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Giuliano Ferrara, per la prima volta al Meeting

Fonte:
CulturaCattolica.it - Il Foglio ©
Vivere il reale, è la fonte di libertà, di letizia e di sorriso

LUIGI AMICONE in chiusura all'incontro con Giuliano Ferrara:

Grazie a tutti. Come diceva Kafka: anche se la salvezza non verrà, voglio esserne trovato degno in ogni istante. Quello che hanno detto don Pino e Giuliano, questo vivere il reale, è la fonte di libertà, di letizia e di sorriso (come diceva Giuliano) e di invincibilità. Volevo chiudere con un episodio. Un insegnante di religione a scuola – ridotto come operaio dell'ultima catena, perché ormai l'ora di religione è niente e chi la insegna viene emarginato – parlava di questo reale che può essere vissuto se arriva all'affermazione più drammatica: trovare il significato di quel disegno che ci deve essere, che non rende la vita inutile. Di fronte a questo un alunno dice: "Non è vero, perché se lo fosse, l'ora di religione sarebbe obbligatoria", affermando così la grande ingiustizia di un mondo ridicolo che lotta perché le uniche cose vere della vita diventino facoltative. Bisogna lottare, perché non è giusto che un giovane non possa affrontare l'unico caso serio della vita, se non come facoltativo. Anche a lui deve essere data la facoltà di essere trovato degno.


Sono venuto ovviamente per affetto: ci siamo visti e incontrati in tante piazze italiane, in primavera, non sapevamo bene come sarebbe andata a finire, erano mesi o forse anni che maturava qualcosa di importante. Alla fine, a giugno, senza bisogno di essere stupidamente trionfalisti, senza bisogno di incamerare il consenso, che è una delle regole basilari di una democrazia liberale ma non è tutto, abbiamo visto che qualcosa è maturato. Era maturata l'idea che non sempre gli idoli del pensiero corrente, certi modi di concepire la vita, l'io personale, i modi di organizzarsi della società, a cui siamo abituati e ci pervadono, non sempre questa vena di conformismo a sfondo idolatrico prevale. (…)

Io non so se posso essere definito come amabilmente faceva prima Amicone, come si allude nel titolo di questa chiacchierata pomeridiana di Rimini, un superlaico. L'espressione è ambigua, anche in questa sala sono laici tutti coloro che non portano l'abito talare, che non sono ordinati al sacerdozio. Ma così, a colpo d'occhio, ho l'idea che siamo persone libere, o no? (…)

Ecco: non ho mai trovato tanta passione per la libertà, nel mondo liberale o nel mondo comunista, quanta ne ho trovata nel mondo dell'oscurantismo fideista cattolico. Mai!

Sia pure in un mondo non relativista e da guardare con occhi non relativisti, i giudizi relativi e comparativi sono pur sempre possibili. E allora, dico io, è più libero un uomo che non ha paura della parola peccato, o è più libero un uomo, anzi una intera classe dirigente, la classe parlamentare europea, che ha paura della parola peccato? Chi è più libero? Mi sembra ovvia la risposta! E' più libero un uomo che prende una decisione fondata sull'osservazione, fondata sulla storia umana, fondata sulla cultura, fondata su una intelligenza serena delle cose (…)


Non ha molta importanza il tema dell'omosessualità quando si parla delle nozze gay, delle nozze omosessuali; il punto è l'altro, il problema non è garantire dei diritti sociali (quello lo si può e lo si deve fare) a persone dello steso sesso che convivono, a situazioni familiari atipiche, anomale; sono questioni di regolamentazione amministrativa della vita. Una società complessa deve potersi permettere questo, deve tutelare le minoranze, deve trattare le cose con molta circospezione, con molta intelligenza. (…)


Oggi sui giornali potete leggere, in un articolo di Vittorio Zucconi, su Repubblica, che il feto non soffre ad essere estratto dal seno di una madre nell'ambito di una operazione abortiva...Sebbene non possano escluderlo, però tendono a considerarlo molto improbabile, dicono che non soffre, si può fare. Posso permettermi di fare un'osservazione laica, senza essere accusato di essere diventato un bigotto pro life e magari un'estremista che vuole sparare ai medici delle cliniche abortiste? Posso permettermelo? Non so se soffra il feto, non lo sanno neanche i medici che vogliono eliminare l'anestesia: soffro io, soffre la madre, soffrono i fratelli, le sorelle, soffre Gigi Amicone, soffre don Pino, soffrite voi, soffre la società! Perché l'aborto è uno scandalo moderno, anche se deve essere regolamentato, secondo me, e reso legittimo dalle leggi pubbliche. L'esperienza è una cosa complessa, va costruita. Non si può, mettendo il termometro al dolore del feto, chiedere se soffra o non soffra. Questo non è laicismo, questo è positivismo barbarico. Questa è pura ideologia, pura ideologia; e della peggiore specie.

i metodi anticoncezionali sono a disposizione di tutti, in cui ci si può educare in vario modo al rispetto per gli altri, come dice il filosofo inglese Roger Scruton al "rispetto per chi deve venire".

E' possibile tollerare questo stato di cose? No. Va laicamente giudicato uno stato di cose intollerabile.

Ho visto che qui al Meeting siete fantastici perché ha parlato Pera e abbiamo avuto due Cardinali che hanno detto che ha sbagliato, oggi c'è monsignor Rino Fisichella che dice che aveva ragione. C'è un bel pluralismo dentro la chiesa e dentro Comunione e Liberazione! E che Dio ve lo conservi! Che Dio ve lo conservi!

Ho dunque incontrato un sacerdote e mi ha detto: "Ferrara, volevo parlarle. Ho scritto un libro". E dico: "Com'è il titolo di questo libro?". "Perché è ragionevole il matrimonio", mi risponde.(…)

Siamo nati con un'ideologia che gravava su di noi, era ovvio che si abortisce se si fa un figlio a 22, 23, 24 anni, perché non si è pronti, ci sono altre urgenze, premono altri problemi e poi magari il figlio lo si evita, si va verso i 38, 40, 45 anni. E questo era l'idolo di ieri. L'idolo di oggi è: devo avere un figlio a 43, 44, 45, 46, 47 anni. In provetta, sacrificando 27 embrioni, ma devo avere un figlio, lo desidero e questo diritto va rispettato. Ma come mai? (…)

E stamattina, a proposito del perché è ragionevole avere un bambino in età fertile, c'era un articolo della scrittrice girotondina Lidia Ravera, sull'Unità, che diceva: "Sono stata in Irlanda, ho visto che lì è molto diverso da qui". L'Irlanda è molto cattolica, diciamo che è considerata tale. "E' pieno di bambini". Anche nei paesi islamici è pieno di bambini. "Gli adulti sono pochi e sono sovrastati da questi bambini che giocano intorno a loro. Qui da noi – pensava evidentemente ai suoi ambienti laici, responsabili, importanti, della società affluente – è il contrario. Tutti adulti e c'è un solo cucciolo, particolarmente rompiscatole perché sta lì, lasciato da una parte. Questa cosa va cambiata. Ragazze! – si appellava Ravera alle sue amiche femministe – Donne! Giovani, laiche di sinistra! Fate figli in età fertile!".

Dunque vedete, non è questione di credo. Certe idee che attraversano la dimensione della religione, che si formano dentro un contesto credente – qui ha ragione Pannella: oggi la caratteristica fondamentale del nostro tempo è che molti laici sono impregnati di religiosità e molti credenti hanno un comportamento laico, è questa l'esperienza del Cristianesimo dei nostri tempi – certe idee possono farsi spazio, possono diventare senso comune. Insomma credo, spero di avere spiegato, sia pure in modo sommario, il senso di questo incontro, che avviene tutti i giorni sulle pagine del mio giornale, sulle pagine di Tempi, che avviene attraverso il rapporto personale, fisico, lo scarpinare in giro per l'Italia, che si è fissato in questa questione del referendum che era una questione di grande rilevanza pubblica e grande rilevanza etica. Un'incontro che si è solidificato nel trapasso da un Papa ad un altro, nella valutazione del lungo regno di Giovanni Paolo II, nella valutazione della straordinaria avventura teologica di Joseph Ratzinger, e del significato indubbio che ha avuto la sanzione, con la elezione a Papa di Benedetto XVI, di quell'avventura. Un incontro che si realizza caoticamente, spesso con molte complicazioni, sui temi della guerra, della pace, dell'immigrazione: insomma un buon caso di meticciato è il nostro.

Credo di aver spiegato una delle basi di questo incontro, che ha riguardato anche il caso Terry Schiavo, riguarderà, se si presenterà, il tema dell'eutanasia forzosa, cioè della legislazione pro eutanasia, cioè di un nuovo codice del dovere di morire bene. E a questo proposito, se Antonio Socci me lo permette, volevo dire che Cervantes nel Don Chisciotte, oltre a scrivere quella frase bellissima che è citata in esergo a tutto il Meeting di Rimini sulla libertà come il più grande dono che i cieli hanno fatto all'uomo, ne ha detta una forse ancora più bella parlando con Sancio Panza, il suo scudiero. Ha detto: Vedi Sancio, tu – Sancio è molto avido, vorace, un po' come me, sempre vuole il pane, la caciotta, il lardo – sei nato per morire mangiando, "io sono nato per vivere morendo (…)

Insomma, bisogna ragionare. Alcuni prendono una decisione, fanno una scommessa, e sto ovviamente citando Pascal, e il loro ragionare acquista una nuova consistenza. La fede è una nuova forma di comprensione e di conoscenza. Altri non arrivano a questo, non hanno la caratteristiche, non sono il tipo umano del credente, forse ci arriveranno quando saranno più forti e più saggi o quando saranno più deboli, forse non ci arriveranno mai e moriranno da atei, ma non ha nessuna importanza nel significato universale del nostro essere uomini. E' decisivo per chi crede ricondurre all'Incarnazione, e quindi alla storia come Mistero, le proprie facoltà razionali. Per chi non ha questa capacità di ricezione e accoglienza, che è il dono della Fede, resta pur sempre qualcosa. Chiedo il permesso al mio mondo laico di pensare che monsignor Carlo Caffarra è più intelligente di Umberto Eco, che il teologo Ratzinger è più significativo del teologo Vattimo. Resta la possibilità di considerare che la Chiesa, oltre ai suoi compiti di successione apostolica, tutela e diffusione del simbolo e del suo credo, è una grande istituzione della storia umana, è parte del modo di essere degli uomini, sta dentro e fuori i cardini della ragione, e che la comunità dei Cristiani ha qualcosa di più. Nel mondo contemporaneo, in cui è rinato il problema dell'identità e delle radici, su questo non si può dar torto al presidente Pera, nonostante le critiche che si possono fare a singoli aspetti del suo discorso. E comunque, incontrarsi affettuosamente con i cristiani è un po' come ricostruirsi come uomini laici. Grazie.

File allegato
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