Non c’è pace tra gli ulivi
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«Non c’è pace tra gli ulivi», è il titolo di un film di Giuseppe De Santis del 1950, che compendia esattamente il clima che si respira in Europa per alcuni fatti della cronaca internazionale: sembra non essere consentito dare seguito ad un’affermazione di cui tutti, ripeto tutti, si fanno belli: «la ricchezza dell’Europa è la diversità delle culture, che devono convivere pacificamente e democraticamente, nel rispetto vicendevole.»
Ad ogni piè sospinto se ne scopre una, tanto che tornano alla mente i versi iniziali di una poesia di Giuseppe Giusti: - Vostra Eccellenza.... o senta il caso avvenuto di fresco a me che girellando una mattina capito in Sant’Ambrogio di Milano, i n quello vecchio, là, fuori di mano... - Qui come Ti aggiri per il Parlamento, quello nuovo, qui al centro dell’Europa, ne scopri qualcuna. Un gruppo di centodieci Eurodeputati hanno preso carta e penna e hanno scritto al Parlamento lituano di non approvare una legge restrittiva dell’aborto, perché contrasterebbe con le conclusioni dell’Assemblea dell’ONU al Cairo sulla popolazione, e quella a Pechino sul ruolo della donna. Conclusioni che raccomanderebbero “la salute riproduttiva” eufemismo che nel linguaggio burocratico internazionale significa aborto.
Tra i firmatari oltre alla Presidente del Gruppo lesbiche, al Presidente del Gruppo gay, ed altri Personaggi noti per le loro posizioni di rottura, ideologicamente preconcette, vi sono dodici italiani: Agnoletto, Aita, Cappato, Catania, Gottardi, Gruber, Guidoni, Locatelli, Morgantini, Musacchio, Pannella e Rizzo. Insieme ai loro novantotto colleghi, hanno una grave duplice responsabilità:
- hanno mentito perché non è vero che nelle conclusioni delle due Assemblee dell’ONU citate, vi sia alcuna presa di posizione favorevole all’aborto. Questa è una menzogna che spesso si cerca di accreditare da parte di coloro che avrebbero voluto questo risultato, ma non l’hanno conseguito;
- inoltre hanno commesso una grave ingerenza nei confronti del Parlamento di uno Stato membro, Parlamento libero, sovrano, costituito con elezione diretta, e per di più su di una materia non di competenza dell’Unione europea, una materia cioè riconosciuta di spettanza dei singoli Stati che meglio interpretano cultura, storia e tradizione delle rispettive popolazioni.
Atteggiamenti di pesante intromissione, come quelli citati, sono grossolani errori politici perché sono quelli che per reazione determinano posizioni del tipo: «Basta con questa Europa.» Per di più tutto questo nell’anno in cui deve essere ratificato il Trattato di Lisbona.
Quest’altra novità non viene dall’UE, ma da altri Organismi. Il Kosovo il 17 febbraio scorso ha dichiarato unilateralmente la propria indipendenza, sino ad ora riconosciuta, oltre che dall’ONU, da ventisei Stati, di cui diciassette dell’UE. È evidente a tutti che si tratta di una fase delicatissima, sia per le reazioni della Serbia, sia per la posizione assunta da altri Stati, quali Spagna e soprattutto Russia.
Il nuovo Stato entro centoventi giorni dalla dichiarazione d’indipendenza deve dotarsi di una Costituzione: il Public International Law and Policy Group, una ONG che si offre di assistere gli Stati per le questioni di diritto internazionale e problemi costituzionali, ha redatto una bozza di Carta costituzionale che tramite la “Commissione di Venezia”, un Gruppo consultivo del Consiglio d’Europa istituito nel 1990 per seguire la transizione alla democrazia dei Paesi ex comunisti, è all’esame di una Commissione Costituzionale kosovara.
Ebbene la bozza della Carta, all’art. 25 recita: «Ogni individuo gode del diritto alla vita dalla nascita» Mai nessun documento costituzionale o giuridico ha recepito dichiarazioni di questa gravità. Ma non è la sola affermazione paradossale, difficilmente riscontrabile anche in un testo legislativo non solo costituzionale, infatti vi si legge anche del matrimonio omosessuale e dell’implicita ratifica di documenti ONU, inclusi alcuni recentemente messi seriamente in discussione.
Chi sono questi signori che si arrogano la facoltà di avanzare proposte di questa gravità, che stravolgono radicalmente la tradizione islamica e cristiana - ortodossa del Kosovo? Tra l’altro pare giustifichino le loro enormità con la falsa affermazione che questo è ciò che chiede l’Europa. Neppure i centodieci Eurodeputati che hanno scritto al Parlamento lituano hanno mai pensato ad aberrazioni di questo genere, che calpestano la storia di un popolo, che rappresenterebbero un “unicum” nel campo dei Documenti fondamentali degli Stati, e che ignorano e vanificano, al di la delle posizioni etiche, addirittura il dibattito culturale e scientifico in atto nel mondo.
Sono questi tipi di “Volontari” e di “Consulenti” che, operando al di fuori di ogni controllo politico, combinano disastri inutili e dannosi,che si trascinano per anni, lasciando strascichi gravissimi, come già altre volte abbiamo potuto constatare; quindi personaggi poco o nulla professionali: i più pericolosi.
Un relativismo così, ottuso e reazionario, è gran parte delle cause per le quali anche in Europa “non c’è pace tra gli ulivi.” Uno dei compiti dei politici è estirpare questa gramigna che complica inutilmente la vita a tutti, e noi dovremo chiederne conto; ricordiamo che tra un anno ci sono le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo.