L’amicizia vera non muore mai
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Guardando i volti di quei giovani le foto che ritraggono la loro giovinezza, la loro goliardia, gli scritti che parlano dei sentimenti e del cammino dei loro cuori, viene da pensare che l’amicizia, quella vera, non muore mai.
Ma cos’è un’amicizia vera, su cosa si fonda, che cosa la sorregge?
La mostra presente al Meeting di Rimini 2005 “La rosa bianca”, parla proprio di questo, i volti di quei cinque ragazzi e di un professore, condannati a morte nel ‘43 dal terzo Reich tedesco, con l’accusa di propaganda antinazista, sono i volti di giovani che per così dire “non si sono accontentati” di vivacchiare, ma hanno vissuto la loro vita pienamente, scoprendone la bellezza in ogni suo atto, sino a quello che può apparire un paradosso, pagare con la vita la loro voglia di vivere con intensità la realtà.
Sembrava una storia dimenticata ed invece eccola riaffiorare, grazie ad un gruppo di giovani tedeschi di Comunione e Liberazione.
La mostra è stata presentata prima a Colonia durante la Giornata mondiale della Gioventù e poi a Rimini durante il meeeting di Comunione e Liberazione, alla presenza di un’ospite d’eccezione, Anneliese Knoop-Graf, sorella di Willi Graf, uno dei sei amici da cui ha avuto inizio l’esperienza di “Rosa Bianca”. Anche Anneliese è stata arrestata nel ’43 ed è rimasta in carcere per cinque mesi.
Oggi è vice presidente dell’“Associazione della Rosa Bianca” e contribuisce a mantenere viva la memoria del fratello e dei suoi amici.
La rosa bianca.
Rosa Bianca è il nome con cui il gruppo firma i volantini, un gruppo per nulla omogeneo ma fondato su un’amicizia che condivide ogni aspetto della vita, le lezioni, la musica, la lettura di libri, anche quelli proibiti, l’amore e la scelta della professione, la ricerca della fede per alcuni, la vita insomma, nulla è escluso o censurato, scriveva Cristoph Probst, uno dei ragazzi che saranno uccisi:
“Di cosa si occupa la maggior parte della gente oggi? A loro tutto sembra importante, tranne l’unica cosa veramente importante: la domanda sul senso della vita! Che triste ironia.”
Una storia durata in tutto nove mesi, dall’estate del 1942 al febbraio del 1943, sei volantini diffusi tra la popolazione e poi il tragico epilogo.
Sembrava tutto finito, forse anche tutto inutile, ed invece quell’amicizia ha dato insperati e inaspettati frutti.
La mostra si snoda attraverso le foto e i documenti ritrovati, lettere, pagine di diario, le ultime c volontà espresse dai ragazzi e dal prof. Kurt Huber, prima di venire uccisi, appare così chiaro come la morte non sia la fine di tutto, ma come ebbero a dire “la vita non è che una grande avventura verso la luce”.
Willi Graf, dopo sei mesi di carcere e con davanti a sé una sentenza ormai irrevocabile, scriverà alla famiglia: «Non dovremmo forse quasi essere lieti di portare a questo mondo una croce che a volte sembra superare qualsiasi misura umana? Questa è in un certo senso letteralmente sequela di Cristo. Non vogliamo limitarci a sopportare questa croce: vogliamo amarla e cercare di vivere sempre più fiduciosi nel giudizio divino. Solo in questo modo si realizza il significato di questo tormento».