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Eluana non è un "caso" ma una persona

Autore:
Brambilla, d.ssa Cristina
Fonte:
CulturaCattolica.it
Ci scrive un'amica, medico neurologo: "Il problema più grosso in questione è la incapacità di stare davanti alla vita per ciò che essa è: ultimamente un mistero e sempre un dono."

Carissmi amici di CulturaCattolica.it, e soprattutto carissimo don Gabriele, sono un medico neurologo che ha a che fare tutti i giorni con casi simili a quello di Eluana Englaro. E' sconcertante la freddezza con cui passa la notizia della sua morte annunciata, tra vicende di cronaca e gossip. E' sconcertante anche come negli ambiti medici specialistici come il mio non si parli del problema. Nella mia esperienza ho notato un fatto, di cui vorrei farvi partecipi, tra le tante riflessioni che questo accadimento può suscitare.
Il problema più grosso in questione è la incapacità di stare davanti alla vita per ciò che essa è: ultimamente un mistero e sempre un dono. Viviamo in una società che ci ha fatto credere che la vita è ciò che noi vogliamo e che noi possiamo definirla, comandarla e che siamo noi a decidere il nostro futuro e a sapere ciò che è bene e fonte di felicità per noi. La realtà è un'altra: accade che ci si ammali, accade senza motivo, senza ragione, talora contro ogni ragionevolezza, accadono malattie terribili, come quelle mentali, o mortali. E ciò spesso non ha, nepure scientificamente, una soluzione. A me accade tutti i giorni di dover comunicare diagnosi infauste e noto che ciò che i pazienti mi chiedono non è "toglimi il male" o "perché a me", la prima reazione è sempre lo stupore verso un fatto misterioso, non comprensibie e davanti al quale il malato chiede di essere accompagnato, chiede un senso. Il malato vuole vivere, davanti al mistero della malattia chiede la vita nella circostanza della sua malattia. Il nostro compito (medici, ecc.) è quello innanzitutto di dare dignità e valore alla sofferenza e alla malattia, di stare davanti ad essa con timore e rispetto, di trattare il dolore con profonda nobiltà di animo. In queste circostanze la vita acquisisce un valore preferenziale di conoscenza e di vicinanza al Mistero e dunque è ancora più degna di essere vissuta. Più degna e spesso più fruttosa della vita che noi crediamo bella e giusta per noi, della vita che noi stessi ci costruiamo. Certo, non è facile, ci vuole coraggio; ci vuole il coraggio di chi ha fede nel destino buono, ma misterioso, della vita; ci vuole coraggio perché bisogna abbandonarsi ad una esperienza nuova, che va contro la nostra percezione di felicità, ma che incontra la Vita vera. Bisogna imparare dalle suore che hanno accudito Eluana per 14 anni: le hanno dato tutte le cure che si danno ad una regina, perché in quel gesto ed in quella cura c'è l'Amore e il punto di cambiamento per la mentalità di questo mondo. Un abbraccio a tutti.

dottoressa Cristina Brambilla, medico neurologo di Brescia

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