Il “concetto positivo di laicità”
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«Tutti abbiamo ancora sotto gli occhi le immagini straordinarie del viaggio apostolico negli Stati Uniti d’America, svoltosi dal 15 al 21 aprile scorso… Nel dialogo informale con i giornalisti al seguito, Benedetto XVI aveva tenuto ad esprimere da subito la sua ammirazione per l’esperienza di libertà che fin dalle origini è in atto in quella grande Nazione. Dove lo Stato “è volutamente e decisamente laico, ma proprio per una volontà religiosa, per dare autenticità alla religione”. Che il cardinale Joseph Ratzinger trovasse “affascinante” l’esperimento americano già lo sapeva chi aveva avuto modo di conoscere nel tempo il suo pensiero e i suoi libri. Citiamo per tutti: “Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam”, Mondatori, 2004. Era qui, ad esempio, che si avanzava un rilievo significativo all’indirizzo dell’Europa, ossia che il resto dell’umanità vede con allarme “la profanità assoluta che si è andata sviluppando in Occidente”, e che è qualcosa di “profondamente estraneo” alle loro culture (ibidem, pag. 72). Ma dinnanzi al magistero dispiegato nel corso del viaggio americano, è possibile cogliere meglio le ragioni profonde della sua stima per una Nazione dove “i principi che governano la vita politica e sociale sono intimamente collegati con un ordine morale”, e poggiano su una “verità evidente per se stessa: che tutti gli uomini sono creati eguali e dotati di inalienabili diritti, fondati sulla legge di natura e sul Dio di questa natura (…). Lungo il processo, che ha plasmato l’anima della nazione, le credenze religiose furono una ispirazione costante e una forza orientatrice” (Discorso alla Cerimonia di Benvenuto, Casa Bianca, 16 aprile 2008). Ma il Papa non ha taciuto i rischi che corre quella Chiesa, come in genere le altre Chiese pellegrine in Occidente: i rischi legati alla sottile influenza del secolarismo e del materialismo che depotenziano i credenti nella loro testimonianza pubblica. E qui importante si è rivelato il discorso pronunciato davanti ai Vescovi americani, nel Santuario nazionale dell’Immacolata Concezione a Washington, lo stesso 16 aprile; e ancor più, se possibile, le risposte date alle loro domande, con la denuncia dell’“apostasia silenziosa” in cui cadono fatalmente molti cattolici, quando recidono il legame con le fede ecclesiale autentica. “Il Vangelo - ha spiegato il Papa - deve essere predicato e insegnato come un modo di vita integrale, che offre una risposta attraente e veritiera, intellettualmente e praticamente, ai problemi umani reali”. E aggiungeva: “La dittatura del relativismo, alla fin fine, non è nient’altro che una minaccia alla libertà umana, la quale matura soltanto nella generosità e nella fedeltà alla verità» [Cardinale Angelo Bagnasco, Prolusione alla 58° Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana, 26 maggio 2008].
Il Presidente della Conferenza episcopale italiana richiama il magistero di Benedetto XVI dispiegato nel corso del viaggio americano cogliendo le ragioni profonde per cui non si può limitare la piena garanzia della libertà religiosa al libero esercizio del culto; al contrario, deve essere tenuta in giusta considerazione la dimensione pubblica della religione e quindi la possibilità dei credenti di fare la loro parte nella costruzione dell’ordine sociale. Si tratta di mettere a fuoco il “concetto positivo di laicità”, per il quale lo Stato, alla luce anche del Vaticano II, è concepito al servizio della società civile, nelle diverse forme associative che ne esprimono il pluralismo. Uno Stato che, per questo, non dovrà neutralizzare le religioni, perché anch’esse sono chiamate, come le scuole filosofiche e le tradizioni etiche dei vari soggetti sociali, ad abitare le società pluraliste ed offrire argomentazioni pubbliche su cui avverrà il confronto e il riconoscimento reciproco. “Esprimere liberamente, la propria fede - ha affermato il Presidente della Cei -, partecipare in nome del Vangelo al dibattito pubblico, portare serenamente il proprio contributo nella formazione degli orientamenti politico - legislativi, accettando sempre le decisioni prese dalla maggioranza: ecco ciò che non può mai essere scambiato per una minaccia alla laicità dello Stato. Né in America né in Europa, la Chiesa non vuole imporre a nessuno una morale “religiosa” (un rapporto costretto con Dio non è conforme alla Rivelazione di Dio in Gesù Cristo perché Dio è amore e la costrizione impedisce fin dall’inizio una risposta adeguata cioè di amore: date a Dio quello che è di Dio e a Cesare quello che è di Cesare cioè la costrizione): infatti essa enuncia da sempre - insieme a principi tipicamente religiosi - i valori fondamentali che definiscono la persona, cuore della società. Proprio perché fondativi, essi sono di ordine naturale, radicati nell’essere stesso dell’uomo, anche se il Vangelo li assume e li rilancia illuminandoli di luce ulteriore e piena. Se poi si avrà cura di collegare queste recentissime affermazioni papali con l’elaborazione rintracciabile nell’enciclica Deus caritas est nei numeri nn. 28 e 29, allora si avrà una articolazione ancor più persuasiva della proposta cristiana”. Al n. 28 della Deus caritas est: “La Chiesa non può e non deve prendere nelle sue mani la battaglia politica per realizzare la società più giusta possibile. Non può e non deve mettersi al posto dello Stato. Ma non può e non deve neanche restare ai margini nella lotta per la giustizia. Deve inserirsi in essa per via dell’argomentazione razionale e deve risvegliare le forse spirituali, senza le quali la giustizia, che sempre richiede anche rinunce, non può affermarsi e prosperare. La società giusta non può essere opera della Chiesa, ma deve essere realizzata dalla politica. Tuttavia l’adoperarsi per la giustizia lavorando per l’apertura dell’intelligenza e della volontà alle esigenze del bene la interessa profondamente”.
Il card. Bagnasco osserva che la sostanza di questo ragionamento, di questo magistero era già sotteso nella famosa allocuzione svolta da Benedetto XVI a Ratisbona, il 12 settembre 2006, ma è stato come in filigrana riproposto nell’intero discorso tenuto all’Assemblea generale delle Nazioni unite, visitata nell’ambito dello stesso viaggio americano in occasione del 60° anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo. Quando ai diritti umani si nega la loro intrinseca verità, per la pretesa di adattarli continuamente ai contesti culturali, etnici e religiosi differenti, o di ridurli al rango di procedimenti metodologici, si causa inevitabilmente la loro erosione interna. Storicamente l’obiettivo fondamentale delle Nazioni Unite è stato l’avvenimento della condivisione fra religioni e culture diverse della salvaguardia dei valori comuni dell’umanità, sui quali è basata la convivenza pacifica delle nazioni: l’osservanza della giustizia e lo sviluppo della giustizia. E il fondamento della Nazioni Unite è proprio l’idea dei diritti umani, dei diritti che esprimono valori non negoziabili, che precedono tutte le istituzioni e sono il fondamento di tutte le istituzioni che li riconoscono. Ecco perché cristianamente solo una fede pienamente accolta, celebrata, vissuta ecclesialmente, pensata in modo cattolico, come è la Dottrina sociale della Chiesa, può dare la possibilità a laici credenti di fare la loro parte nella costruzione anche politica dell’ordine sociale, convergendo tra le culture che hanno trovato un consenso sui valori fondamentali, non negoziabili, iscritti nello steso essere di ogni uomo. Compito mai immediatamente politico del soggetto ecclesiale è mantenere desta la sensibilità per la verità, invitare, testimoniando con la carità, sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così in Gesù Cristo la luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro. Nel Discorso alle Nazioni unite, ripetuto dal card. Bagnasco, il Papa ha affermato che è inconcepibile “che dei credenti debbano sopprimere una parte di se stessi - la loro fede - per essere cittadini attivi; non dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti…Non si può limitare la piena garanzia della libertà religiosa al libero esercizio del culto; al contrario, deve essere tenuta in giusta considerazione la dimensione pubblica della religione e quindi la possibilità dei credenti di fare la loro parte nella costruzione dell’ordine sociale”.
Pastoralmente la non rilevanza quotidiana della fede, la crescente separazione della fede dalla vita privata e pubblica, il vivere come se Dio non esistesse, un approccio individualistico lontano dal “pensare cattolico cioè con la Chiesa”, il secolarismo unito all’irrilevanza pubblica di ogni religione e della fede, sono una sfida per perseguire la missione nel mondo e al mondo. Come è emerso al Concilio, i fedeli laici a questo riguardo hanno una responsabilità particolare nel rapporto intrinseco tra Vangelo e legge naturale da una parte, e il perseguimento dall’altra dell’autentico bene umano, come viene incarnato nella legge civile e nelle decisioni morali personali. In una società che giustamente tiene in alta considerazione, almeno formalmente, la libertà personale, la Chiesa pastoralmente deve promuovere ad ogni livello i suoi insegnamenti - nella catechesi, nella predicazione, nella dottrina sociale, nell’istruzione seminaristica e universitaria - deve sviluppare un’apologetica tesa ad affermare la verità della rivelazione cristiana, l’armonia tra fede e ragione, e una sana comprensione della libertà, vista in termini positivi come liberazione sia dalle limitazioni del peccato che per una vita autentica e piena in vissuti fraterni di comunione e di solidarietà sociale. Il Vangelo deve essere predicato e insegnato come un modo di vita integrale, che offre una risposta attraente e veritiera, intellettualmente e praticamente, ai problemi umani reali. La attuale “dittatura del relativismo”, alla fine, non è nient’altro satanicamente che una minaccia alla libertà umana, la quale matura soltanto nella generosità e nella fedeltà alla verità e all’amore. E’ la sfida di ritrovare la visione cattolica della realtà e di presentarla in maniera coinvolgente e con fantasia ad una società che fornisce ogni genere di ricette per l’autorealizzazione umana. In particolare urge parlare al cuore dei giovani, i quali, nonostante la costante esposizione a messaggi contrari al Vangelo provocando una emergenza educativa, continuano ad aver sete di autenticità, di bontà, di verità.