Condividi:

GMG: forza dello Spirito

Autore:
Oliosi, Don Gino
Fonte:
CulturaCattolica.it
“Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi… mi sarete testimoni… fino agli estremi confini della terra”

«Carissimi giovani, ancora una volta, questa sera, abbiamo udito la grande promessa di Cristo - “Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi” - e abbiamo ascoltato il suo comando - “mi sarete testimoni… fino agli estremi confini della terra” (At 1,8). Furono proprio queste le ultime parole che Gesù pronunciò prima della sua ascensione al cielo. Cosa abbiano provato gli Apostoli nell’udirle possiamo soltanto immaginarlo. Ma sappiamo che il loro profondo amore per Gesù e la loro fiducia nella sua parola li spinse a radunarsi e ad attendere; non ad attendere senza scopo, ma insieme, uniti nella preghiera, con le donne e con Maria nella sala superiore (At 1,14). Questa sera noi facciamo lo stesso. Radunati davanti alla nostra Croce che ha tanto viaggiato e all’icona di Maria, sotto lo splendore celeste della costellazione della Croce del Sud, noi preghiamo. Questa sera, io prego per voi e per i giovani di ogni parte del mondo. Lasciatevi ispirare dall’esempio dei vostri Patroni! Accogliete nel vostro cuore e nella vostra mente i sette doni dello Spirito Santo! Riconoscete e credete nella potenza dello Spirito Santo nella vostra vita!» [Benedetto XVI, Veglia con i giovani all’ippodromo di Randwick, 19 luglio 2008].

E’ stato il momento della rinnovata Pentecoste, verso la quale tutta la Chiesa cattolica si era preparata alla luce del Messaggio per la GMG dal luglio 2007. “L’altro giorno - ha commentato Benedetto XVI - abbiamo parlato dell’unità e dell’armonia della creazione di Dio e del nostro posto in essa. Abbiamo ricordato come, mediante il dono del Battesimo, noi, che siamo creati ad immagine e somiglianza di Dio, siamo divenuti figli adottivi di Dio, nuove creature… Questa sera fissiamo la nostra attenzione sul “come” diventare testimoni. Abbiamo bisogno di conoscere la persona dello Spirito Santo e la sua presenza vivificante nella nostra vita. Non è cosa facile! In effetti, la varietà di immagini che troviamo nella Scrittura a riguardo dello Spirito - vento, fuoco, soffio - sono un segno della nostra difficoltà ad esprimere su di lui la nostra comprensione articolata. E tuttavia sappiamo che è lo Spirito Santo che, benché silenzioso e invisibile, offre direzione e definizione alla nostra testimonianza su Gesù Cristo”.

Quale la nostra risposta, come testimoni cristiani, a un mondo diviso e frammentato? “Cari giovani amici, con la forza dello Spirito il Signore vi sta chiedendo di essere profeti di una nuova generazione di cristiani chiamati a contribuire all’edificazione di un mondo in cui la vita sia accolta, rispettata e curata amorevolmente, non respinta o temuta come una minaccia e perciò distrutta; capaci di attrarre la gente verso il Padre e di costruire un futuro di speranza per tutta l’umanità”
Questa rinnovata Pentecoste accade davanti a 500.000 presenze, un’assemblea di giovani di 180 Paesi, con una comunicazione globale che raggiunge culture, confessioni cristiane e anche religiose differenti, con una Europa fortemente secolarizzata e in crisi demografica, con l’urgenza conciliare di un dialogo forte con la modernità diversificata: America Paese, pur con molti problemi, moderno e religioso insieme, molto diverso dall’Europa che esporta ateismo e agnosticismo in tutto il mondo, anche in Cina, in India e in altri paesi. Cresce il confronto con l’Islam, segnato da un monoteismo rigido e semplice che è facile esportare nei Paesi in via di sviluppo dalla Filippine al Senegal, con le guerre sante, l’esplosione demografica, la propaganda. C’è da confrontarsi con una mondialità che sembra sempre più unita dal terrore dell’inquinamento e dal problema ecologico per cui l’immagine di Dio Padre e dello Spirito creatore facilita il dialogo anche con l’Islam, l’ebraismo, perfino con l’agnosticismo e più in generale con la cultura contemporanea. L’identità e la testimonianza di oltre un miliardo di cattolici in un mondo che per molti aspetti è fragile può essere solo dono dello Spirito creatore, avvenimento invocato e accolto da rinnovate Pentecosti. L’unità della creazione di Dio è indebolita da ferite che vanno in profondità, quando le relazioni sociali si rompono o quando lo spirito umano è quasi completamente schiacciato mediante lo sfruttamento e l’abuso delle persone. Di fatto, la società contemporanea subisce un processo di frammentazione a causa di un modo di pensare che è per natura sua di corta visione, perché trascura la realtà nell’insieme dei fattori cioè l’intero orizzonte della verità che libera dalla schiavitù dell’ignoranza sul chi siamo, da dove veniamo e verso chi siamo destinati cioè della verità riguardo a Dio e riguardo a noi. Per sua natura il relativismo non riesce a vedere l’intero quadro. Ignora gli stessi principi che ci rendono capaci di vivere e di crescere nell’unità, nell’ordine e nell’armonia. La comprensione tra gli uomini si fa sempre più difficoltosa. Il primo, il secondo e il terzo mondo si contrappongono, le generazioni si contrappongono e quotidianamente ci rendiamo conto come gli uomini diventino reciprocamente sempre più aggressivi, scontrosi, cattivi, e la comprensione diventi sempre più difficile. Come può esserci quell’unità di cui abbiamo tanto bisogno? Come mai, nonostante tanti progressi tecnico-scientifici le cose tra noi vanno spesso così male? Fino a qualche decennio fa si poteva pensare che la storia della Torre di Babele, di un regno in cui si era concentrato tanto potere che gli uomini potevano credere di non dover più attendere il favore di una divinità lontana, ma di essere invece abbastanza forti da costruire per proprio conto il loro regno, fosse un vecchio mito orientale, del quale fosse difficile riconoscere la realtà Ma oggi constatiamo che esso è reale, perché si verifica tra noi. Attraverso il progresso della scienza e della tecnica abbiamo ottenuto il potere di penetrare il mondo fin nei suoi minimi elementi, di trasformare a livello globale il mondo e addirittura di fabbricare gli esseri umani come vogliamo. Pregare Dio, che è così distante, sembra allora sorpassato, quando noi stessi possiamo realizzare ciò che vogliamo cioè il mondo migliore della completa libertà e del consumo senza limiti. Ci troviamo così a rivivere la medesima esperienza: mentre, anche attraverso i mezzi di comunicazione e i mercati mondiali, sempre più condivisi sono il linguaggio, l’informazione, gli stili di vita, sempre meno ci comprendiamo. Tra gli uomini sorge una ferocia sconosciuta; sorge la diffidenza, il sospetto, il timore reciproco e diventiamo addirittura pericolosi uno per l’altro. Per avvertirlo basta seguire i notiziari, osservare gli eventi quotidiani. Perché è così? Come può esserci unità? Qual è la nostra risposta, come testimoni cristiani, in un mondo diviso e frammentato? Come posiamo offrire la speranza di pace, di guarigione e di armonia a quelle “stazioni” di conflitto, di sofferenza e di tensione attraverso le quali i giovani, in preparazione della Giornata mondiale 2008, hanno scelto di far passare la Croce? L’unità e la riconciliazione, rivivendo la memoria dell’icona negativa della Torre di Babele, non possono essere raggiunte mediante i nostri sforzi soltanto, qualunque sia l’ideologia. Dio ci ha fatto l’uno per l’altro (Gn 2,24) e soltanto in Dio possiamo trovare quell’unità che cerchiamo. Se in Cristo Dio che ha creato il mondo e l’uomo, vero dominatore si è fatto bambino, è venuto nel mondo, allora cade l’eterna incertezza se Dio esiste, come esiste, che cosa vuole da noi, se in generale il mondo e la vita hanno un senso e una direzione. Allora la porta è aperta, la via è indicata, la risposta a cui tutto anela è data. Gesù è il Signore. Laddove gli uomini vogliono farsi “dei”, possono solo mettersi uno contro l’altro. Laddove invece si pongono ecclesialmente nella verità del Signore, allora si riconoscono nello Spirito creatore che sostiene tutti i loro spiriti e veramente li unisce: soltanto nella sua Chiesa possiamo trovare quella unità che cerchiamo e che può unire tutti. Eppure, a fronte delle imperfezioni e delle delusioni sia individuali che istituzionali, noi cristiani siamo spesso tentati a volte di costruire artificialmente una comunità “perfetta”. Non si tratta di una tentazione nuova. La storia della Chiesa contiene molti esempi di tentativi di aggirare o scavalcare le debolezze ed i fallimenti umani per creare una unità perfetta, un’utopia spirituale, una ideologia politica. Tali tentativi di costruire l’unità in realtà la minano! E Benedetto XVI esemplifica questa tentazione: “Separare lo Spirito Santo dal Cristo presente nella struttura istituzionale della Chiesa comprometterebbe l’unità della comunità cristiana, che è precisamente il dono dello Spirito! Ciò tradirebbe la natura della Chiesa quale Tempio vivo dello Spirito Santo (1 Cor 3,16). E’ lo Spirito infatti che guida la Chiesa sulla via della piena verità e la unifica nella comunione e nelle opere del ministero (Lumen gentium, 4). Purtroppo la tentazione di “andare avanti da soli” persiste. Alcuni parlano della loro comunità locale come di un qualcosa di separato dalla cosiddetta Chiesa istituzionale (piramidale, gerarchica), descrivendo la prima come flessibile ed aperta allo Spirito, e la seconda come rigida e priva dello Spirito”. Ma l’unità appartiene all’essenza della Chiesa (CCC 813); è un dono che dobbiamo riconoscere e aver caro. Benedetto XVI, nel momento di una rinnovata Pentecoste dice: “Questa sera preghiamo per il nostro proposito di coltivare (il dono ricevuto) dell’unità: di contribuire ad essa! Di resistere ad ogni tentazione di andarcene via! Poiché è esattamente l’ampiezza, la vasta visione della nostra fede - solida e insieme aperta, consistente e insieme dinamica, vera e tuttavia sempre protesa ad una conoscenza più profonda - che possiamo offrire al mondo. Cari giovani, non è forse a causa della vostra fede che amici in difficoltà o alla ricerca di senso nella loro vita si sono rivolti a voi? Siate vigilanti! Sappiate ascoltare! Attraverso le dissonanze e le divisioni del mondo, potete voi udire la voce concorde dell’umanità? Dal bimbo derelitto di un campo nel Darfur ad un adolescente turbato, ad un genitore in ansia in una qualsiasi periferia, o forse proprio ora dalle profondità del vostro cuore, emerge il medesimo grido umano che anela ad un riconoscimento, ad una appartenenza, all’unità. Chi soddisfa questo desiderio umano essenziale ad essere uno, ad essere immerso nella comunione, ad essere edificato, ad essere guidato alla verità? Lo Spirito Santo! Questo è il suo ruolo: portare a compimento l’opera di Cristo. Arricchiti dei doni dello Spirito, voi avrete la forza di andare oltre le visioni parziali (cioè non vere), la vuota utopia, la precarietà fugace, per offrire la coerenza e la certezza della testimonianza cristiana”.

Lo Spirito Santo è stato in vari modi la Persona dimenticata della Santissima Trinità. Abbiamo bisogno di conoscere la Persona dello Spirito Santo e la sua presenza vivificante nella nostra vita. Non è facile! Benedetto XVI, alla scuola di sant’Agostino, ha avuto il coraggio di attirare i giovani nella fatica di pensare la loro fede, convinto che una fede non pensata rischia di essere rischiosa o addirittura nulla. Non è il pensare che suscita la fede ma l’avvenimento dell’incontro con la Persona di Gesù Cristo, ma di sua natura la fede fa appello all’intelligenza, perché svela all’uomo la verità sul suo destino e la via per raggiungerlo liberamente cioè per amore.
Quando recitiamo il Credo affermiamo: “Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita”. Lo “Spirito creatore” è la potenza di Dio che dà la vita a tutta la creazione ed è la fonte di vita nuova e abbondante in Cristo risorto in noi per cui siamo trasformati in Lui, viviamo in Lui e di Lui. Perché un incontro del genere possa accadere, il Risorto infonde nell’uomo ciò che di più intimo, di più proprio c’è in Lui, il suo stesso Spirito che realizza l’incontro di ogni uomo col Verbo incarnato che continua, crocefisso risorto, ad essere incontrabile attraverso la via umano-divina del suo corpo che è la Chiesa. Lo Spirito mantiene la Chiesa unita al suo Signore e fedele alla Tradizione apostolica. E’ l’ispiratore delle Sacre Scritture e della loro attualizzazione continua nella Chiesa come Parola di Dio e guida il Popolo di Dio alla pienezza della verità (Gv 16,13). In tutti questi modi concreti e storici lo Spirito è in continuità nella Tradizione il “datore di vita”, che ci conduce al cuore stesso di Dio che non solo ci ama ma è Amore. Così, quanto più consentiamo allo Spirito di dirigerci, tanto maggiore sarà la nostra assimilazione a Cristo e tanto più profonda la nostra immersione nella vita di Dio uno e trino. Questa partecipazione alla natura stessa di Dio (2 Pt 1,4) avviene, nello svolgersi dei quotidiani eventi della vita, in cui Egli è sempre presente (Bar 3,38), in vissuti fraterni di amicizia, di comunione ecclesiale. Vi sono momenti tuttavia, nei quali possiamo essere tentati di ricercare un certo appagamento fuori di Dio. Gesù stesso chiese ai Dodici: “Forse anche voi volete andarvene?” (Gv 6,67). Un tale allontanamento magari offre l’illusione della libertà. Storicamente ci sono state ideologie alternative al regno di Dio in grado di mobilitare - per un certo tempo - tutte le energie dell’uomo, soprattutto tanti giovani. Ma dove ci portano? Da chi possiamo noi andare? Nei nostri cuori, infatti, sappiamo che solo il Signore ha “parole di vita eterna” (Gv 6.67-69). L’allontanamento da lui è solo un futile tentativo di fuggire da noi stessi (Agostino, Confessioni VIII, 7). Dio è sempre con noi nella realtà della vita e non nella fantasia! Affrontare la realtà, non di sfuggirla: è questo ciò che cerchiamo! Perciò lo Spirito Santo con delicatezza perché Amore mai può far accadere un rapporto costretto, ma con risolutezza e continuità ci attira a ciò che è reale, a ciò che è durevole, a ciò che è buono, bello, vero. E’ lo Spirito che ci riporta alla comunione con la Trinità Santissima. Eppure lo Spirito santo è stato pastoralmente in vari modi la Persona dimenticata della Santissima Trinità.
A questo punto Benedetto XVI documenta nella propria vita quando una chiara comprensione dello Spirito sembrava quasi fuori della sua portata. “Quando ero ancora ragazzino, i miei genitori, come i vostri, mi insegnarono il segno della Croce e così giunsi a capire che c’è un Dio in Tre Persone, e che la Trinità è al centro della fede e della vita cristiana. Quando crebbi in modo da avere una certa comprensione di Dio Padre e di Dio Figlio - i nomi significano parecchio - la mia comprensione nella terza Persona della Trinità rimaneva molto carente. Perciò, da giovane sacerdote incaricato di insegnare teologia, decisi di studiare i testimoni eminenti dello Spirito nella storia della Chiesa. Fu in questo itinerario che mi trovai a leggere, tra gli altri, il grande sant’Agostino. Perciò con l’aiuto di sant’Agostino, cerchiamo di illustrare qualcosa dell’opera dello Spirito Santo. Egli annota che le due parole “Spirito” e “Santo” si riferiscono a ciò che appartiene alla natura divina; in altre parole, a ciò che è condiviso dal Padre (l’eternamente Amante) e dal Figlio (l’eternamente Amato), alla loro comunione, (dallo Spirito Santo l’eterno Amore). Per cui, se la caratteristica propria dello Spirito è di essere ciò che è condiviso dal Padre e dal Figlio, Agostino ne conclude che la qualità peculiare dello Spirito è l’unità. Un’unità di comunione vissuta: un’unità di persone in relazione vicendevole di costante dono; il Padre e il Figlio che si donano l’uno all’altro. Cominciamo così ad intravedere quanto illuminante sia tale comprensione dello Spirito Santo come unità, come comunione. Una vera unità non può mai essere fondata su relazioni che neghino l’uguale dignità delle altre persone. E neppure l’unità è semplicemente la somma totale dei gruppi mediante i quali noi a volte cerchiamo di “definire” noi stessi. Di fatto, solo nella vita di comunione l’unità si sostiene e l’identità umana si realizza appieno: riconosciamo il comune bisogno di Dio, rispondiamo all’unificante presenza dello Spirito santo e ci doniamo vicendevolmente nel servizio degli uni agli altri.
La seconda intuizione di Agostino - cioè, lo Spirito Santo come amore che permane (tra l’eternamente Amante, il Padre, l’eternamente Amato, il Figlio, l’eterno Amore, lo Spirito Santo) - discende dallo studio che egli fece della Prima Lettera di san Giovanni,là dove l’autore ci dice che “Dio è amore” (1 Gv 4,16). Agostino suggerisce che queste parole, pur riferendosi alla Trinità nel suo insieme, debbono intendersi anche come espressive di una caratteristica particolare dello Spirito Santo. Riflettendo sulla natura permanente dell’amore - “chi resta nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” - Agostino si chiede: è l’amore o lo Spirito che garantisce il dono durevole? E questa è la conclusione alla quale egli arriva: “Lo Spirito Santo fa dimorare noi in Dio e Dio in noi: ma è l’amore che causa ciò. Lo Spirito pertanto è Dio come amore! (De Trinitate 15, 17,31). E’ una magnifica spiegazione: Dio condivide se stesso come amore nello Spirito Santo. Che cosa possiamo sapere sulla base di questa intuizione? L’amore è il segno della presenza dello Spirito Santo! Le idee o le parole che mancano di amore - anche se paiono sofisticate o sagaci - non possono essere dello “Spirito”. Di più: l’amore ha un tratto particolare; lungi dall’essere indulgente o volubile, ha un compito o un fine da adempiere: quello di permanere. Per sua natura l’amore è durevole. Ancora una volta possiamo gettare un ulteriore colpo d’occhio su quanto lo Spirito Santo offre al mondo: amore che dissolve l’incertezza; amore che supera la paura del tradimento; amore che porta in sé l’eternità; il vero amore che ci introduce in una unità che permane!
La terza intuizione - lo Spirito Santo come dono - Agostino la deduce dalla riflessione su un passo evangelico che tutti conosciamo ed amiamo: il colloquio di Cristo con la samaritana presso il pozzo. Qui Gesù si rivela come il datore dell’acqua viva (Gv 4,10), che viene poi qualificata come lo Spirito (Gv 7,39). Lo Spirito è “il dono di Dio” (Gv 4,10) - la sorgente interiore (Gv 4,14) - che soddisfa davvero la nostra sete più profonda e ci conduce al Padre. Da tale osservazione Agostino conclude che il Dio che si concede a noi come dono è lo Spirito Santo. E Benedetto XVI conclude: “Amici, ancora una volta gettiamo lo sguardo sulla Trinità all’opera: lo Spirito Santo è Dio che eternamente si dona; al pari di una sorgente perenne, egli offre niente di meno che se stesso. Osservando questo dono incessante, giungiamo a vedere i limiti di tutto ciò che perisce, la follia di una mentalità consumistica. In particolare, cominciamo a comprendere perché la ricerca di novità ci lascia insoddisfatti e desiderosi di qualche cosa d’altro. Non stiamo noi forse ricercando un dono eterno? La sorgente mai si esaurirà? Con la samaritana esclamiamo: Dammi di quest’acqua, così che non abbia più sete (Gv 4,15). Carissimi giovani, abbiamo visto che è lo Spirito Santo a realizzare la meravigliosa comunione dei credenti in Cristo Gesù. Fedele alla sua natura di datore e di dono, egli è ora all’opera mediante voi. Ispirati dalle intuizioni di sant’Agostino, fate sì che l’amore unificante sia la vostra misura; l’amore durevole sia la vostra sfida; l’amore che si dona la vostra missione”.

Ciò che costituisce la nostra fede, il mistero profondo dell’essere cristiani, non è in primo luogo ciò che facciamo, ma ciò che riceviamo
Nella Cresima il celebrante prega: “Dona loro lo spirito di sapienza e di intelletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà e riempili dello spirito del tuo santo timore”. Questi doni dello Spirito - ciascuno dei quali, come ci ricorda san Francesco di Sales, è un modo per partecipare all’unico amore di Dio - non sono né un premio né un riconoscimento. Sono semplicemente donati (1 Cor 12,11). Ed essi esigono da parte del ricevente soltanto una risposta: “Accetto”! Percepiamo qui qualcosa del mistero profondo che è l’essere cristiani. Ciò che costituisce la nostra fede non è in primo luogo ciò che facciamo, ma ciò che riceviamo. Dopo tutto, molte persone generose che non sono cristiane possono realizzare ben di più di ciò che facciamo noi.” Amici - ha chiesto Benedetto XVI - accettate di essere introdotti nella vita trinitaria di Dio? Accettate di essere introdotti nella sua comunione di amore? I doni dello Spirito che operano in noi imprimono la direzione e danno la definizione della nostra testimonianza. Orientati per loro natura all’unità, i doni dello Spirito ci vincolano ancor più strettamente all’insieme del Corpo di Cristo (LG, 11), mettendoci meglio in grado di edificare la Chiesa, per servire così il mondo ((Ef 4,13). Ci chiamano ad una attiva partecipazione alla vita della Chiesa: nelle parrocchie e nei movimenti ecclesiali, nelle lezioni di religione a scuola, nelle cappellanie universitarie e nelle altre organizzazioni cattoliche. Sì, la Chiesa deve crescere nell’unità, deve rafforzarsi nella santità, ringiovanirsi, e costantemente rinnovarsi (LG 4). Ma secondo quali criteri? Quelli dello Spirito Santo! Volgetevi a lui, cari giovani, e scoprirete il vero senso del rinnovamento.
Questa sera, radunati sotto la bellezza di questo cielo notturno, i nostri cuori e le nostre menti sono ripiene di gratitudine verso Dio per il grande dono della nostra fede nella Trinità. Ricordiamo i nostri genitori e nonni, che hanno camminato al nostro fianco quando, mentre eravamo bambini, hanno sostenuto i primi passi del nostro cammino di fede. Ora, dopo molti anni, vi siete raccolti come giovani adulti intorno al Successore di Pietro. Sono ricolmo di profonda gioia nell’essere con voi. Invochiamo lo Spirito Santo: è lui l’artefice delle opere di Dio (CCC 74). Lasciate che i doni vi plasmino! Come la Chiesa compie lo steso viaggio con l’intera umanità, così anche voi siete chiamati ad esercitare i doni dello Spirito tra gli alti e bassi della vita quotidiana. Fate sì che la vostra fede maturi attraverso i vostri studi, il lavoro, lo sport, la musica, l’arte. Fate in modo che sia sostenuta mediante la preghiera e nutrita mediante i Sacramenti, per essere così sorgente di ispirazione e di aiuto per quanti sono intorno a voi. Alla fine la vita non è semplicemente accumulare, ed è ben di più di avere successo. Essere veramente vivi è essere trasformati dal di dentro, essere aperti alla forza dell’amore di Dio. Accogliendo la potenza dello Spirito Santo, anche voi potete trasformare le vostre famiglie, le comunità, le nazioni. Liberate questi doni! Fate sì che sapienza, intelletto, fortezza, scienza e pietà siano i segni della vostra grandezza!

Vai a "L'insegnamento del Papa oggi"