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Che cosa rende una vita umana “dignitosa”?

Autore:
Pamparana, Andrea
Fonte:
CulturaCattolica.it

Che cosa rende una vita umana “dignitosa”? L’attivismo? Il consumismo? Se siamo attivi e consumatori, se entriamo a far parte del cosiddetto “target commerciale”, allora siamo degni di vivere? Se sì, allora certo Eluana non ha vita dignitosa. Non è una persona intesa secondo la moderna definizione di essere pensante, che produce (materia o idee non importa), che è utile alla società. Perché è questo il vero dramma, il problema di fondo della nostra epoca: giudichiamo la persona sulla base dell’utilità o inutilità della sua azione quotidiana.
E se provassimo a pensare che Eluana oggi vive una condizione “diversa” a quella della maggioranza di noi? I suoi parametri sono altri rispetto ai nostri, ma la scienza onnipotente e onnisciente non ci sa dire, anzi non vuole proprio dircelo, se dietro quello sguardo che segue il ritmo del giorno e della notte non ci sia un pensiero, una cultura, un’esperienza nella differenza. Soffre Eluana, eccome se soffre. Il suo dolore, come sempre avviene nella vita di tutti i giorni, nel mondo reale, si specchia nelle lacrime di suo padre, dei suoi amici, degli affetti a lei più cari, delle tante persone che hanno imparato a conoscerla attraverso questa prolungata sofferenza. Sento dire: “Appunto, inutilmente prolungata!”. E allora, signori, basta con l’ipocrisia. Sia eutanasia vera e non due settimane senza alimentazione e idratazione. Abbiate il coraggio di andare fino in fondo. Ma non l’avete, grazie a Dio, perché è davvero dura pensare a se stessi di fronte al letto di un ospedale in cui è stesa vostra moglie, o vostro figlio, o vostra madre, e dire di sì alla mano del medico che pone fine, per sempre, a quella presenza.
Siamo ipocriti e anche un po’ vigliacchi. Facciamo spesso cose orribili e giustifichiamo le nostre azioni cattive con cavilli legislativi che lavano le nostre coscienze turbate.
Vorremmo un miracolo, come sempre, dal mistero che è in Lui. Vorremmo che Eluana si alzasse e camminasse e allora sì, perbacco, che tutti saremmo pronti ad inginocchiarci e credere. Già, ma la Storia del Figlio dell’Uomo e quella di noi mortali suoi figli non è così semplice, non è fatta per i deboli di spirito, per i pavidi, per coloro che tremano di fronte ad ogni “diversità”, incapaci di considerare l’altro come tale, e basta.
Ho guardato in questi giorni di dibattito sul caso di Eluana il Cristo morto di Andrea Mantenga. Osservo in particolare il volto della Madonna. Quella donna cui era stato promesso di essere “ beata tra tutte le creature del mondo”, quasi non ha più lacrime di fronte al corpo di suo figlio, non il Figlio, ma proprio la creatura da lei partorita e accudita e rimproverata e amata come solo una madre può fare, senza più vita. Bastava una resurrezione plateale e tutto sarebbe stato diverso. Certo, ma noi oggi non saremmo uomini liberi, anche di sbagliare e di peccare, ma liberi. Chi può, chi lo sa fare, preghi per Eluana, per suo padre, per tutti coloro che soffrono. E ricordi l’insegnamento di San Benedetto: “Ascolta o figliolo”. Quanto abbiamo bisogno di silenzio oggi per poter ascoltare.

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