Bianco Padre
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in ciascun di noi confida, su noi tutti puoi contar:
siamo araldi della Fede, siamo arditi della Croce,
al tuo cenno, alla tua voce un esercito all’Altar

Questo canto che io ho imparato da bambino quando militavo nell’Azione Cattolica della mia città, questo canto che io amavo, l’ho visto in questi giorni a Roma.
Certo oggi qualcuno potrebbe sorridere alle parole “araldo”, “ardito”, “esercito”, ma la sostanza di quel canto è stata questo pellegrinaggio imprevisto, non programmato a Roma: questo fiume di persone e (veramente grazie a Dio) non solo di giovani che ha preso possesso della capitale ridisegnandone le strade e le piazze.
Ho sempre pensato e l’ho detto da molto tempo che i momenti in cui si vede il popolo di Dio, cioè la Chiesa, sono i matrimoni e i funerali sia nei piccoli paesi di campagna che nelle grandi città; ho sempre pensato che una cosa è morire affidandosi al Padre in nome di una fede che assomiglia molto alle proprie convinzioni religiose e una cosa è morire in nome di una Fede che è intrecciata ed indissolubilmente legata alla carne della Chiesa col volto di un movimento, di un gruppo di amici, di una Parrocchia che comunque sono sangue del sangue della Chiesa; penso ai conventi di clausura, ai preti di montagna, ai tanti morti tra i miei amici in tutti i vari luoghi di Chiesa che, da alcuni decenni, frequento e amo.
Sono stato molto contento perciò quando i miei figli, autonomamente, mi hanno comunicato il loro desiderio di andare perché sapevo che partecipare seriamente ad questo evento non può che aiutarli a vivere, cioè a crescere in Fede, Speranza e Carità; quando si intraprende, infatti, l’avventura cristiana vivere è “solo” crescere in Fede, Speranza e Carità e non è certo un “di meno”, ma una Grazia, è il centuplo, da subito.
Reduce da un dibattito televisivo dove, in carenza di ospiti (in momenti come questi pieni di trasmissioni a “sfondo religioso”) invitano anche me, riflettevo sulla straordinaria tentazione/capacità che ogni uomo possiede di ridurre alla sua personale misura ogni cosa, perfino il Mistero di Dio e pensavo che invece ogni uomo è fatto per una Misura che non è la sua misura, sennò la morte è l’ultima definitiva parola.
Ma Cristo è venuto a farci vedere che l’uomo è fatto per la vita non per la morte e il nostro amato Papa lo ha vissuto fino in fondo.
Già, sono stato rimproverato di aver detto il”nostro” amato Papa perché il Papa è di tutti… ho risposto che il mio problema non è che il Papa sia il mio, ma se io sono del Papa: è questo che si deve chiedere ognuno di coloro che si è recato a Roma in questi giorni o ha partecipato come ha potuto a questo avvenimento, per non lasciare che la cosa resti una emozione e perché diventi coscienza.
Chi glielo dice a questi giovani (e a questi adulti) che corrono il rischio che l’unica forma di stabilità che sperimentano sia l’effimero, che il Papa li vuole, che Cristo li vuole e che è questo quello di cui non devono “avere paura”?
Chi glielo dice che la Fede, la Speranza e la Carità sono molto di più di quello che “sentono” e sono un fatto, la Chiesa, che con Cristo irrompe nella storia e cambia la Storia di tutti perché cambia la storia di ognuno?
Glielo può dire solo chi lo vive e infatti l’omelia teneramente virile del Cardinal Ratzinger è tutta piena di quella parola “seguimi” che la Misericordia di Dio offre all libertà del nostro cuore ogni momento della nostra vita.
Qualcuno cercherà di farcelo dimenticare, sottilmente o violentemente, ma noi abbiamo visto la Chiesa in questi giorni, la Chiesa intorno al Papa, presente in modo diverso, pieno di Mistero, ma presente.
Vi giuro che provo veramente dolore e pietà per chi si è fermato all’aspetto politico o sociologico del Fatto: sono profondamente triste per lui che perde il Meglio della Vita.
Allora giovani(e meno giovani come me) è una grande occasione questa: un punto di partenza o di riinizio dell’unica vera grande avventura della vita. Non cadete nel tranello della dimenticanza, cercate ogni giorno il volto dei Santi che, come Lolech, vi aiutano a viverla fino in fondo questa Storia; aiutiamoci l’un l’altro a crescere nella Fede; cerchiamo i testimoni e quando ne troviamo anche solo uno non lasciamolo più; non teniamolo per noi e facciamolo conoscere ai nostri amici e a tutti.
Consentitemi un ricordo personale, ma, quando cantai per il Papa la canzone che gli avevo dedicato, “la Strada” (era la quarta volta che cantavo per lui) mi abbracciò in un modo che non potrò mai dimenticare e che considero la caparra di quello che sarà dopo la mia morte. Decisi che io volevo essere suo amico (proprio come il più incapace dei discepoli voleva essere amico del Cristo che aveva incontrato per le strade della Galilea) e che essere Suoi amici è l’unico motivo per cui vale la pena di vivere e morire (come il Papa ha fatto).
Abbiamo la Chiesa come Luce e Guida, non abbiamo paura di “essere” Chiesa: la finestra e la casa del Padre da cui il Papa e Ognuno degli Altri Santi ci guardano, esiste, veramente.
NB: La foto allegata spiega tutto