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Il Bobbio-pensiero, un tiranno che ha soffocato la politica italiana

Autore:
Orsina, Giovanni
Fonte:
Il Giornale ©
Per ripensare la lezione di Norberto Bobbio



Nella sua veste di intellettuale pubblico e militante, Norberto Bobbio ha rappresentato l'espressione più alta d'una certa idea della Repubblica italiana. Quell'idea ha fortemente contribuito a costruirla, l'ha difesa, l'ha arricchita di sostanza culturale in più di cinquant'anni di vicenda democratica. Al suo servizio ha scritto migliaia di pagine, dimostrando una capacità produttiva tutt'altro che comune; e sono pagine lucide, informate, chiarissime, piene d'intelligenza, costruite e argomentate come meglio non si potrebbe.
Quella certa idea della Repubblica italiana può non piacere - a molti non piace, a me non piace. Ma non è concentrandosi soltanto sui suoi aspetti più irritanti che la si può affrontare, né additando i compromessi o le debolezze personali di chi l'ha edificata e sostenuta. Dev'essere considerata a fondo e con la serietà che merita, nei suoi aspetti negativi così come in quelli positivi.
La riflessione di Bobbio sull'Italia ruota intorno al tema dell'incivilimento. O, se si preferisce un'espressione di sostanza intellettuale assai minore ma di più recente conio, al tema del "Paese normale". Normale, per capirci, come la Gran Bretagna, la Francia, la Svezia, l'Olanda. La Penisola è una creatura anfibia, agganciata per la testa all'Europa moderna e progredita - in una parola: civile -; e immersa col corpo in un Mediterraneo arretrato e vischioso - in una parola: barbaro -. Pur rivedendolo spesso al mutare delle circostanze storiche e del proprio stesso pensiero, Bobbio non ha mai cessato di perseguire un chiaro disegno culturale e politico: individuare con precisione il punto di separazione fra la testa e il corpo del Paese; spiccare quella da questo, salvandola; abbandonare il resto a una condanna storica priva di redenzione.
Il positivismo è la lama della ghigliottina che libererà il Paese dalla sua barbarie. La ragione, i lumi, la scienza: queste in tutto l'Occidente le radici del progresso sociale, economico e politico, le fondamenta della libertà e della democrazia. Al contrario, lo spiritualismo, il romanticismo, l'irrazionalismo non avrebbero generato altro che autoritarismi e totalitarismi. In Bobbio c'è una corrispondenza quasi perfetta fra atmosfera culturale e clima politico - la stessa per altro che videro anche Benedetto Croce e Thomas Mann, partendo tuttavia da premesse opposte -. Non per caso Bobbio può anche essere considerato uno dei padri in Italia delle scienze sociali, e soprattutto della scienza politica. Viste appunto come strumento di modernizzazione: la scienza contro l'ideologia - la scienza come cura dall'ideologia.
Difficilmente questo disegno potrà essere giudicato del tutto errato. Nel ventre profondo dell'Italia si annidano davvero dei mostri antichi irrecuperabili alla modernità. Chi può credere che il crimine organizzato vada trattato diversamente che condannandolo senz'appello? E chi pensare che gli antichi vizi italici del servilismo e del ribellismo rendano la nostra democrazia più sana e più forte? E ancora: chi negherà che una conoscenza "positiva" del nostro Paese serva a farlo più moderno, aiuti chi lo governa, sia d'antidoto a ogni utopismo o radicalismo?
Di Carlo Cattaneo - simbolo per lui dell'Italia civile e illuminata - Bobbio scrisse che fu un uomo di ragione ma non un razionalista. E proprio qui sta il punto. L'uomo di ragione pensa al futuro ma capisce il passato; sa quel che vuole ma sa anche quel che non otterrà mai; può criticare la tradizione, ma la tratta sempre con rispetto e deferenza. Non così il razionalista. Che non guarda al mondo reale e alla sua storia se non per giudicarli - per misurare quanto siano distanti dall'immagine perfetta ch'egli porta dentro di sé. Che non agisce sul mondo reale e sulla sua storia se non per obbligarli, con la violenza se necessario, a diventare come lui vorrebbe che fossero.
Ogni qual volta ha dovuto scegliere esplicitamente, Bobbio, come il suo eroe lombardo, s'è schierato con la ragione e contro il razionalismo. I suoi libri sono pieni di richiami al realismo, al senso del limite, all'insufficienza del pensiero umano. Eppure, in concreto, l'operazione culturale e politica che per più di cinquant'anni Bobbio ha condotto è stata un'operazione più da razionalista che da uomo di ragione.
Soprattutto, non da uomo di ragione è stato il manicheismo - che s'è inevitabilmente trasformato in semplicismo - col quale ha voluto staccare la testa dell'Italia civile dal corpo dell'Italia barbara. Non esiste Paese nel quale civiltà e barbarie possano essere separate con tanta chiarezza; non esiste fenomeno o periodo storico sulle spalle del quale possano essere caricati tutti i mali del mondo; non esistono scorciatoie politiche né culturali nel difficilissimo processo d'incivilimento - ch'è faticoso, complicato, delicato. Civiltà e barbarie non possono essere separate con tanta chiarezza nemmeno in una singola biografia - ed è in questo senso, storico e profondo, che dev'essere letta la ben nota lettera di Bobbio a Mussolini, non per farne un semplice strumento di polemica.
Come intellettuale pubblico e militante, Norberto Bobbio è stato un vincitore. Quella certa idea della Repubblica italiana di cui egli è stato espressione somma ha sbaragliato tutte le altre e tenuto il campo per decenni. Possiamo anche individuare il momento preciso nel quale ha trionfato: il luglio del 1960, quando la piazza antifascista si ribellò al governo Tambroni. Da allora il binomio fra illuminismo e democrazia avanzata, rigidamente chiuso a destra ma assai più tollerante a sinistra, ha dominato incontrastato il panorama intellettuale del nostro Paese.
Come aveva previsto il più grande degli anti-Bobbio, Augusto Del Noce, quel binomio ha prima divorato rapidamente la cultura politica dei cattolici, e poi ha assimilato la meno digeribile delle ideologie - il marxismo. Oggi sostiene un progressismo generico, sempre meno creativo e sempre più scarso d'anima, maggioritario nel mondo della cultura, più o meno aggressivo nei confronti di chi s'azzarda a metterlo in discussione.
Nella storia culturale e politica d'Italia il quarantennio 1960-1989 rimarrà per sempre segnato dal profilo acuto di Norberto Bobbio. Non si può dire che dall'egemonia di quella certa idea della Repubblica il Paese non abbia tratto molto di buono. Certamente, a causa di quell'egemonia ha anche perduto molto di buono, e forse non potrà mai più recuperarlo. Possiamo augurarci soltanto che l'eredità di Bobbio gli italiani la sappiano gestire da uomini di ragione, e non da razionalisti.

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