Merini disse che Cristo “è il poeta per eccellenza” e che i giovani, quelli che andavano ad ascoltarla quando leggeva le sue poesie, “cercano Cristo perché è il bene assoluto”. Con la sua poesia si è rivolta a Lui e a sua Madre, Maria, innalzando una preghiera sublime. Verrà rieditato postumo il suo “Poema della croce” con il primo titolo da lei pensato, “Il carnevale della croce”. Possiamo prenderla come una risposta esistenzialmente toccante e vera alla sentenza della Corte europea che condanna la presenza del crocifisso nelle scuole. Più che l’affermazione di un diritto, sembra trascinare con sé l’odio del mondo verso il suo Salvatore. Quel legno “era l’albero della profondità del male,/ quel legno ha messo radici in tutto il mondo”. “E come fa, secondo te, Padre,/ un uomo così tenero come me,/ il figlio di Maria,/ a non farsi udire?/ Ma io sono nato nel silenzio,/ sono stato concepito nel silenzio./ E adesso, se mi inchiodano sopra una croce, non fanno che inchiodare le ali di una farfalla/ finalmente libera. / Posso significare, Signore,/ questa piccola mia grande scoperta: che la viltà è solo un inganno/ e la passione è solo un tremore di carne,/ la passione è solo una rosa/ che splende al sole.” (A. Merini)