Sanremo. Censurato Povia?
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Gliel'hanno fatta pagare. Proprio così. Non gli hanno proprio perdonato quella volta al Family Day, quando salì sul palco più scomodo d'Italia e gridò che i diritti dei bambini vengono prima di quelli dei grandi. Giuseppe Povia, il vincitore del Festival di Sanremo 2006, l'autore di quella tenera canzone-tormentone "I bambini fanno ooh", che è una delle poche canzoni italiane da ricordare degli ultimi anni, non farà parte dei "big" che quest'anno calcheranno il palcoscenico dell'Ariston.
Difficile non pensare ad una sorta di ritorsione ideologica dell'establishment politico nei suoi confronti. Il ragazzo pare avesse un bel pezzo (parola di un esperto come Mario Luzzatto Fegiz: "A noi sembra sbagliata l'esclusione della canzone di Povia, che abbiamo sentito") e si è conquistato sul campo la notorietà di cui gode. E' un artista "nazionalpopolare", dunque giusto per Sanremo, molto più di gente come Minghi o Mietta o Anna Tatangelo (della serie "a volte ritornano"). Il che non significa che sia banale, anzi. Di sicuro non è un clone, ha una sua personalità e originalità.
So di parlare di un argomento che molti giudicheranno quanto meno frivolo, ma la verità è che il "caso Povia" non è affatto da liquidare alla leggera. Del resto c'è in gioco la carriera e la visibilità di un cantautore. Non è cosa da poco, almeno per lui. La sua esclusione ha il sapore della vendetta. Lo sapeva bene Antonella Ruggiero che quel giorno in Piazza Santi Apostoli si rischiava la carriera. E infatti, dopo avere annunciato la propria adesione al Family Day, all'ultimo momento ha dato forfait.
La Ruggiero fece una pessima figura, ma salvò la reputazione davanti agli amichetti del quartierino.
Povia invece si comportò da uomo, da persona onesta e coerente. Qualcuno lo avrà sconsigliato. Qualcuno gli avrà detto "Attento, che ti metti contro quelli che contano", a cominciare dalla lobby del Gay Pride e dalla maggioranza di centrosinistra al potere. Ma Povia se ne è infischiato. Tanto di cappello.
Oggi purtroppo deve rendersi conto che il potere, il potere che controlla la cultura in Italia, è forte, è veramente forte e anche sfacciato, se si permette di buttare fuori uno come lui. Il potere che ha trovato il proprio corifeo, il proprio servo sciocco, nel bravo conduttore Pippo Baudo, il quale anche stavolta ci ammannisce la solita brodaglia di denunce sociali e buoni sentimenti (presente Cristicchi?), così da poter fare la faccia seria e pensosa all'occorrenza ed "educare" il popolo bue per mezzo del festival.
Educarlo a cosa? Ma al pensiero radicale di sinistra, quello politically correct, ovvio!
L'altr'anno, per esempio, oltre al deprimente Cristicchi c'era anche quell'altro (non ricordo più nemmeno il nome) con il brano sulla mafia. Ma c'era pure Mariella Nava con una canzone sull'eutanasia: un modo per sponsorizzare la battaglia dell'associazione Luca Coscioni. Di quella canzone penso che nessuno ricordi più né le parole né la melodia. Meglio così. Ma che ci sia stata è comunque indicativo di come il Festival di centrosinistra debba essere in qualche modo "organico".
E quest'anno? Quest'anno toccherà invece alla riesumata Tatangelo (bellina, ma, insomma, è quello che è, niente più che un'interprete con una discreta presenza scenica), che si porta in dote un bel brano sul tema dei gay firmato dal marito Gigi D'Alessio. Fatti in casa.
Figuriamoci se poteva starci un Povia, uno che si è macchiato della colpa gravissima di portare la canzone di successo ad una festa di cattolici, e alternativa alla cultura gay, per giunta!
Censura, signori, questa è censura, bisogna chiamare le cose col loro nome.
Ed è proprio per questo che il "caso Povia" non è proprio una cosetta da niente
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