Salvatore Crisafulli e le sentenze di morte
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Salvatore Crisafulli, l’uomo di Catania che si è risvegliato da un coma lungo due anni.
Lo davano per morto, un vegetale, un peso per chi gli voleva bene.
Gente semplice e umile che però non si è arresa, ha lottato convinta di saperne più di quello che dicevano i medici.
Le lacrime di Salvatore Crisafulli, ora lo sappiamo, non erano un gesto incondizionato, ma la disperazione di chi sentiva quanto accadeva intorno e non poteva difendersi.
Un corpo che imprigiona la vita.
Lo sapeva sua madre che accudiva quell’uomo divenuto improvvisamente bambino, lo sapevano i fratelli che pure avranno umanamente pensato: “Chi ce lo fa fare?”, magari avranno pure pensato che era meglio non fosse sopravissuto, ma Salvatore c’era, piangeva e non si poteva fare finta che per lui fosse meglio la morte.
Salvatore Crisafulli deve essere per noi la spina nel fianco, il dubbio che ci assale quando pensiamo di sapere tutto della vita e della morte, della dignità del vivere e del morire.
Come non pensare a Terry Schiavo, al suo dolore, avrà sentito che la stavano lasciando morire?
Come non pensare alle persone in coma, ai dementi, a quelli che spesso pensiamo non capiscano niente, che la loro vita non abbia senso e non abbia gioie e forse stiamo solo difendendo la nostra vita, la nostra tranquillità, la nostra miseria tranquilla e tiepida.