Si vive e si muore per il Signore
- Autore:
- Fonte:
Non so se si possa dire di un funerale “gran bel funerale”, c’è sempre il dolore di chi rimane solo, di chi perde la quotidianità e la carnalità di un affetto, ma quando si ha la certezza che la morte è solo una fase del vivere, anche dalla morte si può trarre insegnamento per la vita.
Oggi ho assistito al funerale del papà di don Gabriele, il direttore del nostro sito.
Con il suo permesso, vorrei condividere con voi il testo dell’omelia, si tratta di brevi appunti o lettere che, nel corso della sua vita, papà Gianni aveva scritto. Don Gabriele li ha raccolti e condivisi con amici e parenti intervenuti alla cerimonia funebre.
A volte questi frammenti dicono di noi più di quanto possano dire altri… e di quest’uomo raccontano una vita piena e felice, che va oltre la morte perché quello che si costruisce è la parte di noi che rimane.
«Si vive e si muore per il Signore», lui che è «la resurrezione e la vita»: questo è quello che noi figli abbiamo imparato quotidianamente da nostro papà, e di cui siamo, con la nostra mamma, infinitamente lieti.
In questi anni la sua presenza, forte, discreta e affettuosa, ci ha accompagnato sempre, a volte esprimendosi con brevi scritti.
Con mio fratello Luigi e con mia sorella Giuseppina abbiamo pensato che il modo migliore di guardare a questo dono fosse il rileggere con voi alcune sue parole.
- Ho trovato sul messale che ha regalato alla sua futura moglie questa dedica: «Alla cara Lella, perché la quotidiana preghiera detta con la voce della Chiesa sia più gradita ed accetta al Signore»
- Dietro a una foto che lo ritrae mentre lavora al tavolo di disegno: «A te, dolce realtà presente, il ricordo del pensiero rivolto oltre il foglio, all’ideale lontano» (Figura 1)
- A sua sorella, spesso malata, dopo avere descritto con precisione la situazione economica, dice: «Ho sentito che sei un po’ giù di morale anche perché la stagione invernale ti rende un po’ difficile le uscite da casa per scambiare un po’ di parole con la gente per alleviare la solitudine.
e pensare che non abiti nel bosco e che quindi un po’ di scambi potresti averli con i vicini. Basterebbe forse con un po’ di pazienza accettare quelli che il Signore ti mette vicino così come sono con pregi, difetti e limiti come tutti abbiamo.
tante volte medito, anche per quello che mi riguarda, che per essere felici, pure essendo necessaria e utile la salute, condizione economica e altro, sia assolutamente necessario che la nostra vita sia alimentata da tanto amore verso noi stessi e gli altri e che gli altri ci amino perché in fondo è così che Dio vuole che sia. Perché se non amiamo gli altri come possiamo ottenere che gli altri ci amino? Forse con la forza?
Pensa a tutto questo e poi se decidi di convenirne, con la preghiera umile e insistente chiedi al Signore l’aiuto e la pazienza di attendere, non il miracolo immediato, ma il tempo necessario perché maturi nei cuori quanto nel tuo cuore speri che sia. Accontentiamoci di piccoli passi, senza pretesa, sempre sostenuti da una grande speranza.
Ti ho detto questi miei pensieri non per farti una predica anche perché so quanto sia difficile fare quanto ho suggerito a te e a me stesso, ma perché vorrei vederti serena e felice». - Dopo essere stato a trovarmi in Parrocchia così mi ha scritto: «Sono molto contento di essere venuto con la mamma a festeggiare il tuo 11° di messa. E ti ringrazio molto per le parole che hai pronunciato al Vangelo, parole che mi hanno fatto rivivere la passione di molti anni fa quando le stesse cose che tu hai detto le ripetevo sovente ai giovani di A. C. che io guidavo; magari con parole meno elaborate e più elementari, ma esprimenti gli stessi concetti.
Ho risentito anche citato san Paolo proprio con quelle parole che mi sono familiari e che ripetevo spesso.
Ho sentito quindi in te qualcosa di me stesso che riviveva in una edizione più bella e più prestigiosa perché tu non hai parlato come amico, ma come sacerdote di Dio.
E mi hai fatto passare un’ora di intensa commozione della quale ringrazio te e soprattutto il buon Dio che mi ha concesso questa gioia». - Recentemente, quando Giuseppina gli manifestava tutte le sue preoccupazioni per la sua sicurezza in macchina, così le ha scritto: «Carissima Giuseppina, forse è la prima volta che ti chiamo carissima, ma oggi voglio proprio dirtelo perché tocco con mano giorno per giorno l’affetto che mi porti e conosco le tue preoccupazioni che io incorra in qualche pericoloso incidente.
Sì, ti voglio proprio molto bene e sono contento di essere vivo, di avere una moglie meravigliosa, come sono meravigliosi i cinque nipoti che con i loro genitori e il fratello sacerdote compongono la mia, anzi la nostra unica bella famiglia. Ora vorrei farti una domanda.
Pensando che tu sia contenta di essere viva: sapresti dirmi a quando risale la possibilità che tu possa essere nata? Facilmente penso che potresti rispondere: da quando tu e mamma vi siete sposati si è concretata questa possibilità.
Invece no, perché questa possibilità esiste da circa settanta anni fa, quando un giorno d’estate, facendo un bagno nel Po ho arrischiato di annegare e il Signore che era lì e mi sorvegliava ha mandato un ragazzo di nome Palazzoli a cercarmi sott’acqua da dove ormai avevo pensato di non sapere più uscire con le mie forze, per tirarmi fuori e così salvarmi.
Ti ho detto tutto questo per tranquillizzarti e di non temere le mie e nostre debolezze, perché c’è sempre Uno lassù che ci vede e ci protegge».