Più forte di Satana
- Autore:
- Curatore:
- Fonte:

«Fondamentale nella vita di Paolo è stato il suo incontro con Gesù, quando camminava per la strada verso Damasco: Cristo (cioè Gesù risorto) gli appare come luce abbagliante, gli parla, lo conquista. L’apostolo ha visto Gesù risorto, ossia l’uomo nella sua statura perfetta. Quindi si verifica in lui un’inversione di prospettiva (morte al vecchio orizzonte di vita e risorto al nuovo con la direzione decisiva), ed egli giunge a vedere ogni cosa a partire da questa statura finale di ogni uomo in Gesù: ciò che prima gli sembrava essenziale e fondamentale, adesso per lui non vale più della “spazzatura”; non è più “guadagno” ma perdita, perché ora conta soltanto la vita in Cristo (Fil 3,7-8). Non si tratta di semplice maturazione dell’“io” di Paolo, ma di morte a se stesso e di risurrezione in Cristo: è morta in lui una forma di esistenza; una forma nuova è nata in lui con Gesù risorto.
Miei fratelli e amici, “affrettiamoci a conoscere il Signore” risorto! Come sapete, Gesù, uomo perfetto, è anche il nostro vero Dio. In Lui, Dio è diventato visibile ai nostri occhi, per farci partecipi della sua vita divina. In questo modo viene inaugurata con Lui una nuova dimensione dell’essere, della vita, nella quale viene integrata anche la materia e mediante la quale sorge un mondo nuovo. Ma questo salto di qualità della storia universale che Gesù ha compiuto al nostro posto per noi, in concreto come raggiunge l’essere umano, permeando la sua vita e trascinandola verso l’Alto? Raggiunge ciascuno di noi attraverso la fede e il Battesimo.
Infatti, questo sacramento è morte e risurrezione, trasformazione in una vita nuova, a tal punto che la persona battezzata può affermare con Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Vivo io, ma già non più io. In certo modo, mi viene tolto il mio io, e viene integrato in un Io più grande; ho ancora il mio io, ma trasformato e aperto agli altri mediante il mio inserimento nell’Altro: in Cristo, acquisto il mio nuovo spazio di vita. Che cosa dunque è avvenuto di noi? Risponde Paolo: voi siete diventati uno in Cristo Gesù (Gal 3,28).
E mediante questo nostro essere cristificati per opera e grazia dello Spirito di Dio, pian piano si va completando la gestazione del Corpo di Cristo lungo la storia» [Benedetto XVI, Omelia a Luanda, 21 marzo 2009].
Benedetto XVI ha voluto ricordare ciò che è l’inizio dell’esser cristiani di ogni testimonianza cristiana cioè l’incontro con la Persona di Gesù Cristo che dà alla vita un nuovo orizzonte con la morte del vecchio e con ciò quella direzione decisiva chiamata a trasformare il mondo giungendo a vedere ogni cosa a partire da questa statura finale di uomo progettata dal Padre in Gesù risorto, nuovo e definitivo Adam. La risurrezione non è un semplice ritorno alla nostra vita terrena, nell’orizzonte del primo Adam, né una elaborazione filosofica, con una conseguente etica ma un fatto avvenuto nella storia, di cui gli Apostoli sono stati testimoni e non certo creatori. Si tratta della più grande “mutazione” mai accaduta, del “salto” decisivo verso una dimensione di vita profondamente nuova, l’ingresso in un ordine decisamente diverso, che riguarda anzitutto Gesù di Nazaret, ma con Lui anche noi, tutta la famiglia umana, la storia e l’intero universo. Per questo il Papa ha voluto ricordare, andando indietro di cinquecento anni, ossia agli anni 1506 e seguenti, quando in queste terre d’Africa, allora visitate dai portoghesi venne annunciata e predicata la risurrezione e costituito il primo regno cristiano sub-sahariano, grazie alla fede e alla determinazione del re Dom Alfonso I Mbemba-a-Nzinga, che regnò dal menzionato anno 1506 fino al 1543, anno in cui morì; il regno rimase ufficialmente cattolico dal secolo XVI fino al XVIII, con un proprio ambasciatore a Roma. E qui il papa ha sottolineato la vocazione e il compito di cristiani nel cooperare perché giunga a compimento effettivo, nella realtà nei rapporti quotidiani della vita, ciò che lo Spirito santo ha intrapreso col Battesimo: chiamati a divenire donne e uomini nuovi, per poter essere testimoni del Risorto e in tal modo portatori della gioia, della speranza e della fraternità cristiana nel mondo, in concreto unendo due etnie tanto diverse – quella banta e quella lusiade – che hanno potuto trovare una piattaforma d’intesa, e si sono impegnate perché quest’intesa durasse a lungo e le divergenze – ce ne sono state, e di gravi – non separassero i due regni! Di fatto, il Battesimo fa sì che tutti i credenti siano uno in Cristo.
Chi può recarsi ad annunziare che Cristo ha vinto la morte e tutti quegli oscuri poteri (Ef 1,19-23; 6, 10-12)?
“Oggi – ha invitato Benedetto XVI – spetta a voi, fratelli e sorelle, sulla scia di quegli eroici e santi messaggeri di Dio, offrire Cristo risorto ai vostri concittadini. Tanti di loro vivono nella paura degli spiriti, dei poteri nefasti di cui si credono minacciati; disorientati, arrivano al punto di condannare bambini della strada e anche i più anziani, perché dicono – sono stregoni. Chi può recarsi da loro ad annunziare che Cristo ha vinto la morte e tutti quegli oscuri poteri (Ef 1,19-23; 6,10-12)? Qualcuno obietta: “Perché non li lasciamo in pace? Essi hanno la loro verità; e noi, la nostra. Cerchiamo di convivere pacificamente, lasciando ognuno com’è, perché realizzi nel modo migliore la propria autenticità”. Ma, se noi siamo convinti e abbiamo fatto l’esperienza che, senza Cristo, la vita è incompleta, le manca una realtà – anzi la realtà fondamentale -, dobbiamo essere convinti anche del fatto che non facciamo ingiustizia a nessuno se gli presentiamo Cristo e gli diamo la possibilità di trovare, in questo modo, anche la sua vera autenticità, la gioia di avere trovato la vita. Anzi, dobbiamo farlo, è un obbligo nostro offrire a tutti questa possibilità di raggiungere la vita eterna”.
L’incontro con Cristo è talmente bello e fecondo, umanamente, che occorre diffonderlo ovunque, a tutto il prossimo: in famiglia, nel quartiere, nella scuola, nell’ufficio, in fabbrica, in tutti gli ambienti non ancora cristiani. Significherebbe rendere un cattivo servizio ridurre le ricchezze del messaggio cristiano da verità da offrire liberamente a tutti (non c’è libertà senza verità e non si raggiunge la verità senza libertà) relativizzandola a una delle sapienze umane, quasi una scienza del ben vivere o a codici di comportamento incapaci di cambiare il cuore dell’uomo. La cultura atea dell’Occidente moderno e post-moderno vive ancora grazie alla libertà dalla paura degli spiriti portata dal cristianesimo. Ma se questa luce redentrice di Cristo dovesse spegnersi, pur con tutta la sua scienza e tecnica, il mondo contemporaneo ricadrebbe nel terrore e nella disperazione: ci sono già i segni di questo ritorno di forze oscure come nel paganesimo, mentre crescono nel mondo secolarizzato i culti satanici.
Perché oggi si irride chi parla di Satana e dell’inferno, di esorcismi e di preghiere di liberazione ma si affollano come non mai maghi e astrologhi, sette sataniche ed esoteriche? Possiamo documentare che grazie alla ininterrotta presenza sacramentale della possibilità dell’incontro con la Persona di Gesù Cristo, della potenza liberatrice di Lui Signore risorto, la cultura dell’Occidente è stata liberata sia dalla paura, sia dal dominio degli spiriti, del demonio, dei diavoli che Lui è venuto a debellare e a sconfiggere. Chi pretende che neppure si parli di Cristo, di Satana e di diavoli, di preghiere di liberazione e di esorcismi, anzi che non vengano più praticati, dato lo scandalo che provocano nella cultura secolarizzata, in realtà favorisce nuovamente il diffondersi della paura e del dominio di Satana, il lasciare di vivere nella paura tanti uomini, dalla quale Cristo è venuto a liberarci insegnandoci a pregare ogni giorno, soprattutto nel Padre nostro e nella preghiera eucaristica: non abbandonarci nella tentazione, liberaci dal Male- Maligno, liberaci da tutti i mali.
Siamo tutti chiamati, nella dinamica della comunicazione animata dalla grazia, ad annunciare la presenza di Cristo, la possibilità e la necessità per ogni uomo di incontrarlo nel Suo Corpo, nella Chiesa e questo annuncio alle genti non ancora evangelizzate e in numerosi “areopaghi” post-cristiani di un mondo che si allontana dalla coscienza del suo creatore e salvatore. Seguendo l’esempio dei primi testimoni, dei primi discepoli, operanti in una cultura avversa, persecutoria, possiamo superare tutti gli ostacoli e attraversare tutte le frontiere. La comunicazione della fede inizia là dove si vive e si giunge ad incontrare persone. Più che mai la fede in Cristo deve essere proposta alla libera adesione di tutti, in tutti i popoli e le nazioni, perché le moltitudini hanno diritto di conoscere il Mistero di Cristo nel quale noi crediamo che tutta l’umanità può essere liberata dalla paura degli spiriti e trovare, in una pienezza insospettabile, tutto ciò che essa cerca a tentoni su Dio, sull’uomo e sul suo destino, sulla vita e sulla morte, sulla verità che libera dalla schiavitù dell’ignoranza sul chi siamo, da dove veniamo e a che cosa siamo destinati come singoli e come umanità, nell’anima e nel corpo, come singoli e come umanità.
“Venerati e amati fratelli e sorelle – ha concluso il Papa –, diciamo loro come il popolo israelita: “Venite, ritorniamo al Signore: Egli ci ha straziato ed Egli ci guarirà”. Aiutiamo la miseria umana ad incontrarsi con la Misericordia divina. Il Signore fa di noi i suoi amici, Egli si affida a noi, ci consegna il suo Corpo nell’Eucaristia, ci affida la sua Chiesa. E allora dobbiamo essere davvero suoi amici, avere un solo sentire con Lui, volere ciò che Egli vuole e non volere ciò che Egli non vuole. Gesù stesso ha detto: “Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando” (Gv 15,14). Sia questo il nostro impegno comune: fare, tutti insieme, la sua santa volontà:”Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura” (Mc 16,15). Abbracciamo la sua volontà, come ha fatto san Paolo: “Predicate il Vangelo… è un dovere per me: guai a me se non annuncio il Vangelo!” (1 Cor 9,16).