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La “rete” racconta la Birmania

Fonte:
CulturaCattolica.it
Bush si fa portavoce della Birmania che si ribella alla dittatura e i blog raccontano quelle notizie che altrimenti non giungerebbero a noi.

Una dittatura militare governa il paese nonostante le elezioni democratiche del 1990 avessero dato la maggioranza ad Aung San Suu Kyi.
A dire il vero l’Occidente non si è mai stracciato le vesti per quanto accadeva in Birmania.
Solo ora, grazie alla ribellione dei monaci Buddisti, ai quali si sono aggregate le monache e gli studenti, l’Occidente sembra lentamente non poter più ignorare quanto sta accadendo.

Al palazzo di Vetro dell’Onu, il presidente degli Stati Uniti, George Bush, si è fatto portavoce di quanto sta accadendo a Myanmar (ex Birmania), facendo della Birmania l’argomento centrale del suo intervento annuale.
«Gli americani sono indignati dalla situazione in Birmania, dove una giunta militare ha imposto 19 anni di regno della paura. Tutti i Paesi del mondo dovrebbero stringere la vite sui detentori del potere e contro coloro che li spalleggiano finanziariamente».
Bush ha ricordato che l’oppressione riguarda 56 milioni di esseri umani e dura da mezzo secolo, «mentre il loro Paese è precipitato da un esempio delle più felici aspettative in Asia a una situazione tra le più disperate». «Aiutiamo il popolo birmano a riconquistarsi le sue libertà».

Un appello fatto proprio anche dal segretario dell’Onu, il sudcoreano Ban Ki Moon, e dal primo ministro britannico Gordon Brown. Ma per essere efficaci le sanzioni debbono comprendere i due giganti asiatici, che sostengono quel che resta dell’economia birmana: l’India e soprattutto la Cina, che di recente ha trasmesso alla giunta messaggi di toni moderati per invitarla, appunto, alla moderazione.

Intanto il mondo dei blog si mobilita e la rete diventa la cassa di risonanza per quelle notizie che diversamente non potrebbero giungere sino a noi.
Le testimonianze sono affidate a blog e siti di informazione stranieri per eludere la censura dei militari, che cerca di bloccare la Rete.

Su Repubblica Alessia Manfredi, ha raccolto alcune delle testimonianze lasciate nei blog e inviate a giornali e siti esteri, per far sapere al mondo cosa sta succedendo nel Paese, eludendo la censura della giunta che soffoca da oltre 40 anni la Birmania e nel 1989 le ha cambiato il nome in Myanmar.

Sono giovani, soprattutto universitari quelli che sfidano intelligence e forze di sicurezza mandando foto, video e testimonianze. Un tam tam sul web che documenta la stretta dei militari, gli arresti e l'uso della forza contro i monaci che marciano pacifici. E avverte che anche questo canale è a rischio: le autorità stanno cercando di bloccare internet e le connessioni ad alta velocità.

Ecco le loro testimonianze.

Ore 3.45. "Trenta soldati con fazzoletti gialli attorno al collo guidati da un comandante stanno marciando su Bogyoke Street verso la 36esima strada. I soldati erano seguiti da tre camion militari. Hanno raggiunto la 36esima strada e a loro si sta lentamente avvicinando la folla" racconta il sito Mizzima News, con una cronaca dettagliata della giornata, aggiornata ogni dieci minuti.

"A Bahan la polizia si comporta in modo molto rude" si legge ancora. "Hanno preso a calci i monaci, li hanno colpiti alla testa. Hanno camminato su quelli che si erano stesi per terra" riferisce al sito un abitante di Rangoon descrivendo quello che sta succedendo vicino alla pagoda Shwedagon.

Ancora: "Le forze di sicurezza hanno bloccato Kanna Street a Rangoon. Le autorità hanno ridotto la velocità delle connessioni internet e molti internet café oggi sono chiusi in città".

Ore 2.30. "Le forze di sicurezza hanno usato gas lacrimogeni e hanno sparato in strada per disperdere i monaci. Ho visto gente scappare da Shwedagon per sfuggire ai colpi di arma da fuoco. Loro (le autorità) hanno iniziato a sparare" racconta un altro testimone. "La gente corre da Shwedagon a Maha Bandoola Street. Ora i monaci e i civili che stanno protestando sono più di 10.000 e stanno lasciando Shwedagon e si stanno dirigendo verso Tharmwe Plaza".

Dalla Bbc. Anche il sito britannico della Bbc è uno dei canali preferenziali per avere testimonianze dirette dalla popolazione sui disordini e le proteste.

"All'una una coda silenziosa e ordinata di diverse migliaia di monaci è passata in fondo alla strada dov'è il mio ufficio" racconta al sito del network britannico Win, da Rangoon. "Non si sentiva un rumore, era una marcia calma e determinata. Il traffico si ferma, autobus e taxi aprono le porte e la gente esce e si unisce a loro. La gente lascia le auto sul ciglio della strada" continua. "Il sole brucia, ci sono nuvole scure in cielo e si sentono in lontananza tuoni".

Un altro testimone anonimo riferisce di almeno duecento monaci portati via su camion vicino alla pagoda Shwedagon. E Cherry conferma: "La polizia ha picchiato i monaci e le monache questa mattina... Forze armate e polizia in borghese si vedono in tutti i luoghi principali di Rangoon... Abbiamo sentito che oltre 50 monaci e molti studenti sono stati arrestati".

"Noi musulmani di Myanmar abbiamo condannato il terrore dei militari contro i monaci buddisti innocenti e contro i civili...saremo sempre dalla vostra parte e combatteremo in modo pacifico finché questo notorio regime non negozi con la NLD (la lega nazionale per la democrazia guidata da Aung San Suu Kyi)" scrive Ali su Democratic Voice of Burma, quotidiano online dell'opposizione in Norvegia.

La repressione violenta indigna la comunità internazionale e lascia la gente comune nella disperazione. "Sono amareggiato per il nostro paese" dice Kyi Kyi ancora su Bbc "perché siamo sotto il controllo di questa maledetta giunta. Non abbiamo armi, vogliamo la pace, un futuro migliore e democrazia". E l'ultimo appello lo rivolge all'Onu. "Speriamo che il consiglio di Sicurezza faccia qualcosa, e metta la giunta sotto pressione".

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