Venezuela: una chiave di lettura per la recente crisi sudamericana
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Durante gli ultimi 40 anni le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia) hanno portato il lutto in Colombia. Non solo ostentano il titolo di essere l’organizzazione terroristica che ha praticato il maggior numero di sequestri nella storia, ma a questo fatto si aggiungono l’utilizzo di mine antipersone, l’esecuzione dei sequestrati, i tentati magnicidi (assassinii di un capo di governo) come quello perpetrato ad Alvaro Uribe il giorno della sua presa di potere come Presidente della Repubblica.
Sotto il governo di Uribe, il cosiddetto “plan Colombia”, appoggiato dagli USA per combattere il narcotraffico, ha cominciato a smembrare e indebolire fortemente l’esercito rivoluzionario. Soprattutto in questi ultimi anni, poco alla volta i principali esponenti della guerriglia sono stati fatti prigionieri o uccisi dall’Esercito Colombiano. Molti altri hanno disertato in seguito alla promessa del governo colombiano di reinserirli nella società, assicurando loro un lavoro in cambio di collaborazione.
Da molto tempo circolavano voci segrete che oltre le frontiere del Venezuela e dell’Ecuador esistessero campi militari dei sovversivi colombiani. Nel caso venezuelano, con l’approvazione delle autorità. Nel caso dell’Ecuador, con una presunta ignoranza del fatto che il fatto starebbe accadendo alle sue spalle. Dopo i fatti accaduti la settimana scorsa, da parte del Venezuela ci sarebbe complicità, mentre da parte dell’Ecuador ci sarebbe tolleranza.
Dinanzi a questi fatti, la Colombia, in difesa della sua sicurezza nazionale, aveva seri motivi per agire come ha fatto. Raul Reyes era uno degli uomini più importanti delle FARC e coautore intellettuale (mandante morale) di una serie di delitti atroci. E’ stato ucciso dalle Forze dell’Esercito Colombiano nella notte del 2 marzo, in territorio ecuadoregno a 2 km. scarsi dalla frontiera. Una telefonata ricevuta sul suo telefono satellitare ha permesso alle forze militari di venire in possesso delle coordinate per perpetrare il raid contro il campo dei guerriglieri.
Il governo della Colombia più volte aveva denunciato i governi del Venezuela ed Ecuador per il fatto di nascondere, appoggiare e mantenere l’organizzazione terroristica. Oggi queste denunce sono state confermate dopo che il Capo della Polizia della Colombia ha rivelato il contenuto della documentazione trovata in tre laptop (computer portatili) del narcoguerrigliero abbattuto. Le lettere interscambiate tra le FARC e il presidente del Venezuela hanno messo in luce la presenza dei rivoluzionari che si rifugiano in territorio venezuelano ed ecuadoregno, svelando altresì che Chavez ha donato loro 300 milioni di dollari e un’ingente quantità di armi. Si è anche appreso che il Ministro dell’Ecuador, Larrea, si è riunito con lo stesso Reyes a insaputa del governo Uribe, notizia poi confermata dallo stesso Ministro.
I due mandatari hanno reagito con indignazione rompendo in pratica le relazioni diplomatiche. Entrambi negano l’autenticità delle prove contro di loro adducendo che se esistevano delle relazioni con le FARC, erano solo di carattere umanitario. A questo punto dobbiamo per forza tenere presente il ruolo che il Presidente Chavez ha voluto sostenere come mediatore nella liberazione di ostaggi sequestrati da anni dalle FARC. Questa posizione di mediatore non è altro che un accordo tra lui e la narcoguerriglia per ottenere, il primo, pubblicità all’estero e poter richiedere di essere nominato al Premio Nobel per la Pace (!) e i secondi, il riconoscimento di non belligeranza. (Da ricordare le manifestazioni in tutto il mondo contro le FARC il 4 febbraio 2008 proprio per l’insistenza di Chavez nel voler far ottenere detto riconoscimento ai terroristi!)
E’ un’assurdità l’invio di truppe venezuelane alla frontiera con la Colombia, inducendo oltretutto il suo omologo Correa a fare altrettanto, nonostante la Risoluzione 1373 del 2001 delle Nazioni Unite impegni gli stati membri a cooperare nella lotta contro il terrorismo e a negare qualsiasi tipo di appoggio alle organizzazioni incluse in detta categoria.
I venezuelani sono indignati. Il presidente si permette di chiedere un minuto di silenzio nel programma a reti unificate “Alò Presidente” per la morte di un terrorista, ma non si è nemmeno degnato di fare altrettanto per i 46 morti dell’aereo precipitato due settimane fa a Merida, sulle Ande Venezuelane, dove tra i passeggeri c’era un conosciuto analista politico di origine italiana, Italo Luongo.
Le minacce che Chavez fa continuamente da mesi contro Uribe su una possibile guerra alla Colombia, a detta degli analisti internazionali, non sono altro che la “sua” soluzione per distogliere l’attenzione dalla gravissima crisi in cui il suo malgoverno ha portato il Venezuela. Quest’ultimo è stato trascinato a essere tra i paesi più poveri del Sudamerica (e del mondo) nonostante il petrolio abbia toccato il massimo storico di 104 dollari il barile. Il paese caraibico è diventato il paradiso dei cocaleros (i coltivatori di coca); dai suoi porti e aeroporti, pare che con l’approvazione dello stesso Chavez (che pubblicamente ha dichiarato di masticare pasta di coca tutte le mattine!) vengano esportate tonnellate di cocaina in tutto il mondo, soprattutto in Europa.
Anche se la Colombia ha più volte assicurato che non manderà le sue truppe alla frontiera con i due paesi in contrasto, ha oggi confermato che denuncerà il Presidente Chavez presso la Corte Penale Internazionale. Lo Statuto di Roma in effetti, nel suo articolo 27 è estremamente chiaro nel segnalare che “la Corte Penale Internazionale ha competenza di fronte a qualsiasi persona anche se si tratta di capi di stato o capi di governo per indagare su possibile commissione di crimini di lesa umanità o di collaborazione nella commissione di questi delitti”.