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Desiderio

Autore:
Pagetti, Elena
Fonte:
CulturaCattolica.it

Desiderio viene dalle stelle. De-sidera è l’etimo di un sostantivo antico svilito nel suo significato profondo. Ci ricorda che il nostro cuore, sede dei nostri desideri, viene dal cielo e tende ad esso. La figura dell’Icaro di Matisse è emblematica di questa traiettoria che corrisponde a un’esigenza comune. “Se tu segui tua stella, / non puoi fallire a glorioso porto,/ se ben m’accorsi ne la vita bella” (Inf. XV) dice Brunetto Latini a Dante, suo discepolo. Dante riconosceva, secondo la mentalità medioevale, un’influenza del cielo sulla vita dell’uomo, sulle sue predisposizioni e sulle sue azioni, consapevole, però, che l’uomo è dotato di libero arbitrio e che dall’’esercizio della libertà dipende il cammino verso il bene, verso il cielo, appunto. Per noi non è così. Non abbiamo un senso così forte della libertà, per quanto sia declamata e rivendicata. Non crediamo che la singola persona possa contribuire a cambiare il mondo, che nell’intimo di ciascuno si giochino decisioni cruciali, non solo per se stessi. Facilmente pensiamo che una cosa valga l’altra, siamo relativi. Viviamo nella dittatura del relativismo e del desiderio, vale a dire: il desiderio si fa così travolgente, si prende talmente spazio in noi da toglierci la libertà, da farsi nostro dittatore. Invece di realizzare un desiderio, ne subiamo l’impeto, senza giudicare ciò che desideriamo, senza considerare se ci migliora o ci fa perdere dignità, ci arricchisce o ci umilia. Ci manca la percezione del destino, non solo come fine cui è rivolta la vita, ma soprattutto come presenza quotidiana che ci accompagna nella persona di Gesù Cristo, fatto uomo per condurci a Dio. La scorsa volta abbiamo citato il card. Scola, una sua riflessione sul desiderio che introduce a un compito e in questo si realizza. La vita vissuta come vocazione è pertanto la maggior difesa alla radicalità del desiderio. Nella coscienza della vocazione cui rispondiamo, assumiamo una responsabilità verso i desideri che insorgono, li indirizziamo a un fine più grande dell’immediata soddisfazione, scopriamo il valore di un sacrificio e la vera gioia di un compimento. Sperimentiamo, insomma, la corrispondenza tra noi e il nostro destino, ci sentiamo liberi. Anche gli stessi desideri si “precisano”, perché, come dice S. Paolo, “lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito intercede con insistenza per noi”. Nella società dell’omologazione la riscossa per la libertà è offerta da una vita cristiana, una vita cioè umana, in cui l’uomo riconosce la sua origine - un Amore che l’ha voluto -, e il punto di arrivo - l’unione con Dio -, e cammina nella compagnia della Chiesa, corpo di Cristo, Colui che conosce veramente il cuore dell’uomo. Presentando la figura di Massimo il Confessore, Benedetto XVI ha detto: “Il massimo della libertà è il ‘sì’, la conformità con la volontà di Dio. Solo nel ‘sì’ l’uomo diventa realmente se stesso; solo nella grande apertura del ‘sì’, nella unificazione della sua volontà con quella divina, l’uomo diventa immensamente aperto, diventa ‘divino’”.

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